Tre soggettive sulla frana
Una discussione semi-immaginaria tra tre produttori di Barolo sulle frane nelle Langhe.
Una discussione semi-immaginaria tra tre produttori di Barolo sulle frane nelle Langhe.
“Gradirei essere contattato da un giornalista per valutare costi e competenze di un addetto stampa che promuova il ristorante dove opero, in posizione prestigiosa e con potenzialità fantastiche...”.
Così recita un annuncio che ho trovato su Internet. Nel suo candore, il baldanzoso inserzionista ci obbliga a porci una domanda: per promuovere un ristorante, non basta un esperto di pubblicità o di pubbliche relazioni? Perché ci vuole un giornalista? Oppure giornalista è diventato sinonimo di qualcuno che si occupa di promuovere l’attività o i prodotti di questo e quello, anziché occuparsi di notizie e di verità?
Ad ogni modo, io gli scrivo, non si sa mai…
Abbiamo la possibilità di aprire quasi ogni porta.
Non è la pubblicità di un fabbro, ma una frase di Burton Anderson, noto giornalista e scrittore del vino, citata da Time a proposito di un fenomeno che pare in crescita: le visite a castelli e vigneti da parte di personaggi molto abbienti, accompagnati proprio da Anderson.
Lettera aperta a
Anna Rita Bramerini
Assessore Regionale al Turismo e al Commercio della Regione Toscana
Dialogo tra due produttori:
A: «Ci sono più parassiti intorno al vino che in vigna!»
B: «E non ci sono sistemici che funzionino...»
Il tono è stizzito, del genere “reazione scomposta”, e si capisce bene perché. La «presunta necessità di un riordino nel mondo dello spumante emersa in occasione dello scorso “Forum degli spumanti”» risveglia la ferma avversità del consorzio di tutela del Franciacorta. «Non siamo spumante, basta con le confusioni», recita il comunicato stampa ufficiale.
Nei primi anni novanta, quando studiavo alluniversità, il termine marketing, sebbene molto usato, non era ancora assimilato culturalmente. Se nei film commedia del tempo gli Yuppies si riempivano la bocca definendosi Marketing Manager, nei bilanci delle aziende italiane era difficile trovare voci di costo riconducibili al marketing. L'imprenditore medio-piccolo non riusciva nemmeno a concepire tale necessità, non era tangibile, non era palpabile, né aveva riscontro immediato. L'analisi dei flussi finanziari era ancora molto legata a concetti empirici: tanto ho in tasca tanto guadagno. L'utilizzo consapevole di queste politiche commerciali, tipicamente di scuola statunitense, arriva solo verso la fine degli anni novanta. Il lancio di un prodotto nel mercato prevede un'accorta politica di marketing e la determinazione del prezzo finale comprende anche questo tipo di investimento. Il marketing altro non è che quella scienza manageriale che tende alla massificazione del fine del produttore (guadagno) insieme alla massificazione della soddisfazione del cliente (spesa). Quanto più è massificata l'offerta, tanto più facile sarà gestire la domanda e quindi i consumatori. Ripensare a quelle nozioni mi riporta indietro nel tempo a periodi più spensierati; passai quell'esame con molta facilità, incuriosito da questa realtà per me nuova.
Tempo fa parlai di un libro di Maurizio Maggiani (La regina disadorna) col mio amico Paolo. Premesso che siamo entrambi ammiratori di Maggiani, confesso che insieme arrivammo a esprimere qualche perplessità.
Per esempio le mogli, secondo lui (il sociologo Howard Higman della Colorado University, ndr) sono portate a chiedere ad alta voce dalla stanza vicina: Che cos'è?, aspettandosi che il marito si alzi e vada da loro per vedere di cosa si tratta, e raramente restano deluse. A un suo amico sposato riuscì però il tentativo di dare a questa situazione archetipica una nuova svolta, ribaltando la situazione. Sedeva nel suo studio, quando sua moglie ad alta voce chiese dall'altra stanza: E arrivato? Senza sapere di che si trattasse rispose: Sì. Subito lei volle sapere: E dove l'hai messo? Assieme all'altro, disse il marito. Per la prima volta da quando era sposato, riuscì in questo modo a lavorare indisturbato per delle ore.
(Paul Watzlawick, Istruzioni per rendersi infelici, 1983)