15Giugno2015
davide vanni
Resto, in piedi, tra un vagone e l′altro. Oggi non ho voglia, almeno per questo inizio di ripartenza, di starmene seduto nello scomparto di un treno. L′idea di rimanere in una zona di confine dove l′insieme si riempie e si svuota attraverso la salita e la discesa si è fatta vita non appena messo il piede sull′ultimo gradino della carrozza.
Sarà inquietudine o desiderio di uno spazio raccolto, il bisogno di spezzare un′abitudine, cambiare punto di vista.
Appoggio delicatamente la borsa che contiene un pezzo di terra umbra.
Prima di partire Marck mi ha dato un germoglio di ciliegio selvatico con le radici ancora intatte.
Questo puoi portarlo con te, fai gemellaggio con le Marche...
Guardo le foglie che spuntano fuori e riascoltando l′italiano imperfetto del ragazzo olandese ritrovo un sorriso.
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08Giugno2015
davide vanni
Lasciare i colli spoletini è lasciare una leggerezza, una delicatezza di forme e di prospettive che invogliano il viaggiatore ad indugiare con il corpo e tutto il resto. Prima di tornare a valle guardo su verso gli appennini che affiorano nel cielo quasi sgombro di nuvole. Non dovevo essere lontano da quei pendii quando percorsi la tappa Colfiorito-Visso. Mi pare quasi di riconoscere tratti di paesaggio ora che sono in basso e guardo in alto, chissà se sto incrociando un punto di vista passato che allora era alla ricerca delle tracce di un sentiero, di una via da cui scendere, se quel mio io è restato lassù a gridare quello che vede, a cercare di attirare qualche attenzione sperduta e disillusa. In quanti pezzi può essere divisa la nostra vita e quanti io troveremmo ad aspettarci a braccia aperte solo se ci concedessimo un tempo per andarli a trovare?
Saluto Anna che mi lascia alla fermata di Bruna. L′autobus mi riporta a Spoleto di fronte alla stazione dei treni. Sento Marco, anche lui è in viaggio, è appena partito da Lecco dove si è conclusa la fiera dei vini. Mi piace il pensiero che oggi il viaggio sia questa convergenza di traiettorie, che Marco non sappia quasi nulla di me e che io manco conosca l′aspetto di Marco e i luoghi dove viva. Ho soltanto scritto sulla pagina del diario un nome di paese che da quando ho annotato non smette di solleticare la mia immaginazione. Casa del Diavolo. So che dista una ventina di chilometri da Perugia, nessuna altra idea. Il treno è in orario. Chiudo un po′ gli occhi accanto al finestrino che scorre. Perugia Ponte San Giovanni. Oggi il cammino sembra breve. Marco si sta avvicinando all′Umbria, mi dice che dalla stazione dove mi
trovo parte un treno per Ponte Pattoli, di prenderlo che poi ci vediamo lì, casa sua è a pochi chilometri. Cerco indicazioni per Ponte Pattoli ma sugli orari delle ferrovie dello stato non trovo nulla. Poi vedo un′altra tabella degli orari. Sbiadita. In secondo piano. La linea è Perugia-San Sepolcro. La quarta fermata Ponte Pattoli. È un unico vagone quello che si ferma al binario numero 4. Colorato di spray e solitario e lento nel suo girovagare avanti e indietro.
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31Maggio2015
davide vanni
Sento suonare una sveglia a pochi metri da dove sono. Una luce diffusa rischiara, debole, il risveglio.
Dalla finestra le vigne e un cielo che sembra cercarle avvicinando il suo corpo alla terra e facendosi grosso di nuvole.
Beviamo un caffè e ci incamminiamo verso i filari. Qualcuno è già piegato con le mani che si muovono sicure dentro alle piante. Mi inginocchio accanto a Stefano e lo osservo ascoltando le sue parole.

Ogni pianta la devi guardare per intero, prima di tutto. Poi togli gli eccessi e i polloni che prendono una direzione lontana dalla forma e dall'impostazione che le vuoi dare.
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24Maggio2015
davide vanni
Non capisco dalla luce che arriva dalla finestra come sia fuori il cielo. Sembrerebbe indeciso dagli occhi ancora appoggiati al sonno del letto. Mi alzo e più mi avvicino ai vetri più sento la presenza delle nuvole che coprono uno spazio e smorzano trattenendo in sé il raggio di un sole.
Ci troviamo davanti alla cantina io, Francesca e Giulia e insieme scendiamo al vigneto per scacchiare gli ultimi filari di Malvasia Nera e Vermentino. Il fiore dell′aglio tiene compagnia al grappolo di vite che attende la fioritura imminente. A guardarli così, sembrerebbero due anime che si stanno sfiorando in un amore sbocciato troppo presto per l'una e troppo tardi per l'altra; un fatale susseguirsi di aperture e di appassimenti.

Sopra, la torre, il castello, il campanile, le case di Massa Marittima. Massa significa tutto ciò che è costruito sulla roccia.
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16Maggio2015
davide vanni
Nessun fantasma, nessun sogno, la notte è trascorsa semplicemente notte, nuda oscurità.
Si può pensare che un luogo accolga con più o meno generosità un sonno?
Che gli intonaci scrostati, le polveri, i volti dei ritratti, le impronte sul legno di un armadio, un crocifisso lasciato a guardare il soffitto, entrino a far parte della nostra coscienza, delle nostre presenze interiori senza generare immagini notturne, evocazioni di onirica celluloide?
Potrebbe essere stato un lungo e sommesso insieme di voci che hanno sussurrato parole e versi e suoni di musiche, un disperato e sovraumano bisogno di comunicare.
Che tutto si sia risolto in un sonno apparente e che il sogno inizi proprio adesso mentre sto scrivendo di quella notte.
C'è una sensazione che arriva rivedendomi uscire sulla terrazza a guardare il cielo che a est si sta facendo più chiaro.
È un senso di protezione. Guardare il cortile in basso e l'edificio che continua a destra e a sinistra e si chiude nel lato opposto a dove sono. Guardare i mattoni messi insieme alle pietre che una mano simile alla mia ha preso da una terra vicina e portato qui, guardare uno spazio che tiene unito uno spazio come a offrire un conforto, una forza solida a chi ci abitasse dentro.
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12Maggio2015
davide vanni
Le vie di Gradoli attorno a palazzo Farnese, il selciato su cui viaggiano le piccole ruote di un trolley che porta un rumore di frammento come di raganella di festa e di rito fatta girare da una mano lenta, ancora intorpidita dal sonno.
Cammino verso un caffè lontano da auto e musiche inflazionate di città.
Oggi è un cammino che passa attraverso il Paese, che parte da un luogo sommesso, da un nome che avevo sentito e letto da qualche parte, su una bottiglia di vino, su una pagina d′atlante. Un luogo che non è più nome e che allarga, dentro, la mia geografia interiore ridistribuendo gli impulsi e i ricordi di una parte di vita.
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