Miniature di Giugno 2011

Coltivo da mesi questa miniatura, ancora prima dell’uscita de L’invenzione della gioia, quando abbiamo spiegato le motivazioni tecniche del ritardo a tutti coloro che si sono rivolti a noi via e-mail e per telefono.

Tulips

Months ago I dreamed of a tulip garden,
Planted, waited, watched for their first appearance,
Saw them bud, saw greenness give way to colours,
Just as I’d planned them.
 
Every day I wonder how long they’ll be here.
Sad and fearing sadness as I admire them,
Knowing I must lose them, I almost wish them
Gone by tomorrow.
 
Wendi Cope
(a fine pagina la traduzione di Silvio Raffo, da Poesia 261, giugno 2011)
 
 
Il ritardo della rivista
Coltivo da mesi questa miniatura, ancora prima dell’uscita de L’invenzione della gioia, quando abbiamo spiegato le motivazioni tecniche del ritardo a tutti coloro che si sono rivolti a noi via e-mail e per telefono. In tutte le occasioni pubbliche abbiamo illustrato cosa stava accadendo alla nostra piccola impresa. Poi, a mano a mano che il calendario si faceva credibile, e inesorabile, abbiamo messo sul sito un avviso che riassumesse la situazione. Chi segue Porthos è stato abituato a conoscere la dinamica dei nostri lavori e ne ha potuto seguire la costruzione e l’evoluzione attraverso gli editoriali, i pezzi di presentazione della rivista e le lettere allegate a ogni numero. Questa volta è mancato il mio contributo personale, il chiarimento che da tempo sto elaborando. Me ne scuso sia con le persone che si sono sentite trascurate, sia con quelle che da Porthos ormai non si aspettano più una cadenza trimestrale, ma lo vorrebbero almeno annuale…
Mi dispiace per le aziende che in questi anni hanno fornito i campioni per riceverne dei riscontri e non hanno visto uscire ancora nessun commento. Insomma, non ci sono attenuanti.
A cosa sono serviti questi mesi? A rimettere in moto diverse cose che si erano fermate durante il completamento del libro, a cominciare dagli assaggi dedicati ai vini naturali, che sono arrivati a oltre 1200 e non sono ancora finiti.
Naturalmente c’è dell’altro. La realizzazione de L’invenzione non ha modificato solo il nostro progetto didattico, del quale in settembre verrà comunicata la nuova linea, ma ha messo in crisi il racconto delle degustazioni. Non credo di poter narrare il vino così come ho fatto finora. È una questione di forma che deve farsi dentro di me e può uscire solo quando è pronta. Una volta era più semplice e Porthos usciva con regolarità; col tempo sono cresciute le ambizioni e con loro anche le difficoltà di elaborare i sentimenti e le idee in modo il più possibile originale e duraturo. Ciò che non vorrei perdere è la veracità che ogni numero di Porthos continua a emanare, un equilibrio delicato che si regge sulla voglia d’imparare che anima ancora tutti noi.
 
 
Porthos 36 e oltre…
Come promesso sarà la logica prosecuzione del numero 35, quindi un altro contributo al tema della naturalità. L’idea è continuare a sviscerare tutti gli argomenti possibili, allargando lo sviluppo di alcune ricerche anche al 37, in programma per la fine dell’anno.
Porthos 36 sarà pronto per la fine di luglio. Agli abbonati verrà inviata un’e-mail nella quale chiederemo di scegliere se ricevere subito la rivista all’indirizzo consueto, oppure se preferiscono aspettare il ritorno dalle ferie o fornirci una destinazione più comoda.
A ottobre sarà anche più chiaro quale sarà il futuro di Porthos.
Per ora posso dire che nei primi mesi del 2012 verrà pubblicato un numero speciale che conterrà il racconto di tutte le degustazioni dedicate ai vini naturali. Le aziende che ci hanno fornito campioni avranno una scheda a loro dedicata, mentre saranno recensiti i prodotti più significativi. Al lavoro di assaggio comparato s’incrocia l’impegno nella raccolta delle informazioni che permettono di comporre un quadro coerente tra sensazioni e contenuti tecnici. Ci rendiamo conto che ciò equivale a un ulteriore rinvio della pubblicazione delle schede, tuttavia crediamo che l’attesa verrà ricompensata da un’opera di alto profilo. Esattamente com’è accaduto con L’invenzione della gioia.
 
 
La denominazione d’origine è ormai un contenitore vuoto?
Non è una novità che molti vini italiani stimati dagli enofili di mezzo mondo non rientrino in una denominazione di origine o, pur essendo in regola, vengano sottratti al disciplinare. Numerosi produttori preferiscono che sulle loro migliori bottiglie appaia la dizione “vino da tavola” o “vino da tavola a indicazione geografica tipica”, mentre altri, che credono ancora nel significato della denominazione, si vedono respingere i campioni dalle commissioni perché colpevoli di eccesso di originalità. Nella miniatura vorrei riflettere solo su quest’ultimo aspetto, visto che il rapporto tra denominazione di origine e fisionomia del vino è così articolato e complesso da meritare un saggio a sé stante.
È sempre più ampia la forbice tra la concezione e la percezione di territorialità delle commissioni d’assaggio e le sensazioni espresse da molti vini dotati di personalità, sia quelli realizzati con un metodo totalmente organic, sia quelli concepiti in modo convenzionale ma prodotti con cura naturale. È impressione diffusa che i giudici-degustatori emettano le proprie sentenze basandosi su parametri sempre più ristretti ed elementari. Tale approccio favorisce il lato pratico di chi coordina l’assegnazione delle denominazioni e deve sveltire le pratiche, poiché i disciplinari doc e docg crescono in proporzione ai vini che ne fanno richiesta e dunque aumenta il numero delle commissioni. Inoltre, le poche regole necessarie a una prima sfoltitura sono accessibili anche a chi non ha la vocazione all’assaggio comparato e degusta come un fiscalista. A rimetterci sono i vini meno immediati, quelli dal primo impatto silente e un poco oscuro, capaci però di trasformarsi e durare nel bicchiere, quelli dotati di un equilibrio dinamico e di una partecipazione gustativa graduale, coinvolgente e, per questi motivi, non canonica. Vittime di un modo unilaterale di considerare il vino che premia sensazioni stabili e rassicuranti e penalizza un effluvio imprevedibile e una sana emotività. Alcuni osservatori pensano che l’origine del danno perpetrato dalle commissioni d’assaggio nasca all’interno dei licei di Enotecnica e nelle facoltà di Agraria dove ci si specializza in Enologia. Il circolo vizioso è evidente. Attraverso quali vini si esercitano gli alunni nelle lezioni dedicate all’esame organolettico? Naturalmente con quelli “canonizzati” dalle commissioni d’assaggio. Per chi studia e pratica la scienza enologica la degustazione è uno strumento fondamentale, perché permette di leggere e comprendere il liquido odoroso al di là delle pur dettagliate risultanze chimiche. Alcuni studenti mi hanno confermato che, purtroppo, accade il contrario di quello che sarebbe corretto aspettarsi: sono i collaudati profili chimici a delineare la gerarchia qualitativa. Così, appena un vino non corrisponde al modello indicato – vedi, ad esempio, quando si avverte un’ossidazione inattesa o una volatile superiore alla media tecnicamente accettabile – viene considerato difettoso e, di conseguenza, da respingere. Magari era un esemplare virtuoso, dotato di una promettente complessità, dinamico e godibile da un palato attento. Eppure, viene autorizzata la fascetta a prodotti che sin dal colore non appaiono autentici – ci sarebbe da chiedersi se sono stati realizzati con le uve previste dal disciplinare – oppure a liquidi che finiranno in bottiglie vendute sullo scaffale del supermercato a un prezzo improbabile. È più facile valutare vini semplici o molto schematici perché non pongono dubbi, non suscitano riflessioni; più difficile cogliere la bellezza nelle sensazioni desuete.
 
 
Tulipani

Di tulipani un giardino sognavo
mesi fa. Li piantai, e in attesa vegliavo.
Vidi i germogli, e il verde che piano cedeva ai colori.
Tutto, ma proprio tutto, come nei miei desideri.
 
Mi domando ogni giorno quanto potran durare.
Li guardo triste, i miei bei tulipani.
Il timore di perderli mi fa desiderare
che appassiscano presto – già domani.