Degustazione Chenin Blanc della Loira/1 - Porthos Edizioni

Due sguardi per uno Chenin

di erika rampini e chiara guarino
foto di pino carone

Da Porthos

di erika rampini

Dal momento che si decide di varcare la soglia di Porthos, ci si distacca dalla quotidiana monotonia, si è consapevoli di lasciare ogni pensiero fuori dalla porta e si va alla ricerca della sostanza. Credo che gran parte delle persone si siano sentite proprio come me, trovando in Porthos un punto di ritrovo, un luogo dove riunirsi e poter parlare di cose buone e belle, ma soprattutto un posto dove ci si può concedere una “pausa di riflessione”. La cognizione temporale svanisce, tra le immagini tratteggiate dai racconti di Sandro e quelle delineate dal vino; si ha l’impressione di tornare a casa con le calosce ancora sporche di fango. Mi è piaciuta molto la parte iniziale, non riesco neanche a chiamarla “teorica”, perché è stato qualcosa di più profondo.

Degustazione Chenin Blanc della Loira/1 - Porthos Edizioni

L’immediatezza caratteriale è l’aspetto che più mi ha colpito dei vini de La Loira e lo Chenin Blanc: alcuni hanno impiegato più tempo nel mostrare ogni singola sfaccettature odorosa, al primo impatto, tuttavia, era possibile immaginare cosa si sarebbe trovato all’assaggio. È un po’ come intuire al primo incontro che tipo di persona si ha davanti ascoltando l’impostazione della sua voce. La matrice era ben definita, in alcuni casi già emergeva a calice fermo, una vera e propria goduria. Nel primo vino, il Premier Rendez Vous 2013 di Jousset è emersa una mineralità gessosa e grassa, esaltata da un profilo olfattivo lineare, caldo e pieno. All’assaggio, sarà stato forse un caso, visto il brano scelto, ho percepito inizialmente un netto avanzamento dell’acidità, come un vibrante assolo di violino che cavalca le note piene e profonde del violoncello, la parte morbida e avvolgente, che è intervenuta in seguito in sostegno della potente freschezza. Molto più tagliente invece l’acidità del secondo vino, il Vouvray Sec 2012 del Domaine du Clos Naudin, già al naso più teso e nervoso, con note mature floreali e fruttate. Non avvolgente come il primo e meno carico nel finale, in questo caso è stata l’impronta, prima ciottolosa e poi affumicata, a marcarne il profilo. Il Bastingage 2013 Clos de l’Elu si è dimostrato più delicato, dai toni più dolci e, nel complesso, meno verticale. Ha svelato con timidezza iniziale e successivamente, con fare più deciso – un tocco bianco dal carattere salmastro ritrovato in bocca sotto forma di spinta sapida – accompagnato da un’acidità sempre autorevole. Dal quarto vino è aumentata man mano la complessità: il Vingt Neuf 2013 si è distinto per un profilo più marcato, delineato da una piacevole nota ossidativa e una sensazione acida che ricorda lo yogurt bianco naturale. La matrice minerale cambia ancora, virando in questo vino su toni grigi di idrocarburi, comunque lievi e garbati. All’assaggio, rispetto ai vini precedenti, si è mostrato più posato e composto. Il quinto vino, la Cuvée Bistrologie 2013 di Jean Pierre Robinot, sembrava avesse bisogno di essere sollecitato, introverso e opaco com’era. Si è svelata un’identità matura e dolce, insolita la nota di carruba e il piacevole cenno balsamico, mentre la radice minerale-salmastra, nitida e ben delineata dall’inizio, è rimasta costante. All’assaggio ho ritrovato un aspetto tattile più rilevante rispetto ai precedenti: la struttura e la sapidità tengono testa a quell’acidità che fino a quel momento aveva viaggiato in prima linea, quasi indisturbata. Nel sesto vino, Les Dorreés 2010 di Guettier, è affiorata un forma minerale fino ad ora mai trovata, scura e decisa, che ricorda la polvere da sparo. Ha svelato da subito una personalità calda e intensa, tra le sfumature un po’ tostate, sono affiorate anche la caramella d’orzo, che mangiavo sempre da piccina, e la radice di liquirizia, che marcarva quell’assaggio pieno e inesauribile. La Coulée de Serrant 2002 di Nicolas Joly, il settimo vino, ha sfoggiato una voce da tenore, grazie al profilo marcato dalla muffa nobile: quella sua componente umida era così caratterizzante, un vero tratto somatico. La complessità olfattiva, giocata su sensazioni verdi e di frutta secca, nocciola soprattutto, si è rispecchiata poi nella sua ampia struttura e pienezza. Come dire, massiccio e infinito.
L’ottavo vino, Les Druillas 2009 de La Grapperie ahimè, me lo sono giocato nel momento in cui non ho resistito al cucchiaino stracolmo di quel meraviglioso blu.

Bottiglie di Chenin Blanc della Loira - Porthos Edizioni

Breve storia di un amore poco corrisposto

di chiara guarino

Con lo Chenin Blanc della Loira ancora non ci capiamo. O meglio, sono io che non capisco lui. Questione di poca esperienza, sicuro. Questione di attese, probabile.
È un vino che mi spaventa e mi chiedo come si faccia a non affrontarlo con un certo timore reverenziale. Anche al secondo incontro la sede di Porthos è strapiena, c’è persino una lista d’attesa. Da quando ho cominciato la mia eno-avventura, ne ho sentito parlare con tale trasporto che già riprendermi dalla prima serata è stato difficile: per me i vini sono stati indecifrabili.
Ecco perché confidavo nel secondo tentativo.
Questa volta scelgo di non stare seduta al tavolo, rimango in piedi e osservo i bicchieri dall’alto, è una posizione che mi dà più sicurezza. Le poesie sono d’ispirazione e, come sempre, la musica guida la degustazione.

Degustazione Chenin Blanc della Loira/2 - Porthos Edizioni

Uno dopo l’altro assaggio gli otto vini e non succede quello che speravo. Questi Chenin non mi parlano, sussurrano soltanto e mi verrebbe voglia di urlargli contro. L’elettricità del Premier Rendez-vous, la tempestosità della Cuvée Bistrologie, il calore della Coulée de Serrant e l’indisciplinato Bastingage… Io ci giro intorno, ne avverto le potenzialità, ma non riesco a coglierne l’anima. Ed è ciò che in questa seconda degustazione avrei voluto più di tutto.
Eppure, bevuto a cena con un amico, lo Chenin Blanc della Loira fa tutto un altro effetto. Non devi cercarlo, è lui a venirti incontro. È cordiale, invitante, fino a diventare intimo. Ha la leggerezza e la profondità delle cose naturali, come l’innamorarsi.

Sospiro, mi sono mancate la pazienza e, forse, la giusta dose d’incoscienza con cui di solito affronto i vini di Porthos. Ma sarò perseverante.
Perché non sperare nelle sorprese della terza volta?

Queste considerazioni sono state pensate e in parte scritte ascoltando The XX – Infinity