22 Nov Il bicchiere di vino può essere definito “buon”?
Baraldi e Sbarbada sono gli autori del libro Vino e Bufale – tutto quello che ci hanno dato da bere sul vino, una raccolta di osservazioni e statistiche sui danni arrecati dall’alcol e una visione del mondo del vino da una prospettiva decisamente diversa da quella di un amatore di questo misterioso mondo.
Ama il tuo nemico è il libro in cui John Carlin narra la storia di Nelson Mandela e della partita di Rugby che ha fatto nascere una nazione: il Sudafrica.
Se è vero che fino a quel momento il sudafricano o era bianco o era nero, da quella grande finale della coppa del mondo del 1995 tra i locali Springbocks e la squadra più forte del mondo, la neozelandese All Blacks, il Sudafrica si riscopre come una nazione unita: una sorta di risveglio culturale che ha cominciato a mandare alla deriva l’Apartheid e le assurdità discriminatorie vissute fino ad allora.
Ho pensato molto a questo libro e al mondo del Rugby prima di incontrare Enrico Baraldi e Alessandro Sbarbada alla libreria La Bassanese di Bassano del Grappa in occasione di “Incontri senza censura”, una rassegna di talk show ideata da Marco Bernardi, titolare della libreria, per dare voce ai personaggi scomodi della comunicazione del nostro paese.
Baraldi e Sbarbada sono gli autori del libro Vino e Bufale – tutto quello che ci hanno dato da bere sul vino, una raccolta di osservazioni e statistiche sui danni arrecati dall’alcol e una visione del mondo del vino da una prospettiva decisamente diversa da quella di un amatore di questo misterioso mondo. Alessandro Sbarbada è un insegnante esperto di problemi legati all’alcol e un volontario in centri di recupero alcolisti, mentre Enrico Baraldi è uno psichiatra e scrittore occupato all’ospedale di Mantova. I loro racconti, davvero impressionanti, illustrano gli effetti che l’alcol ha sul nostro organismo e come molte famiglie vengano letteralmente distrutte a causa del comportamento violento di persone con problemi legati al bere.
La forte presa di posizione degli autori nei confronti del vino dipende proprio dal fatto che, dal loro punto di vista, un bicchiere non può mai essere considerato “buon”, visto che contiene una molecola pericolosa e tossica come quella dell’alcol. Serve, a detta loro, un vero e proprio cambio di rotta da parte di tutta la cultura sociale, che porti a evitare di associare il vino a un concetto positivo di benessere, festa o gioia.
Chiaramente sono messe al bando tutte le ricerche scientifiche secondo cui il vino sarebbe addirittura consigliato dal medico perché fa bene al cuore o perché il reveratrolo è un anticancerogeno. Balle! Balle vendute da parte della ricerca scientifica a caro prezzo alle lobby che controllano il mercato del vino.
Non è difficile immaginare il mio stato d’animo una volta salito sul palco dopo queste prese di posizione: è inaccettabile per me, che sto dedicando parte della mia vita a comunicare l’idea di un bere consapevole, considerare il vino come strumento di morte.
Il vero problema è che il vino è spesso un mezzo per allontanarsi dalla realtà, in maniera veloce ed economica; se poi si parla di superalcolici, come accade purtroppo molto di frequente, il risultato si ottiene in tempi ancora più rapidi.
Esiste una politica del buon senso da adottare, sebbene debba essere chiaro per tutti che il vino, per quanto affascinante, contiene comunque alcol e l’alcol è un veleno. Serve quindi una conoscenza che passi attraverso i corsi di degustazione, quando questi sono davvero indipendenti e tesi a comunicare un vino che sia espressione del territorio, del vitigno e della mano dell’uomo, come da anni oramai va predicando Sandro Sangiorgi in giro per il nostro stivale.
In una società ideale si potrebbe aspirare a un successivo passaggio evolutivo: imparare a bere meno, riconoscere cosa si beve e quindi farlo per il piacere di ricordare. Il problema non è se si possa o meno diventare alcolisti con il vino di qualità, ma è il grado di consapevolezza che si ha di ciò che si beve. E se bere serve per dimenticare, non è importante la qualità del mezzo che si utilizza per raggiungere lo scopo. Non bere per dimenticare quindi, ma bere per ricordare.
Guardavo negli occhi Enrico e Alessandro e mi rimbalzava alla mente il titolo del libro: Ama il tuo nemico. E’ una partita che dobbiamo giocare assieme quella contro l’abuso dell’alcol, nel rispetto delle regole.
Il novantasette percento del mercato del vino è costituito da produttori che hanno un’idea di qualità quanto meno discutibile e che non si preoccupano di vendere un vino che sia digeribile ed espressione del proprio territorio. Il rimanente tre percento però non può essere considerato alla stregua dei produttori di cocaina colombiani: esiste una dignità che deve essere riconosciuta alle persone che si spaccano le mani nella propria terra così come lo hanno fatto i loro padri ed il loro vino merita tutto il nostro rispetto.
Proprio rispetto deve essere la nuova parola d’ordine: rispetto del territorio, del vitigno, della dignità umana, della libertà di non bere e di quella di bere, rispetto della vita e rispetto di un bicchiere di vino, che può essere tranquillamente definito “buon”.