
06 Ago La ricerca di una possibile felicità
Lancy, 12 agosto 1852
«Ogni sfera dell’essere tende a una sfera più elevata e ha già rivelazioni e presentimenti. L’ideale, sotto tutte le sue forme, è l’anticipazione simbolica d’un esistenza superiore alla nostra, alla quale tendiamo. Come i vulcani ci portano i segreti del globo, l’ispirazione, l’entusiasmo sono esplosioni del mondo interiore dell’anima. La vita umana non è che l’avvento alla vita spirituale, e ci sono ancora innumerevoli gradi, sia nell’una sia nell’altra […]».
Da Frammenti di un giornale intimo di Enrico Federico Amiel, traduzione di Cristina Baseggio, Utet (Unione Tipografico-Editrice Torinese) Torino, 1931.
Sin dall’inizio della mia attività di divulgatore ho tenuto a battesimo persone che si sono poi impegnate nel “lavoro del vino”: molte sono diventate figure commerciali, altre hanno aperto locali e alcune hanno addirittura affrontato la produzione. Potrebbe apparire scontato – se uno insegna materie enologiche, chi può aspettarsi come allievo e come allieva? Invece non è così banale, dal momento che proprio negli anni in cui ho cominciato è avvenuta una trasformazione del pubblico partecipante ai corsi. Si è passati da una comunità ristretta, della quale facevano parte quasi solo professionisti del settore, a una schiera ampia e articolata composta da appassionati che, pur attratti dalla bellezza dell’argomento, non immaginavano che quel sentimento, trasformato in amore, potesse cambiare la loro vita.
foto di maria enqvist
foto di maria enqvist
La loro vita è cambiata, si è riempita di sacrifici di tutti i tipi, tra i quali spesso emerge la quasi completa impossibilità a partecipare ai nostri corsi e agli eventi. Tuttavia la sensazione, quando gli parlo, quando guardo i loro occhi, è che, anche nelle giornate più complicate e scoraggianti, non sarebbero disposte a tornare indietro. E non ho ancora incontrato qualcuno che sia tornato a ciò che faceva prima. Non hanno più i privilegi di una vita ben pianificata, le vacanze sono diventate una chimera, e non solo per ragioni economiche, scompaiono consuetudini come mostre, teatro, cinema, musica, ecc. Ricevere la visita di chi li ha aiutati a far affiorare il desiderio della vita li aiuta a riconnettersi col mondo precedente e a concedersi una pausa, un momento di riflessione utile a sentirsi pronti per l’avventura successiva. Questo quadro riguarda perlopiù coloro che hanno scelto la carriera di agricoltori, ma non si creda meno faticoso aprire un locale, sapendo di poter delegare pochissimo, almeno nei primi anni, per dare un’impronta originale e far sentire ogni cliente speciale. Succede che alcuni non riescano a decidersi e per un po’ mantengano vive entrambe le attività, il lavoro “vecchio” e la nuova “sfida”: tale condizione, solo all’apparenza invidiabile ed eccitante, comporta dei problemi insolubili e costringe a una scelta che forse non sospettavano di dover fare. Pensavano che bastasse spostare il loro approccio da un campo all’altro, una semplice manovra monetaria e organizzativa, tecnica, sufficiente a riprodurre un successo in serie. Il vino nella sua assoluta superiorità morale mette in crisi molte delle certezze acquisite in questa società neoliberista, non ammette comode mediazioni e parassitarie convivenze, pena il fallimento del principio (sogno) enunciato all’inizio, “la ricerca di una possibile felicità”. Quando una persona entra a Porthos e partecipa a un evento o a una lezione, anche di passaggio, ospite, uditrice, oppure quando m’incontra in giro per l’Italia, nel momento in cui avviene il primo contatto, può considerarmi il suo maestro, per sempre. È questo che desidero più di tutto, convincerli che sarò in quella funzione anche se non ci dovessimo incontrare più. Un po’ come accade con alcune insegnanti delle scuole materne ed elementari, orgogliose delle carriere delle allieve e degli allievi, ma ancora abili a richiamare l’attenzione, quasi fossimo in classe. La cosa più bella è che essere maestro comporta una continua trasformazione: ogni nuovo giorno comincia con un segno diverso dagli altri. Quella combinazione tra conforto e imprevedibilità che aiuta a crescere insieme, fino all’ultima ora di luce a nostra disposizione.
Poco prima di completare il pezzo, l’ho sottoposto all’attenzione di mia figlia Lavinia; lei mi ha mandato una versione rivista e nell’email ha suggerito una riflessione complessiva utile a chiuderlo; come scoprirete, ho approfittato del suo consiglio, allo stesso tempo ho creduto utile pubblicare l’intera sua risposta perché offre altre letture: alcune di queste sono ben note alla comunità porthosiana, altre le coltiviamo ma non sempre ne siamo consapevoli.
Ciao papà,
ho solo cambiato c’è con emerge (l’impossibilità a partecipare alle nostre serate…) e emergere con affiorare (il desiderio della vita).
Anche qualche cambiamento lieve di punteggiatura, spezzando due frasi col punto e qualche correzione di accordo di genere.
Per il finale, vorresti forse immaginare che il vostro/tuo compito come Porthos alle persone che hanno intrapreso strade più “faticose”, complicate o difficili o meno scontate, possa essere ormai di sostegno e coltivazione della relazione con loro come amici in modo da curare la crescita di una specie di comunità di persone appassionate e dedite alla cultura del vino che sono passate o hanno cominciato a formarsi da Porthos? Per non perdersi e continuare a confrontarsi, perché in fondo il percorso che il vino aiuta a intraprendere è di scoperta e conoscenza di sé ma attraverso e per stare con gli altri. Sia attraverso la costruzione di collaborazioni come nell’esempio dell’agricoltore e di chi apre un locale, sia attraverso i legami che si instaurano nella “classe” o che si riscoprono nella vita di ciascuno con la condivisione e nel confronto sul vino.
La classe è in fondo un ente di per sé cui ci si rivolge da docenti come a un’unità. Seppur variegata è sempre un nucleo da cui poi dipartono i diversi percorsi di ognuno.
Questa rete arricchisce ed è importante per questo continuare a coltivarla, cominciando con le relazioni docente-discente e tra allievi ma anche tra persone che s’incontrano una volta passando da Porthos per altri motivi (alcuni vengono come ospiti, altri capitano di passaggio etc.).
Che ne pensi? Il riportare il senso dell’articolo dal percorso di scelta individuale di cambiare la propria vita all’unione di una comunità variegata variabile e aperta, che si rinnova, si confronta e offre sostegno? In fondo, come a scuola, anche da Porthos ci si rinnova tutti i settembre con nuovi propositi, aspettative, sogni e incontri.
Fammi sapere,
Lavi