Loretta

di Sandro Sangiorgi

foto di Antonio Luzi

Oggi ricordiamo un’amica che ci ha lasciato qualche giorno fa. Mi rendo conto, che negli ultimi anni, scrivo quasi solo riflessioni che onorano la memoria di persone del mondo del vino, perlopiù produttori. Potrei forse scrivere maggiormente su altri temi, ma, quando raccolgo le idee e sto per partire, si smonta l’impalcatura e ciò che resta sembra stupido o superficiale. Allora mi rifugio nella vita di persone che hanno significato molto per me e per Porthos. Sono al riparo da possibili contestazioni dei diretti interessati, affido alla mia buona memoria episodi e periodi di un certo rilievo, con l’augurio di vedere confermate alcune esperienze. Verrà un tempo, credo, in cui non mi sarà difficile scrivere del vivente, questo è stato l’ultimo augurio ricevuto da Loretta qualche giorno prima che morisse.

Loretta Liera non era una produttrice di vino, non faceva la rappresentante di un’azienda o di una distribuzione, non possedeva un ristorante né una vineria – aveva avuto una piccola quota per non far chiudere il locale di Alessandro Zamboni, altro amico del cuore che se n’era andato in modo tragico e assurdo.

Loretta non praticava il mestiere della divulgazione, eppure il suo contributo al consolidamento dei vini buoni è stato fondamentale.

Le è “bastato” innamorarsi, accedere a quel livello di coinvolgimento e consapevolezza sensoriale utile a entrare in contatto col liquido odoroso. A questo ha aggiunto un’incredibile generosità, tante persone hanno potuto attingere dalla sua cantina esperienze che non dimenticheranno, per lei ogni degustazione era il preludio a una pratica conviviale, alla magia della condivisione. È stato un privilegio averla come allieva, seguire l’evoluzione di una persona che coglie e assimila il concetto di unità del vino. È ben presto diventata un’amica e ha mostrato un’altra abilità, incoraggiare legami, intrecciare esperienze che la tenessero felicemente attaccata alla vita.

Il testo che segue è stato preparato per essere letto al funerale di Loretta.

foto di Rosalia Fusco

 

Cara Loretta, mia e nostra dolce Amica…
ci sarebbero mille modi per cominciare questo breve scritto, ma nessuno è adatto. A meno che non si scavi nel profondo della propria memoria – quella di tutte e di tutti – per cogliere il momento esatto in cui è nato quel sentimento originale, assolutamente esclusivo, che tu riuscivi a destinare a ciascuno e a ciascuna di noi.

È il tempo di uno sguardo, di un suono, di un contatto che restano per sempre. Questo e altro hanno potuto condividere le persone che ti hanno conosciuta.

La tua verità, ruggente come la voce di una leonessa, aveva il potere di affettarci oppure di farci toccare il cielo con un dito e… talvolta, il confine tra le due condizioni era così sottile… In quel momento era evidente il nutrimento che restava in fondo al cuore, come un tesoro al quale attingere senza limiti.

Chissà perché uso un verbo al passato, forse non è esatto, perché il privilegio che ci hai donato continuerà ad alimentarci fino a quando non ci ritroveremo, di nuovo insieme, in chissà quale altra dimensione.

Allo stesso tempo, e forse lo scrivo per quanto sono ferito, così in profondità da non capire fin dove arriva, come gli eventi dal tempo senza inizio, ebbene, mentre ognuno e ognuna di noi sente di essere una persona migliore dopo averti frequentata, oggi non mi convince la retorica del “comunque resterai con noi” e de “il tuo spirito non muore”. Tutte cose giuste, per carità, ma solo in teoria…

Voglio dire che da giovedì mattina il mondo è un posto peggiore senza di te. Io non riesco a concepirti separata: da un lato il corpo che resta fermo sulla e nella terra, e dall’altro lo spirito che aleggia rassicurante su di noi. No, io ti ho conosciuta nella condizione in cui corpo e anima sono inscindibili e da oggi, è inutile negarlo o nascondermi, il sorriso, l’abbraccio, la meravigliosa eleganza che ti distingueva non mi saranno mai restituite.

Loretta… Loretta mia, ti adoro ma sono anche arrabbiato, perché non mi sarà più possibile tenerti per mano.

foto di Paola Moretti