31 Dic Miniature di fine 2018
Molte persone considerano il passaggio a un anno nuovo come un’opportunità di cambiamento, per noi di Porthos sarebbe già bello continuare con le premesse di quest’ultimo. Le esperienze condivise tra chi lavora qui e chi frequenta le nostre iniziative ci hanno insegnato moltissimo e, come ho scritto già più volte (ma non mi stanco di ripeterlo), la risorsa più potente a disposizione è la nostra curiosità. Il desiderio di conoscenza nutrito durante i corsi, i seminari brevi e le serate a tema ci porta a esplorare argomenti meno frequentati e forme di divulgazione diverse, anche col rischio di organizzare eventi all’apparenza meno trendy.
Per primi abbiamo introdotto il concetto di “forma d’arte” applicato al vino, coltivando il principio dell’educazione alla soggettività. Ciò non significa confondere in modo meccanico il liquido odoroso con la pittura, la scultura o la poesia, quasi che l’essere esperienze intellettuali, e sensoriali, ci consenta di associarne la lettura, la percezione e la comprensione. Quando penso al vino come forma d’arte, e invito a porsi di fronte a lui come quando godiamo di un brano musicale, per fare un altro esempio, proviamo a cambiare arricchendoci mano mano che ogni incontro si stratifica nella memoria. Questo però non vuol dire che si possano collegare come fossero della stessa pasta. E qui ci starebbe la battuta di Jules Winnfield sul massaggio ai piedi.
Essere coinvolti dalla passione e dall’amore è condizione vitale unificante, sentirsi nuovi ogni volta che si ripresenta l’occasione è sua nobile conseguenza. «Il vino non è solo vino…» scrivevamo qualche anno fa sulla rivista. Ciascuno di noi può leggerci un significato diverso, quello che in questo momento sento vicino è il seguente: mentre assaggiamo e beviamo il liquido, nell’elaborare la percezione e il sentimento interviene tutto quello che siamo e che continuiamo a divenire. Per questo trovo inadeguato distinguere vari tipi di degustazione – tecnica, edonistica, ecc. – quando invece si tratta semplicemente, ma non banalmente, di una relazione individuale, che si concretizza in un racconto da portare agli altri.
Cresce la comunità che frequenta la nostra impresa didattica, nonostante l’offerta di “eventi” dedicati al vino e al cibo sia in costante aumento. Nelle enoteche, nei ristoranti, nei winebar, ormai non basta più offrire una carta interessante e un’adeguata cura del vino e del cibo, per acchiappare clienti bisogna organizzare corsi, lezioni, riempire il calendario di serate con i produttori – che peraltro con un pizzico di ipocrisia si lamentano di essere troppo in giro (quest’ultimo argomento meriterà di tornarci su).
È che, nel voler fare tutto, anche professionisti animati dalle migliori intenzioni finiscono per incartarsi in mediocri emulazioni.
La nota che sto scrivendo è dedicata alle persone che ci seguono con perseveranza e a quelle che, passando di qua anche solo una volta, ci hanno lasciato qualcosa di bello. Sicuro di non scontentare nessuna e nessuno – il cuore di Porthos è grande – voglio ringraziare esplicitamente facendo i nomi di coloro che, sparsi per l’Italia ma soprattutto nella capitale, ci sostengono strenuamente. Roberta e Stefania, Marco e Alessandro, Andrea e Benedetta, Flavio e Lucia, Maddalena e Antonio a Milano; Riccardo, Jacopo e Fabrizio tra l’Emilia e il Friuli; Chiara e Paolo, Andrea e Cinzia, Alfonso e Filippo, Francesco e Michela, Silvia e Luca in Veneto; Antonio e Ursula, Elena e Edoardo, Andrea e Paolo, Beatrice e Paolo, Emanuele e Annarita, Greta e Sarah, Carlo e Irene, Gianmarco ed Emidio, Giuliano e Angelo, Nunzio e Marco, Anthony, Vincenzo e Claudio a Roma. Un pensiero particolare va a Luigi Fiorini e a Martina Martinelli, talmente presenti da ricoprire ormai il ruolo di memoria storica della sede di via Laura Mantegazza 60-62, vivendo da protagonisti la nascita dell’Associazione. Un grazie infinito va a Daniela Sacchetti, alla quale non basta essere qui spesso, è encomiabile il suo slancio nei giorni successivi a ogni incontro, quando mette a disposizione di chi la segue su Facebook tutto quello che può sull’esperienza vissuta. È per noi di grande aiuto, sia perché ripensiamo a ciò che abbiamo combinato sia perché sono numerose le persone raggiunte dai suoi messaggi. I nostri mezzi di promozione non sono molti, pratichiamo una certa cautela nell’uso dei social, comunichiamo in modo intermittente e, talvolta, poco chiaro, così la risorsa principale è il passaparola da parte di coloro che sono stati qui. Restate vicini, raccontate di Porthos, non vi deluderemo.
Se Porthos resiste grande merito è di chi collabora, aiuta e in qualche modo si dà da fare, un patrimonio umano e di competenze che sta trasformando il nostro linguaggio. Non dimentico, infine, coloro che continuano a volerci bene anche se non gli piace più ciò che facciamo. Diamo il massimo perché le buone energie restino.
Il vino… continuiamo a tenerlo accanto al cibo.
Chi ama il vino e la gente che ci lavora potrebbe ritenere il 2018 un anno funesto, non solo e non tanto per ragioni meteorologiche e di vendemmia.
Per me è stato tremendo, nel giro delle prime due settimane di settembre ho perso tre amici, ai quali riserverò un ricordo, e alcune delle persone che mi sono più care si sono ammalate gravemente. Forse anche per questo motivo sento di lasciare un augurio credibile, voglio insistere sulla salute e sulla serenità d’animo, due concetti inscindibili.
Lo faccio con una poesia di Mariangela Gualtieri, presa dalla raccolta Bestia di gioia, edita da Einaudi nel 2010.
È breve il tempo che resta. Poi
saremo scie luminosissime.
E quanta nostalgia avremo
dell’umano. Come ora ne
abbiamo dell’infinità.
Ma non avremo le mani. Non potremo
fare carezze con le mani.
E nemmeno guance da sfiorare
leggere.
Una nostalgia d’imperfetto
ci gonfierà i fotoni lucenti.
Sii dolce con me.
Maneggiami con cura.
Abbi la cautela dei cristalli
con me e anche con te.
Quello che siamo
è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei
e affettivo e fragile. La vita ha bisogno
di un corpo per essere e tu sii dolce
con ogni corpo. Tocca leggermente
leggermente poggia il tuo piede
e abbi cura
di ogni meccanismo di volo
di ogni guizzo e volteggio
e maturazione e radice
e scorrere d’acqua e scatto
e becchettio e schiudersi o
svanire di foglie
fino al fenomeno
della fioritura,
fino al pezzo di carne sulla tavola
che è corpo mangiabile
per il mio ardore d’essere qui.
Ringraziamo. Ogni tanto.
Sia placido questo nostro esserci –
questo essere corpi scelti
per l’incastro dei compagni
d’amore.