Oltre i limoni: salviamo i terrazzamenti in Costa d’Amalfi

Il “Rapporto sullo stato del territorio italiano” del Consiglio Nazionale dei Geologi ci informa del fatto che un italiano su dieci vive su un territorio ad alto rischio frana o alluvione. Il primato della popolazione più a rischio sarebbe detenuto dalla Campania, dove oltre un milione di persone, il 19% della popolazione, vive in zone considerate ad alto rischio.

Introduzione
Secondo i dati forniti dall’APAT1, aggiornati al 2003, in Italia ci sono 5.581 comuni, 70% del totale, a rischio idrogeologico.
Il “Rapporto sullo stato del territorio italiano” del Consiglio Nazionale dei Geologi ci informa del fatto che un italiano su 10 vive su un territorio ad alto rischio frana o alluvione. Il primato della popolazione più a rischio sarebbe detenuto dalla Campania, dove oltre un milione di persone, il 19% della popolazione, vive in zone considerate ad alto rischio.
Non è un caso, infatti, se è stato l’evento disastroso che il 5 maggio 1998 ha colpito i comuni di Sarno, Siano, Quindici, Bracigliano e S. Felice a Cancello nelle province di Salerno, Avellino e Caserta, a determinare un impulso decisivo alle attività di conoscenza e pianificazione territoriale che hanno consentito di pervenire alle conclusioni testé riportate.
In molti territori italiani costieri o vallivi, la coscienza, acquisita nei secoli, dell’elevato rischio di dissesto, ha prodotto un sistema di difesa del territorio che ne ha profondamente influenzato il paesaggioe la storia socio-economica: il sistema dei terrazzamenti.
I migliori esempi si riscontrano nelle Cinqueterre in Liguria, nella Valtellina in Lombardia, in Canal di Brenta nel vicentino.
In Costiera Amalfitana hanno contribuito a definire paesaggi tra i più suggestivi del mondo.


Funzioni agronomiche e caratteristiche tecniche

I terrazzamenti sono una sistemazione idraulico-agraria adatta a terreni declivi; essi rappresentano l’unica soluzione idonea a rendere coltivabili territori altrimenti impervi e improduttivi.
La tecnica di realizzazione si articola nelle seguenti fasi:

  • scavo del pendio, con conseguente modifica del profilo che, da piano inclinato viene trasformato in una sequenza di piani verticali e orizzontali, all’incirca a 90°;
  • creazione di un muro di contenimento a secco sul bordo del piano orizzontale e creazione di un invaso che fungerà da vasca di vegetazione;
  • riempimento dell’invaso con terreno agrario, in minima parte proveniente dallo scavo e in prevalenza costituito da terreno di riporto, trasportato a spalla o a dorso di mulo dai fondo-valle.

Elemento chiave del sistema è quindi il “muro a secco” che sostiene il terrapieno; in Costiera Amalfitana è detto “macerina” che ed è eretto utilizzando pietrame di risulta dalla sistemazione stessa dei terreni e, in qualche caso, dallo scavo della pendice rocciosa.
I terrazzamenti, in altre parole, trasformano un pendio acclive in una sequenza di ripiani gradonati coltivabili, le “terrazze” appunto.
I ripiani sono poi integrati con altre strutture, in particolare canali di sgrondo e cisterne di raccolta, realizzati ancora con pietrame di risulta.
La caratteristica saliente del muro a secco è proprio la permeabilità all’acqua che consente alla terrazza di invasare considerevoli quantità di acqua piovana e di smaltire in maniera controllata quella in eccesso che, convogliata nelle cisterne, diviene una preziosa scorta da usare per fini irrigui.
Da opere di sistemazione idraulico-agraria, quindi, i terrazzamenti assurgono alla dignità di vero e proprio sistema ambientale, che nasce per la gestione ecocompatibile della attività agrarie (in un’epoca in cui questo termine era ben lungi dall’assumere significato).
La loro realizzazione sui versanti collinari e montani non solo ha consentito di ricavare superfici coltivabili in ambienti naturali altrimenti impossibili, ma anche favorito il governo delle acque piovane, regimentandone lo scorrimento superficiale, conferendo stabilità e riducendo l’erosione naturale dei versanti; in tal modo ha contribuito in maniera determinante all’equilibrio ambientale ed alla salvaguardia dei territori.
Il loro abbandono, con la conseguente sospensione delle normali pratiche agricole, determinerebbe il prevalere delle dinamiche naturali con l’effetto che il dilavamento delle acque, non più controllate, crei, in successione, instabilità, frane, degrado ambientale con ripercussioni sulla stessa identità paesistica del territorio.
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Funzione paesaggistica
Secondo la dichiarazione ufficiale della Convenzione per Combattere la Desertificazione delle Nazioni Unite2, i terrazzamenti rappresentano…
…il più importante sistema di organizzazione del paesaggio nell’area del Mediterraneo3.
Le qualità estetiche di questi interventi, la bellezza dei materiali utilizzati e la razionalità delle architetture e degli spazi, creano una relazione organica, inscindibile con il paesaggio delle antiche città sorte in questi stessi luoghi.
In Costiera Amalfitana gli insediamenti abitativi si sono sviluppati secondo la medesima logica delle sistemazioni agrarie, definendo un modello unico nel suo genere di integrazione tra paesaggio agrario e paesaggio urbano: l’abitato di Positano ne è l’esemplificazione forse meglio riuscita.
I terrazzamenti sono il più forte marcatore del paesaggio di questo lembo di costa, che, a sua volta, ne rappresenta il patrimonio più ingente, insieme a quello artistico.
Un paesaggio fortemente antropizzato, quindi un paesaggio culturale poiché le opere che lo caratterizzano costituiscono la cristallizzazione delle conoscenze dei suoi abitanti, il segno profondo della relazione tra il territorio e suoi abitatori.


Breve excursus normativo

L’idea che il paesaggio vada tutelato non è né nuova né originale. È da diversi decenni che il concetto è stato accolto dalla legislazione italiana.
Il documento conclusivo della Commissione Franceschini, del 1967, fornisce la prima definizione di Patrimonio culturale, recependo la Convenzione dell’Aja del 1954 sulla protezione dei beni culturali in caso di guerra:
Appartengono al patrimonio culturale della Nazione tutti i beni aventi come riferimento la storia della civiltà. Sono assoggettati alla legge i beni di interesse archeologico, storico, artistico, ambientale e paesistico, archivistico e librario ed ogni altro bene che costituisca testimonianza materiale avente valore di civiltà.
[…] Si considerano beni culturali ambientali le zone corografiche4 costituenti paesaggi, naturali o trasformati dall’opera dell’uomo, e le zone delimitabili costituenti strutture insediative, urbane e non urbane, che, presentando particolare pregio per i loro valori di civiltà, devono essere conservate al godimento della collettività5.

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, del 2004, all’art. 131 recita:
1. Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni.
[…]

5. La valorizzazione del paesaggio concorre a promuovere lo sviluppo della cultura6.
Lo stesso Codice, all’art. 135, in cui definisce la “Pianificazione paesaggistica”, specifica che è necessario porre:
…particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO.
La Costiera Amalfitana è un sito culturale iscritto dal 1997 nella Lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO; nella motivazione del suo riconoscimento si legge che essa:
è caratterizzata da un’enorme bellezza fisica ed un’immensa diversità naturale…
…Le zone agricole testimoniano la capacità di adattamento dei suoi abitanti, che hanno saputo sfruttare al meglio i diversi tipi di terreno, coltivando “a terrazza” i vigneti ed i frutteti (zone inferiori) e praticando la pastorizia (zone superiori).


Valore non reddituale delle attività agricole

I terrazzamenti nascono e restano interventi finalizzati alle attività agricole.
Essi sono stati realizzati in un’epoca in cui non solo l’agricoltura era l’unica attività economica possibile, ma le colture prevalenti della Costiera Amalfitana, vite e limoni, erano colture di pregio, quindi ricche.
Oggi l’economia agraria obbedisce a logiche completamente diverse. In territori difficili come quelli di cui parliamo soffre di una serie di disagi che lasciano prevedere un suo destino estremamente problematico: i costi di produzione, date le difficoltà oggettive proposte dal territorio, sono molto alti; l’età media degli addetti è decisamente avanzata7; l’assetto fondiario è caratterizzato da un’estrema atomizzazione e, di conseguenza, la capacità d’investimento in termini di capitale è bassissima; l’agricoltura che vi si pratica è spesso assolutamente marginale, basata sull’attività di coltivatori a tempo parziale, che perlopiù producono solo per l’autoconsumo.
La vite e il limone, nonostante abbiano ottenuto il riconoscimento del marchio territoriale collettivo (l’IGT Costa d’Amalfi per il limone ed la doc Costa d’Amalfi per i vini), continuano ad avere un mercato difficile, che non decolla, penalizzati dalla concorrenza, dall’incapacità di aggregare l’offerta, di penetrare efficacemente i mercati più ricettivi. In sintesi, l’economia agricola dell’intero territorio, che non può che dipendere dai suoi prodotti di eccellenza, è fortemente a rischio.
Eppure quanto abbiamo detto, tenendo conto anche dei disastri ambientali succedutisi puntualmente negli ultimi anni (frane, smottamenti, incendi boschivi), dimostra che il delicato assetto di questi ambienti collinari e montani è indissolubilmente connesso alla sopravvivenza delle attività agricole.
Nei paesi ad economia avanzata, l’agricoltura deve integrarsi nel contesto delle politiche di sviluppo socio-economico del territorio, perseguendo una molteplicità di obiettivi, che superino quello convenzionale della produzione di beni alimentari, e pongano nel giusto rilievo altre funzioni, quali quella sociale, che consente di trattenere sul territorio quote di popolazione altrimenti destinate all’emigrazione, e quello ambientale, che si esplica nella preservazione di importanti risorse naturali e paesaggistiche.
In un ambito così particolare come la Costiera Amalfitana, se l’apporto dell’agricoltura al pil del territorio si potrebbe ritenere addirittura trascurabile, il suo contributo al mantenimento di molti delicati equilibri ambientali è, come si è visto, decisivo.
Proprio l’abbandono dei terreni collinari, un tempo densamente coltivati, ed il mancato svolgimento delle comuni pratiche agronomiche espone le aree più vulnerabili agli agenti dell’erosione prima, e del dissesto idrogeologico poi.
Solo le ordinarie attività di manutenzione boschiva (ripuliture, sfoltimenti, decespugliamenti) possono efficacemente prevenire il pericolo di incendi, in quanto, eliminando materiali altamente infiammabili, riducono drasticamente il principale fattore di rischio.
Se, il reddito ricavabile dall’attività principale, la produzione di beni alimentari, non è in grado di garantire una dignitosa sopravvivenza per le famiglie degli addetti, per mantenere in vita queste attività è necessario che l’intera collettività si faccia carico del problema; è necessario cioè l’investimento di risorse pubbliche.
È ben noto che l’Unione Europea, attraverso la Politica Agricola Comune, destini risorse molto ingenti, la più grossa fetta del bilancio comunitario, al sostegno dell’agricoltura e del reddito dei suoi addetti.
Ma la logica che lega l’intervento esclusivamente alla produzione non è più adeguata ai tempi e alle necessità di oggi. Solo un’analisi miope può condurre a valutare come improduttive le attività agricole a valenza ambientale: la considerazione dei costi sociali connessi ai disastri ambientali rende necessario riformulare l’analisi costi/benefici che sta a monte degli investimenti e perciò a ripensare il giudizio di convenienza sotto una luce completamente diversa.
Non è più tollerabile che risorse ingenti siano ancora destinate a sostenere produzioni che non hanno mercato, spingendo la produttività oltre qualsiasi limite tollerabile, facendo ricorso a tecniche che conducono al progressivo inesorabile degrado della qualità dei prodotti e dell’ambiente nel suo complesso. Tutto ciò alimenta logiche perverse che, da un lato, premiano le quantità prodotte, contribuendo a far crescere l’offerta, crollare i prezzi agricoli e, di conseguenza i redditi degli agricoltori, da un altro premiano chi smette di coltivare la terra, sancendo la morte dell’agricoltura tout court.
Il “buon padre di famiglia”8 ha il dovere di custodire al meglio i beni che gli sono stato affidati. All’intera umanità è stato affidato un patrimonio che ciascuno di noi ha il dovere di tutelare. Territori come quello della Costiera Amalfitana costituiscono una risorsa per le popolazioni residenti e per l’intero paese. Ma essi fanno parte del patrimonio dell’intera umanità, quindi la loro perdita sarebbe un danno di portata planetaria.
È la collettività, intesa nella sua accezione più ampia, a doversi fare carico della loro sopravvivenza.


1. APAT – Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT) nasce nel 1999 dalla fusione tra l’Agenzia nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ANPA) ed il Dipartimento per i Servizi tecnici nazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
2. UNCCDUnited Nations – Convention to Combat Desertification
3. 1999, Traditional Knowledge, Report of the Ad Hoc Panel, ICCD/COP(3)/CST/3
4. Corografia – descrizione di una regione della Terra dal punto di vista fisico e antropico
5. Atti della “Commissione d’indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico, archeologico e del paesaggio”, 1967.
6. D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 – Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137 (Gazz. Uff. 26 febbraio 2004, n. 47).
7. Nel 1996 il 41% degli agricoltori campani ha più di 65 anni ed un altro 13% è di età compresa tra i 55 ed i 64 anni (Programma Operativo Regionale Campania 2000 -2006 – Allegato 1)
8. Codice Civile – artt. 703, 1001, 1176, 1587, 1710, 1768, 2148, 2167