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Intervista ad Antonella Sgrillo

– Com’è nata l’idea di scrivere un libro di ricette di dolci?
(Ride) Per caso! Premetto che ho sempre amato la pasticceria: è una disciplina perfetta, ma basta trasgredire una piccola regola e tutto cade. E poi fare dolci è, in un certo senso, una metafora della mia vita: c’è la sperimentazione continua, la ricerca di prodotti e strade alternative.
Però, a parte questa mia vocazione, l’idea è nata dal fatto che i clienti del ristorante mi chiedevano spesso le ricette dei dessert. Così iniziai a scriverle… a mano, però, poiché non sapevo usare il computer. Poi Aldo le diede al mio grafico e a quel punto pensammo di farne un libro che i clienti, incuriositi dai nostri piatti, avrebbero potuto comprare. Ovviamente non era possibile inserire tutto, e così scelsi i budini.

– È curioso che tu usi la parola “budini” e non la classica denominazione “dolci al cucchiaio” …
– Mi piace il suono della parola: rende l’idea della consistenza tra le labbra, fa pensare a qualcosa di morbido e rassicurante…

– Perché hai scelto proprio questo tipo di dolce?
– Innanzitutto non ci sono molti libri sui budini. Poi ho pensato alle donne che lavorano e che in poco tempo vogliono preparare qualcosa di semplice e veloce per i propri figli, mariti o compagni. La scelta è ricaduta volutamente su dolci alla portata di tutti e che non richiedono l’uso di strumenti introvabili.

– Nel libro ogni ricetta è accompagnata da una fotografia che ritrae il dolce preparato e da passi scelti di alcune poesie. Com’è nata l’idea di inserire dei versi in un libro di cucina e quale criterio hai seguito nella loro scelta?
– Penso che questa idea fosse da sempre dentro di me, per il legame intimo e viscerale che ho con la poesia. Più che leggere i versi, io li vivo. Se un passo mi colpisce, lo stampo, ci disegno sopra, lo regalo agli amici: ne faccio un interscambio di anime. Per farti un esempio del mio modo di vivere i versi, mi ricordo che un giorno lessi una poesia di Hermann Hesse e persi proprio la testa. Avevo le farfalle nello stomaco, una vera e propria sensazione d’innamoramento… Non dormii per due notti!
Quando iniziai a lavorare al libro, la prima idea fu quella di accompagnare le ricette con qualcosa di spiritoso che rallegrasse i lettori. Poi, con il tempo, maturai una decisone completamente diversa: raccontare, attraverso la poesia, il mio mondo interiore. Proposi ad Aldo di scrivere qualcosa insieme, ma il tempo non era mai abbastanza e mio marito non era pienamente convinto. Abbandonai allora l’idea, e scelsi di inserire versi di altri autori, ma che rappresentassero la mia indole e il mio modo di sentire: cercai poesie intense ma anche leggere, malinconiche ma non troppo, perché io sono proprio così… un po’ contraddittoria e, come dicono i miei amici, “ottocentesca”. Questa è la storia delle poesie della prima edizione. Lavorando poi alla nuova versione del libro, avvertii subito l’esigenza di sostituire alcuni testi. Negli anni trascorsi, infatti, molte poesie sono passate nella mia mente; parole, immagini di cui mi sono innamorata. I nuovi versi sono sicuramente più attuali e rappresentativi dell’Antonella di oggi, ma il filo condutture è rimasto sempre lo stesso: la mia anima dalla vena malinconica e allegra allo stesso tempo.

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– C’è una poesia alla quale sei maggiormente legata?
– No, non ce n’è una in particolare, anche se ovviamente ho i miei autori preferiti, come Pessoa o Frida Kahlo. Però non potrei mai sceglierne una tra le tante, perché le poesie del libro sono tutte legate l’una all’altra in modo indissolubile. Costituiscono un percorso di vita, sono la mia trama interiore.

– Le foto, invece, come sono state realizzate?
– Quella delle foto è una storia davvero avvincente. Mi ero rivolta a vari professionisti del settore, ma quando vidi i risultati pensai: «Qui siamo davvero nei guai!». Le foto erano troppo costruite e io desideravo qualcosa di più semplice, naturale. Poi a risolvere il problema fu il mio amore per le piante: un giorno, dalla cucina della mia casa, mi affacciai al balcone, vidi la pianta di Fuchsia e subito la associai al budino. Allora mi dissi: «Basta! Ora provo io!». Sistemai il dolce su un piatto, lo adornai con i fiorellini della pianta e scattai la prima foto in cucina, ma non rimasi pienamente soddisfatta. Poi notai la luce straordinaria che c’era fuori, erano circa le sei e mezzo del pomeriggio. Andai in terrazzo e cominciai a fare le foto: era luglio, con un caldo terribile e sai… i dolci non erano finti. Dovevo affrettarmi a decorare il budino, portarlo in terrazzo e fotografarlo sfruttando la luce giusta.

– Quanto tempo hai impiegato a fare tutte le riprese?
– Circa una decina di giorni. All’inizio fotografai i budini con tutto ciò che avevo nel mio balcone, poi gli amici mi regalarono piante di vario tipo. Girai anche tutta la città tra mercati di ogni genere alla ricerca di fiori particolari, non banali, ma non riuscendo a trovare ciò che cercavo mi rivolsi infine al fioraio più caro di Palermo.

– Antonella, siamo alla fine della nostra chiacchierata. C’è qualcosa che vorresti aggiungere?
– Sì… Vorrei dire che tutto nella mia vita sembra nascere senza un motivo preciso. Poi però, riflettendo, mi rendo conto che il filo conduttore è sempre lo stesso. Questo libro mi emoziona e mi rappresenta. È come se fosse il compendio della mia vita: in questo libro ci sono io, proprio come sono io.