28 Ott 8 agosto – Passaggi di pioggia a Piglio, Piero e Rosa
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È ora di tornare verso il mezzogiorno, mentre qui al Nord i primi giorni di agosto passano insieme al sole incessante e il viaggio da affrontare mi preannuncia sudore e sopportazione.
Ma sono tratti continui da vivere un pezzo per volta, da Brescia a Pisa, da Pisa a Roma, da Roma alla stazione di Anagni-Fiuggi. Rivedo il litorale tirrenico, le Alpi Apuane, i pini marittimi. A Pisa ci sono un paio di ore d′attesa e percorro le vie del centro in cerca di pane. I turisti portano per mano le borse di plastica ricoperte da scritte di negozi di città, nomi che l′abitudine riconosce, tanto sono uguali di regione in regione, sempre gli stessi; nomi che oggi più di altri rappresentano e dicono “ben arrivato nel centro della città”Qualche mendicante e artista di strada e un′ombra di palazzi che trattiene una parte di sole. Vado a caso, non ho cognizione degli spazi, e la probabilità di incontrare un forno aperto a quest′ora è più pensiero che realtà.
Eccolo infine un piccolo vecchio forno pisano, sono rimaste ancora poche forme di pane e me ne porto una lungo il marciapiedi di una via laterale dove mi siedo sul cemento adombrato e mastico il sapore del grano.
Sul binario numero otto il treno per Roma è fermo, le porte ancora chiuse e qualche americano si aggira lungo la linea gialla vicino alle carrozze.

Poi si parte e ricomincia lo scorrere, dalla finestra, del viaggio.
Il lento ingresso nella stazione di Roma Termini che sembra farsi sempre più lento e non trovare pace così come la lunga camminata per arrivare al principio dei primi binari tra gente vestiti sguardi, il movimento confuso dell′attesa e della ripartenza.
Dagli altoparlanti mi raggiunge la parola Fiuggi-Anagni seguita dalla parola ritardo imprecisato e nubifragi. Il cielo fin qui è stato netto e l′aria assai calda e se da un lato la parola ritardo mi demoralizza dopo il lungo viaggio da un altro il pensiero che da qualche parte sia piovuto con forza e disperazione mi dona un fresco sorriso. Che sia giunto laddove l′estate è tagliata dal coltello del tempo e delle stagioni? Proprio qui e adesso dove sta il mio passare. Mi sono sentito spesso, lungo il cammino, accompagnato da una presenza vaga e circostante, che a tratti, per necessità o casualità, ha assunto forme e movimenti in grado di commuovere e arrestare il passo incessante del viaggiatore; come se la natura volesse dialogare con il divenire scelto da un individuo e portare i propri segni tra il giorno e la notte, i suoni e i colori tra le immagini guardate dai suoi occhi.
Il treno per Anagni è miracolosamente pronto al binario mentre la voce distorta continua ad annunciare ritardi imprecisati lungo la linea Roma-Cassino. Chiamo Piero ed anche la linea telefonica sembra soffrire le condizioni meteorologiche. Capisco che ha piovuto ma nulla di grave poi cade la comunicazione e il treno parte per davvero. Beh, sarà un pezzo di ultima tappa privo di certezze.
Il cielo romano da una parte si è fatto bluastro, duro, come se avesse dentro una forza inespressa e inagita. Sui Colli Romani si vede il bagnato tra una stazione e l′altra i primi vigneti.
Valmonte. Cadono le ultime gocce del piccolo diluvio. L′aria è quasi fredda e la luce altra cosa da quella di poche ore fa. Ho varcato l′ennesima soglia, o la natura mi sta accompagnando e ha voluto che le passassi attraverso.
Anagni-Fiuggi alla fine.
Il piazzale è bagnato e cade una pioggia leggera. Un piazzale da western metropolitano grigio e solitario e ancora carico di tensione ma inerme e impotente. Guardando le pozzanghere battute dalla pioggia penso al mio zaino e al suo contenuto, soltanto magliette a mezze maniche e un maglione leggero di cotone e pantaloncini, già, ci metto tanta leggerezza nel preparare le partenze, del resto, perché appesantirle in eccesso?
Pochi minuti ed arriva Piero e il respiro mi scalda dentro.
Ha iniziato a piovere quando siamo andati a ritirare la macchina dal meccanico. Ci voleva quest′acqua per la campagna.
Sì, ci voleva davvero.
Riscopro il paesaggio del frusinate nei pressi di Piglio che due anni prima avevo visto per la prima volta durante il viaggio appenninico. Allora ero sceso dal rifugio ai piedi del Terminillo fino a Rieti e di lì avevo raggiunto il paese in autobus. In un bar avevo chiesto indicazioni per la Visciola ricevendo in cambio sguardi interrogativi e visi dubbiosi. Poi faccio il nome di Piero e tutto si acclara e mi portano in auto fin alla casa. Suono dove c′è scritto Macciocca, nessuno risponde. Un uomo e una donna mi chiedono chi stia cercando e conosco così i genitori di Piero e mi metto ad aspettare nel cortile d′agosto, lo zaino posato su di una panchina.
Ora la campagna è umida di acque e ci stiamo muovendo verso Villa Priore dove ci attende Rosa e la preparazione della cena.
Stasera facciamo due braci per la carne, una serata tranquilla.

Saluto Rosa e nel mentre comincia a piovere sempre più forte. Lampi e scrosci violenti e noi a guardare fuori e a controllare le previsioni per i prossimi giorni.

È solo un temporale, quando smette prepariamo la legna per il fuoco.
Nella legnaia aiuto Piero a raccogliere i pezzi da bruciare e il fuoco prende cammino. Intanto prepariamo la tavola nel cortile tra gli alberi e il cielo aperto all′aria gradevole della prima pioggia d′agosto. Tovaglia, piatti e posate, il pane di Genzano, un′insalata con le verdure e la cipolla dell′orto e due bottiglie di Cesanese 2012. Quello della vigna detta Vignali e il Cesanese della Mozzatta.

Finalmente ci sediamo ed il tempo del dopo acquazzone si rasserena di parole e le parole di profumi in uno scambio benefico tra dentro e fuori secondo il ritmo armonico della convivialità.
Che il vino non sia solo vino, che una cipolla cruda scenda giù senza attriti o ributtanze, che una terra sia messa nelle condizioni di ridare cose integre e assimilabili dall′anima lo sento dalle pieghe delle labbra che tendono al sorriso mentre scambiano un dialogo.
L′anno 2012 è pieno di luce, elegante e materiale. Piacere di frutta morbida e acidula tra i filari di vigna Vignali, corale e severo nell′aspetto di un uomo maturo che sa scrollarsi di dosso il peso del tempo nella vigna di Mozzatta.
Sono due espressioni di una stessa uva che ha per madre terreni vicini e già diversi. Fare un passo su questo mondo è come saltate da un′epoca all′altra attraversando milioni di vite, di morti, di silenzi ed esplosioni.
In quello che restituisce la terra forse c′è tutto questo, quando la terra è libera di esprimersi per quello che ha vissuto.
Di tanto in tanto mastico un pezzo di pane e ripenso al pane masticato sul marciapiedi di Pisa. Ciò che ho tra i denti ora è un alimento umido di legna bruciata, di cenere che si attacca al palato e passa leggero lasciando il posto ad altro senza farsi dimenticare.
Dopo un tratto di intensità vissuta sistemiamo le cose e ci salutiamo per la notte.
Passiamo a prenderti domani e andiamo a raccogliere le nocciole per il dolce di Natale, il panpepato di Piglio.
Buona notte allora. A domani.
Villa Priore torna in un buio silenzio, nel sottoscala accanto al letto-divano stanno assieme le bottiglie doppie delle vecchie annate e mi addormento in un tempo trascorso di temporale, di immagini ritrovate, ricercando quella sonora presenza di tarlo che ancora ricordo della notte lontana due anni.
E si vede che quei tarli se ne sono andati altrove. Il sonno si è disteso limpido fino alle cinque e qualche minuto. Sul tavolo afferro qualche acino grosso di uva da mangiare e inizio a vestirmi. Fuori l′erba è umida, nemmeno una nuvola in cielo.
Arrivano Piero e Rosa e partiamo per la raccolta delle nocciole.
I primi alberi sono tra gli ulivi di un campo. Un pezzo di terra segnato da confini invisibili tra eredità di famiglia e vicini.
Prima di poter passare su questa strada che divide le proprietà dovevamo portare a mano fin qui le olive raccolte. Ecco i noccioli.

Iniziamo a cercare tra i rami e le foglie guardando in alto. Poche nocciole su questi tre alberi, nemmeno riempiamo il secchio. Ci spostiamo verso Mozzatta. I filari di Cesanese, le piante di frutti nella continuità del filare. L′uva ha iniziato ad invaiare lentamente. Qualche grappolo di uva Bellone. Uva autoctona, ci si potrebbe fare un vino rifermentato…

Qui le nocciole abbondano in pianta e più volte si gira attorno all′albero per completare la raccolta.
Il primo sole illumina il giallo della Passerina.

Rosa mi mostra una pianta di vite colpita dalla fillossera, ne tocco una foglia.

Intorno le colline che precedono di poco gli appennini. Mozzatta è un vigneto circondato da siepi di rovi e piccoli alberi, qualche balla di fieno e distesi ricacci di vigna selvatica.
Due anni fa, questo, fu l′ultimo vigneto dove Piero mi portò. Il pezzo di terra per lui più emotivo vuoi per la conformazione in leggera pendenza, per ciò che c′è attorno e le vite vissute.
Il suo vino è, per quanto abbia sentito, quello che reca più orizzonti e che poggia solido proprio come le grosse spalle di Piero che poggiano assieme al suo corpo che cammina a Mozzatta.

Prima di muoverci accanto ad una casetta per gli attrezzi un pergolato di uva Pizzutello, l′acino allungato in una forma giocosa.

La prima mattina trascorre passeggiando per i due restanti vigneti della Visciola. Vignali e Ju Quarto omonimi cru del Cesanese prodotto.
Torniamo verso il paese. Nella casa dove c′è la piccola cantina dell′azienda il padre di Piero attende al pentolone
dove stanno I vasetti del pomodoro passato.
Seguo Rosa nell′orto a raccogliere le verdure per la pasta del pranzo poi con Piero facciamo due passi per le strade di Piglio. Nella sala comunale i quadri dell′amico Piero Ricci che ha adattato l′immagine di Vincenzo, il padre di Rosa, intento a zappare, ora fermo e evocatore nelle etichette del Cesanese.


È una domenica di paese ciociaro, parenti lontani che tornano per la festività alla terra natia, uno scorrere lento e familiare di saluti e sensi di appartenenza più o meno sentiti.

A Villa Priore Rosa sta preparando le verdure, Piero la aiuta e con le fette di Genzano rimaste si mette a sfregare i pomodori per le panzanelle.

Apparecchiamo nel cortile nonostante il cielo inizi a scurirsi. Come ieri due bottiglie, oggi di Passerina. Donna Rosa del frusinate 2013 e 2014.

Il pranzo è la semplicità di stare all′aria aperta, una panzanella e una forchettata di pasta e verdure, un sorso di fresca Passerina e poi un altro. Un vino che porta in superficie i tratti freschi e minerali di una terra senza peso senza gravità. Un pò come Rosa, apparentemente in disparte, raccolta ma sempre a far sentire una delicata presenza e una voce di bastevoli e chiare parole.
Alla fine del pasto si fa vivo il temporale e facciamo a tempo a riportare le cose al coperto per berci un caffè e mangiare un biscotto di anice che già inizia a schiarire.
Bene, facciamo due parole allora.
Dove vuoi che andiamo?
Torniamo fuori se ha smesso di piovere.
C′è ancora qualche goccia ma possiamo andare sulla panchina sotto l′albero.
Andiamo.
E parliamo degli inizi. Rosa e Piero stanno seduti vicino mentre il vento trascorre con le nostre parole e qualche tuono al di là delle pendici di quota mille accompagna il temporale.
A sedicianni già facevo i solchi nella vigna. Ci andavo in moto e i miei mi gridavano “vai via!”.
La voce di Piero esce forte dalla gran cassa del suo corpo, non ci sono mezze misure, dice schietto quello che pensa e la ruvida schiettezza è intenerita da un sorriso che fa ancor più risaltare le parole.
Rosa lo guarda, a volte seriosa, e risponde con voce sottile come a placare l′esuberanza dell′uomo.
È un momento di natura in movimento che ricorderò a lungo, là, sotto l′albero di Villa Priore nei riverberi di un temporale acquietati dalle passioni di un uomo che abbraccia una donna e dai loro sorrisi.
Poi è tempo di riposo.
In paese è stata organizzata una serata con alcuni produttori di Cesanese. Non ci saranno altri che gli stessi produttori e due, tre amici. Si discute della mancata partecipazione degli abitanti, della poca curiosità, della paura ad affrontare situazioni nuove e diverse. E si beve. E si parla di vino naturale o meno. Si lascia il terrazzo con un pò di tristezza e con qualche convinzione ribadita dall′esperienza. L′aria è bella fresca quasi fredda. Piero e Rosa mi accompagnano a Villa Priore per l′ultima notte. Domani è lunedì e la settimana lavorativa riprende il suo corso. Piero passa a prendermi alla 5 e qualche minuto per accompagnarmi alla stazione di Anagni. Lui poi prosegue fin dentro la capitale come fa da tanti anni ormai, da quando è diventato geometra. Tornerà a dedicare il tempo alla vigna più tardi verso sera e il sabato e la domenica.
Nel frattempo c′è Rosa, la sua costante presenza. Io, per mio conto, procedo il cammino e mi allungo verso meridione, verso un confine irpino.
