Il Montepulciano nelle Marche - Porthos Edizioni

Il Montepulciano nelle Marche. Un romanzo di formazione (o un’opera aperta)


Gli attimi bisognerebbe lasciarli così come si sono vissuti, mai tentare di ripeterli, di riviverli.
 (Heinrich Böll, Opinioni di un clown, trad. it. Amina Pandolfi, Mondadori, Milano 2001)

La mattina di domenica 18 maggio, ad Ascoli Piceno, presso il Palazzo dei Capitani del Popolo, si è svolta la degustazione riservata ai Montepulciano delle aziende del Consorzio Terroir Marche.
Ho riletto il reportage su Porthos 21 dedicato ai rossi delle Marche, ho riascoltato la registrazione dell’evento, ho rispolverato le parole, le note e i disegni. La distanza amplia i ricordi, ma li condensa anche.
Rimane l’essenziale.

Il Montepulciano nelle Marche - Porthos Edizioni
foto di giuseppe squillacioti

Rimangono le premesse virtuose di Terroir Marche, un gruppo di vignaioli che «non ha scopo di lucro si prefigge la promozione e la valorizzazione della vitivinicoltura biologica/biodinamica marchigiana, la difesa del territorio e dei beni comuni, la diffusione di culture e pratiche per una economia sostenibile e solidale» (dall’articolo 4 dello Statuto del Consorzio Terroir Marche).
Rimane la speranza che vada avanti.
Rimane, per fortuna, la fisionomia poco unitaria dei vini.
Rimangono i modelli, ineluttabili e rassicuranti.
Rimangono i tecnicismi che ammansiscono l’incompletezza; il vino imbrigliato, l’energia sommessa.
Rimangono le gabbie e l’incoraggiamento a evadere.
Rimangono realtà da ascoltare, “gioventù in vigna, in cantina e nelle bottiglie”, scriveva Alessandro Zamboni qualche giorno dopo…
Rimane il “principe” Montepulciano attraverso le parole sofferte di viticoltori, esploratori, curiosi consumatori che vivono le dinamiche del vino marchigiano: «Un grande vitigno, difficile, rustico, burbero. E i vini del Conero che, oggi, nessuno vuole? Il Piceno sì che sta andando forte!».
Rimane la bottiglia che comprerei e che non deve rimanere. Deve finire e mi permette di immaginare il cibo.
Rimangono Nocenzio 2009 La Distesa, Barricadiero 2006 Aurora, Offida Rosso 2012 Valle del Sole, Marche Rosso 2013 Pievalta. Vini pieni di riferimenti, anche eccessivi come quello di Valle del Sole, magari disorientano e sorprendono come il Nocenzio che ha il 40% di Sangiovese.
E rimane, infatti, il Sangiovese, ieri il migliore compagno del Montepulciano, per un po’ abbandonato per la sua originalità. Tornerà a essere il fratello di sangue? Potremo vederli finalmente riuniti, l’uno salvifico per l’altro?
Rimane un’opera aperta, il romanzo di una continua formazione.

1. Marche Rosso 2013 Pievalta
2. Pienomonte 2010 PS Winery
3. Boccascena 2010 Pantaleone
4. Nocenzio (montepulciano 60% e sangiovese 40%) 2009 La Distesa
5. Philumene 2010 Vallorani
6. Offida Rosso (montepulciano 85% e cabernet sauvignon 15%) 2012 Valle del Sole
7. Ser Balduzio 2006 Fiorano
8. Barricadiero (montepulciano 90% e cabernet sauvignon 10%) 2006 Aurora