08 Nov A Lucio
di Sandro Sangiorgi
È morto Lucio Canestrari, un nostro amico e, assieme alla sua famiglia, tra i principali sostenitori di Porthos. Prima di lasciarvi a un ricordo scritto da me, vi segnalo che potete scaricare l’intervista che facemmo a lui e a sua moglie Fiorella nell’autunno del 2000 per Porthos numero 4. Inoltre, qui di seguito potete leggere la sua risposta a un mio articolo uscito in coincidenza con la pubblicazione del decalogo di Vinnatur. È un frammento piccolo ma significativo per intuire chi è Lucio e perché il suo contributo è così importante.
«Sto perdendo un’occasione per tacere, è che il mondo non lo cambio ma posso vivere la mia vita cercando di cambiare intorno a me. La mia certificazione è la coscienza e l’intelligenza che si chiama diligenza del buon padre di famiglia, forse ho orizzonti troppo minuti e personali o forse non mi piace stare in gruppo e obbedire a regole, preferisco godermi il diritto di scelta e responsabilità. Non amo i dogmi e confido nel libero arbitrio. Se le pratiche hanno un senso diventano manifeste ed acquisiscono verità. Quello che andrebbe certificato è tutto il contrario ovvero i residui e gli additivi. O più semplicemente non essendo diventato biologico nel 1992 perché tacciato di essere chimico perché utilizzavo l’idrossido di rame ed essendo contento di essermi evitato tutte le rogne relative, ho fatto la mia strada per me e la mia famiglia, per vivere in un posto più abitabile e ospitale. Tra l’altro seguendo la politica e i sindacati dall’età di 15 anni sono stufo e mi dedico all’undicesimo. Un saluto».
Lucio. Amico mio.
Quante volte abbiamo scherzato su chi se ne sarebbe andato prima, immaginando per ciascuno una fine surreale, magari senza troppe sofferenze, ma che facesse parlare. Lucio. Sei stato una guida amica per due generazioni di produttori, vicini al Coroncino, a Staffolo, e non solo. Non hai mai rifiutato un consiglio, un confronto, non ti sei mai risparmiato; anzi, è riconosciuto – quasi proverbiale – il tuo modo generoso che, insieme alla schiettezza, lasciava il segno. Queste poche righe non sono sufficienti a contenere ciò che sento, che, del resto, è in gran parte indescrivibile per me, e voglio che resti lì, protetto. Non voglio parlare di vino, del vino che tu e Fiorella prima e poi con tutta la famiglia avete prodotto in quarant’anni. Non perché non sia importante… Anzi si può dire che è quello che conosco meglio al mondo, per quante volte l’ho affrontato e bevuto con gli allievi e le allieve dei miei corsi. È che il vino diventa “piccolo” di fronte alla grandezza dell’uomo.
illustrazione di Marcello Spada.
Lucio. Qui voglio ricordare che amico sei stato e continuerai a essere. Affezionato alla verità, tutta, scomoda e non allineata, dolorosa soprattutto per te. È il tempo di celebrare un uomo intero che, porca miseria, non doveva andarsene così presto. Mi consola sentire il potere del tuo spirito di ricombinarsi, il potere di tornare a tormentarmi, insinuandosi tra le mie parti per farle dialogare. E che diamine! Sarà la volta che impari.
Lucio. Sento la tua voce, si sovrappongono le mille occasioni durante le quali siamo stati vicini e mi accorgo che non ce n’è stata una uguale all’altra. Il vino era il mezzo, il resto dei discorsi ci aiutava a sentirci più vicini, soprattutto quando non eravamo d’accordo (quasi mai).
Lucio. Quanto ho imparato in quelle occasioni, mi verrebbe voglia di seguirti anche questa volta per vedere com’è dopo, per sentire com’è mutarsi in un’altra forma.
Lucio. Emanuela Conversano, un’amica che ti ha conosciuto di recente ti ha descritto così: «Una persona che mi ha dato tanto da pensare, anche solo attraverso la voce e i vini; disponibile, aperto nella sua riservatezza un po’ brusca, ma anzi proprio per questo elegante».
Lucio. Tra le cose più divertenti e indimenticabili ci sono le chiacchiere intorno ai nomi dei vini nuovi, le tue proposte spiazzanti, di cui era Fiorella la prima a cogliere il senso. Questo ricordo mi porta a un sentimento di vicinanza assoluta. L’impossibilità di essere seriali, l’esigenza di leggere il proprio lavoro accogliendo quello che arriva e dandogli una forma ogni volta irripetibile – e qui la necessità d’inventarsi un nome, un’etichetta, un abito. Quante sorprese sono uscite dalla Fattoria Coroncino, episodi di vendemmia che, nonostante il successo, non ci s’impuntava a ripetere a tutti i costi.
Fiorella, Gaia, Valerio, Fulvio, non posso condividere fino in fondo il vostro sentimento, semplicemente perché non l’ho mai provato. Non so come ci si sente a perdere un compagno e marito, un padre così giovane. Provo, ma non riesco. Per questo vi chiedo di perdonarmi e, nello stesso momento, di farmelo capire meglio che potete.
A voi e alle persone che avranno letto queste righe voglio dedicare un frammento di Rainer Maria Rilke che viene dalla raccolta 1907-1926 pubblicata da Einaudi, insieme a un brano musicale del gruppo U2, s’intitola “One Tree Hill”. Lo condivido in diverse versioni, ognuna con una sonorità originale, proprio come la voce di Lucio che riuscivo a tenermi dentro leggendo i suoi messaggi.
Idolo, dai Sonetti a Orfeo
Dio o dèa del sonno di gatto,
assaporante deità che nella buia
bocca schiaccia maturi acini d’occhi,
succo d’uva di sguardi addolciti,
luce eterna nella cripta del palato.
Non ninnananna, – Gong! Gong!
Ciò che gli altri dèi evoca, abbandona
questo dio rotto ad ogni malizia
al suo potere che in se stesso crolla.
Traduzione di Giacomo Cacciapaglia
https://www.youtube.com/watch?v=WfKhVV-7lxI
https://www.youtube.com/watch?v=Lp8ru3MpoBo
https://www.youtube.com/watch?v=H2kWgm-0xmM