Le declinazioni del Sangiovese

Dal 20 al 23 febbraio si sono svolte a Firenze, Montepulciano e Montalcino le anteprime riservate alla stampa dei tre grandi rossi a base sangiovese.

Assaggiare nel giro di tre giorni, nell’’ordine, una folta rappresentanza di Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino offre la possibilità di farsi un quadro esauriente delle tre massime espressioni del sangiovese di questi anni. Del resto, tutte e tre le Denominazioni in considerazione ricadono su territori di notevole estensione, dunque ci si aspetterebbe di ritrovare, all’’interno di ciascuno di essi, vini che presentano punti di contatto – magari soprattutto a livello strutturale – e di differenza, quest’’ultima maggiormente sul piano aromatico.

Solo che nessuna delle tre Denominazioni riesce a presentare sia punti di contatto sia differenze interne specifiche e sistematiche.
Infatti, mentre il Chianti Classico fatica a sfoggiare una fisionomia condivisa che permetta di identificarlo con sicurezza – si va dai vini scarichi nel colore ad altri addirittura neri, dalla franchezza floreale di viola della maggioranza dei campioni a note erbacee e iperfruttate di altri – il Vino Nobile di Montepulciano e il Brunello di Montalcino deludono un poco proprio al momento di trasmettere con precisione la sottozona di provenienza: entrambi, infatti, hanno acquisito una fisionomia ben delineata – terra bagnata, liquirizia e un attacco morbido nel Vino Nobile di Montepulciano; note di funghi, sigaro, foglie secche e un tannino serratissimo nel Brunello di Montalcino – ma nessuno dei due riesce ancora a esprimere i caratteri identificativi, le peculiarità aromatiche dei vigneti che questi vini “traducono”. Ad oggi, percepire una differenza chiara tra un Brunello della zona dei Canalicchi e uno di Sant’Angelo in Colle, tanto per fare un esempio, è quasi impossibile. Alla lunga potrebbe essere proprio questo il tallone d’Achille sia di Montalcino che di Montepulciano, soprattutto allo sguardo – ed ancor di più al palato – di quegli appassionati disposti a spendere le cifre, niente affatto a buon mercato, richieste dalle etichette migliori in entrambe le Denominazioni. Fatto questo preambolo, occorre dire che la settimana toscana ci ha offerto la possibilità di assaggiare parecchie cose notevoli, soprattutto a Montalcino.

Partiamo dall’ambientazione imponente ma un po’ tetra della Stazione Leopolda di Firenze e dunque dal Chianti Classico, che presentava i vini “base” 2005 e i “base” e le riserve 2004.
Frutto limitato soprattutto a centro bocca con tannini non particolarmente ruvidi ma “verdi”, struttura media e spettro aromatico floreale poco esteso: ecco le principali impressioni destate dai campioni di un’annata – la 2005 – che i produttori presentavano come discreta e invece è sembrata sotto la media. Le poche bottiglie buone faticheranno a maturare e soprattutto a trovare il giusto equilibrio organolettico.
Passando al 2004, la differenza qualitativa con l’annata precedente è parsa evidente: i vini entrano in bocca con una buona carnosità, per poi sfoggiare un tannino serrato ma maturo, e si difendono molto bene anche sul piano della complessità dei profumi. Le riserve, si differenziano soprattutto per strutture più larghe ma meno serrate e per profumi che troppo spesso virano verso sentori erbacei e vegetali, difficilmente riconducibili al varietale del sangiovese: l’impressione è che il carattere del vitigno si possa individuare più chiaramente nei vini “base”. L’annata comunque continua a dimostrarsi di tutto rispetto, con vini meno sfumati ma più potenti del 2001 (millesimo di riferimento per le colline poste tra Firenze e Siena).
Arriviamo al 2003, annata “sahariana” per eccellenza, testimoniata in maniera sin troppo fedele da vini carnosi e lievemente ridotti al naso, “asciugati” nel frutto anche se ancora sfaccettati: ora sembrano all’apice e si bevono con piacere, ma siamo piuttosto sicuri che non occorra aspettarli ulteriormente. Discorso simile per le riserve, dotate di più frutto e di ottima carnosità gustativa, ma in debito di quella complessità tannica che dà dinamismo al palato. La piacevolezza latita, ma chi cerca (e si accontenta di) vini vistosi troverà pane per i propri denti.

La splendida Fortezza posta sulla cima del centro storico ha accolto gli assaggiatori a Montepulciano e ben predisposto alla giornata riservata al Vino Nobile, con vini provenienti dal 2004 e dal 2003 per le riserve. L’estate 2004, fresca e a lenta maturazione, ha modellato un frutto di terra e sottobosco ben espresso, con belle sfumature aromatiche fatte di note naturalmente speziate di grande fascino. I vini hanno un corpo ricco, ma con un’acidità in lieve eccesso che trasmette una sensazione di “rigidità” e di durezza al palato e nella persistenza. Si tratta dunque di vini potenti e presumibimente anche piuttosto longevi, che però necessitano ancora di almeno tre anni di bottiglia per esprimersi al meglio. Dal canto loro le pochissime riserve 2004 assaggiate puntano sull’estrazione, con vini dunque molto densi, ancora più austeri, più cupi e meno floreali all’olfatto, ma meno rigidi nell’uscita di bocca. Per le riserve 2003 vale più o meno il discorso fatto col Chianti Classico: si tratta di bottiglie ancora più ricche al naso, con tannini maturi – nonostante la fama – ma talmente densi e serrati da “accorciare” il vino, frenandone la beva ed asciugandolo eccessivamente nel finale. Vini mastodontici a livello estrattivo ma privi di reale profondità, da bere ora e con possibilità di ulteriore miglioramento molto deboli, in quanto privi nella quasi totalità dei casi di sfaccettature al palato.

Passiamo infine a Montalcino, in una giornata primaverile che fa venir voglia di prendere la macchina e girare per vigneti (sempre più numerosi e non sempre posizionati in modo ideale, ma questa è un’altra storia). Ma il lavoro ci attende, e ci dirigiamo verso un’altra Fortezza, più grande e forse anche più bella di quella di Montepulciano, scelta per ospitare un numero di giornalisti lievitato rispetto ai giorni precedenti. C’era da aspettarselo, vista l’immagine sempre più forte del vino-mito e vista soprattutto la possibilità di assaggiare un’annata super come il 2001, perdipiù nella versione riserva. Un’annata che non ha deluso le attese, ed anzi ha regalato vini chiaroscurati e “langaroli”, profondi e sfaccettati senza essere ridotti, seriosi, con strutture sia larghe sia serrate e con finali veramente profondi: insomma, si tratta di una riuscita notevolissima che necessiterà di tempo, con vini che appaiono leggermente meno potenti ma addirittura più lunghi dei già eccellenti 1999.
Discorso molto diverso per i Brunello “base” 2002, annata sulla carta decisamente piccola (a causa di piogge che hanno funestato i vigneti nelle settimane prevendemmiali) e che non ha fatto nulla per contraddire la propria fama. Una buona fetta dei migliori produttori aveva deciso, dopo i primi mesi di affinamento in legno, di dirottare tutte le masse del Brunello 2002 sul Rosso di Montalcino. Il motivo si è percepito: i vini mancano di vera struttura, solo i migliori presentano un ottimo impatto fruttato, che suggerisce però un consumo a ridosso dei prossimi cinque anni. Vivamente sconsigliate attese decennali, vista la carenza di profondità che hanno mostrato un po’ tutti i campioni degustati. Intendiamoci: i migliori vini sono buoni, ma se il Brunello è un mito è di certo grazie ad altri motivi (e soprattutto ad altre annate).

Qui di seguito elenchiamo, per ogni tipologia ed in ordine di preferenza decrescente, i campioni che ci sono parsi più convincenti. Tutti i vini sono stati degustati alla cieca; i vini sono già sul mercato o usciranno a breve; i campioni da botte non sono stati degustati (visto che non ci interessa fare gli enologi). Buona ricerca e buone bevute a tutti.


Chianti Classico 2004

Riecine
Minerale, classico e pulito, di frutto appena limitato. Bocca di eccellente entrata e tessuto tannico che stende il vino nel finale senza asciugarlo.

Castello di Lucignano
Una nota di mandorla ed erbe officinali affascinante. La sapidità gustativa ed il tannino faranno felici i veri amanti del Chianti Classico.

Casanuova di Nittardi – Fattoria Nittardi
Giocato sui toni della semplicità e dell’eleganza, ha un sapidità che ne rende irresistibile la beva.


Chianti Classico riserva 2004

Tenuta di Lilliano
Riesce ad essere di forte immediatezza fruttata mantenendo una progressione vibrante.


Chianti Classico riserva 2003

Riecine
Note floreali di grande classe al naso, di misurata complessità. Bocca asciutta e fresca, sui toni dell’eleganza, di notevole e dunque inconsueta profondità per l’annata.

Vigna del Sorbo – Fontodi
Profumi molto belli, complessità vera. Bocca ricca e carnosa, splendidamente contrastata, con finale asciutto. Ha le potenzialità per migliorare nel tempo.

Rancia – Felsina
Cupo e “piemontese”, con note di terra e tartufo, liquirizia e minerali. Struttura più densa e serrata di tutti al palato, fruttato e ricco. Nel finale tende a perdere un filo di frutto e ad asciugarsi troppo. Un vino muscolare che dovrebbe invecchiare abbastanza bene.

Casaloste
Polpa e struttura in abbondanza, accanto ad un lieve debito di sfumature.

Felsina
Austero e asciutto, possiede la stessa fisionomia del fratello maggiore senza però sfoggiarne la carnosità fruttata.


Vino Nobile di Montepulciano 2004

Tenuta di Gracciano della Seta
Profumi quasi esotici dal timbro speziato. Non ha la complessità gustativa del vino superiore, ma la piacevolezza di beva è garantita da una notevole scorta di frutto “vero”.

Talosa
Profumi finissimi di terra e sottobosco che trasmettono un fascino sottile. In bocca è di estrema piacevolezza.

Le Casalte
Possiede uno spettro olfattivo incentrato sulle note fruttate del sangiovese pienamente maturo, ma la notevole tannicità richiede qualche anno di riposo in bottiglia.

Le Berne
Esprime vigore e classicità, accanto ad esecuzione tecnica non proprio da manuale. Molti i tannini da smaltire nell’uscita di bocca.

Boscarelli
Austerità e ancora austerità. Cupo e asciutto, vibrante e potente, in fatto di carattere supera tutta la concorrenza.

Palazzo Vecchio
Note floreali e di crisantemo si alternano in un vino elegante e composto. Finale untuoso e morbido.


Vino Nobile di Montepulciano riserva 2003

Riserva dei Mandorli – Romeo
Dinamico e chiaroscurato, la progressione e l’allungo finale sono quelli del vino di razza.

Boscarelli
Concilia struttura e vibrazioni, ma l’acidità eccessiva al palato frena lievemente la piacevolezza e ne copre in parte le note fruttate.


Brunello di Montalcino riserva 2001

Fuligni
Fresco, dolce, pienissimo e continuo, una bomba di profumi. Nel bicchiere alterna costantemente toni fruttati e speziati ad altri di sottobosco. La smisurata finezza gustativa non riesce a nascondere una struttura da fuoriclasse e una profondità eccezionale.

Ugolaia – Lisini
Primo a pari merito con Fuligni, ma di carattere nettamente più maschile. Di potenza assolutamente fuori dal comune, di abissale profondità olfattiva e mastodontica masticabilità. Un vino cupo e gagliardo, di mostruoso carattere e “scontrosa eleganza”, dal futuro certamente radioso.

Altesino
Su una base fruttata molto intensa propone profumi di funghi e sottobosco. Fine ed elegante, di eccezionale lunghezza gustativa.

Tenuta Oliveto
Alterna profumi di grande dolcezza ad altri più sottili ed austeri. Misura gustativa notevole al palato.

Innocenti
Toni floreali e giustamente evoluti anticipano un palato vibrante e succoso. Un grandissimo vino di stile classico.

Poggio al Vento 1999 – Col d’Orcia
La lieve – e certamente passeggera – velatura di riduzione non nasconde un vino giocato sulle sfumature, dalla struttura amplissima ma mai “sottolineata”. A livello di allungo finale gli stanno dietro solo Fuligni e Ugolaia.

Poggio Antico
Severo e minerale, profondo senza essere potente, è un vino dalla personalità molto decisa.

Valdicava
Nonostante un tocco di volatile, il vino mostra tutto il proprio carattere cupo e terroso, pieno ed ombroso. Bocca invece dolce e levigata, profonda, molto buona, dai tannini serrati che lasciano però spazio ad un finale “untuoso”.

Schiena d’Asino – Mastrojanni
Freddo nei toni speziati e minerali, ha un carattere “riservato” che può ricordare i Vino Nobile di Montepulciano di Poliziano. L’affinamento in bottiglia dovrebbe aprirlo a tonalità più solari.

Agricola Centolani – Tenute Friggiali e Piatranera
L’acidità in lieve esubero irrigidisce i tannini a centro bocca, ma il vino riesce lo stesso a distendersi e ad allungarsi nel finale. Anche qui la sosta in bottiglia è caldamente consigliata.

La Fornace
La nota di caramella mou che lo distingue non lo rende un esempio di tracciabilità, ma struttura e qualità dei tannini sono quelle dei vini di alto livello.

Il Palazzone
Nonostante la complessità e la definizione olfattiva non siano esattamente quelle del cavallo di razza, si distingue grazie ad un palato da sangiovese puro, vibrante. Addirittura strepitoso nella persistenza.