girasoli

Miniature di Gennaio 2014

L’ultimo numero della rivista
Il 2014 sarà l’anno di Porthos 37, l’ultimo numero della nostra rivista. L’intenzione è farlo uscire entro la fine della primavera. Inutile dirvi di più, viste le numerose promesse non mantenute.
Chi ci legge da un po’ sa che Porthos 37 chiuderà un trittico sui vini naturali cominciato con il numero 35. Sarà un’antologia di schede riservate a tutte le aziende che in questi anni hanno inviato i propri vini alla nostra attenzione. Ma non sarà solo un lungo racconto di degustazioni, avremo anche l’opportunità di trattare l’amato soggetto attraverso il confronto con alcune persone che condividono il nostro medesimo sentimento. Dopo questa esperienza la rivista si fermerà e, come ho più volte ribadito, se dovesse riprendere lo farà con nuove forma e sostanza.

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foto di giulia cerro

Porthos edizioni
In compenso proseguono i progetti della casa editrice. Dopo il libro di Antonella Sgrillo, Io riesco a vederci il sole, stiamo per consegnare in tipografia il primo volume di una nuova collana intitolata “Persone”, attraverso la quale narriamo la vita e il vino di alcuni produttori. Cominciamo con Emidio Pepe, una figura ben conosciuta agli enofili di tutto il mondo. È il resoconto della vita di un contadino che si emancipa imparando la viticoltura e l’enologia, e riesce nell’arduo compito di restituire, tramite la produzione di Trebbiano e Montepulciano d’Abruzzo, il sapore della campagna di Torano Nuovo, dove è nato e cresciuto. Nel libro, Alice Colantonio e Matteo Gallello narrano di uno straordinario uomo di marketing che custodisce e difende senza mediazioni la personalità inconfondibile, e talvolta controversa, delle sue bottiglie. Per comprendere i vini Pepe abbiamo bevuto cinquant’anni di Montepulciano e quaranta di Trebbiano, riservando all’ultima sezione del libro una struggente e quasi interminabile degustazione verticale. Si tratta di liquidi che non temono il tempo, anzi lo trasformano nel loro principale alleato per esprimere un potenziale di complessità quasi impercettibile in gioventù. Abbiamo capito cosa s’intende per “velluto del Montepulciano” quando si descrive la buccia dell’uva nera protetta dalle foglie del tendone abruzzese; abbiamo colto la ragione di un Trebbiano che, appena nato, si misura con la dura legge della bottiglia e nella sua evoluzione consegna la pura trasfigurazione di un vino bianco.

Gli apprendisti
Al ritorno da un viaggio a Parigi un amico mi ha portato un libro, per la precisione una graphic novel di uno dei più acclamati autori francesi, Étienne Davodeau. S’intitola “Les ignorants” e narra il percorso di reciproca formazione che il fumettista Davodeau condivide con Richard Leroy, un piccolo e prezioso vigneron della Loira. Il primo pensiero è stato contattare la casa editrice Futuropolis e chiedere se i diritti per l’Italia erano ancora liberi. Appena saputo che li aveva acquistati The Box edizioni, la nuova etichetta di fumetti e graphic novel del gruppo Fandango, ho pensato che una coedizione fosse la cosa più naturale da fare, sia per la qualità dei contenuti – la storia, il disegno, la sceneggiatura – sia per come è affrontata la produzione del vino. Il primo punto da affrontare insieme è stato il titolo. “Les ignorants” contiene dei concetti molto diversi, e più positivi, rispetto alla resa letterale nella nostra lingua, di rado virtuosa, a parte qualche chef che ama definire “ignorante” la propria cucina perché decisa nei sapori. Sebbene “Gli apprendisti” non riassuma interamente il significato francese, ma ne assimila un antico concetto di formazione realizzata attraverso la condivisione di una pratica. Ora stiamo traducendo il testo contenuto nei balloon, adattando al linguaggio italiano le espressioni enologiche della versione originale. Ma non solo. Con Sergio Rossi, che dirige la casa editrice bolognese, si è deciso di replicare il percorso di apprendistato, adeguandolo alle rispettive competenze: noi di Porthos stiamo imparando tutto il possibile sulla narrazione per immagini – Sergio è un insegnante eccezionale – loro hanno cominciato a tenere tra le dita il calice e stanno scoprendo il senso della degustazione. Racconteremo questo “diario del fare” su Facebook, così le persone interessate potranno avvicinarsi a un’opera originale ed educativa, capire se è possibile coltivare una propria individualità creativa nel mercato globale, senza demonizzarlo ma neppure uniformandosi a un gusto minimo comune.

2014
Mi rendo conto che non è usuale aspettare la fine di gennaio per fare gli auguri di buon anno. È accaduto che avevo preparato quasi tutto per i primi del mese, ma le cose non sono filate lisce. Spero che questo ritardo non diluisca troppo il senso del mio messaggio. Ho pensato di dedicare un biglietto a me stesso e condividerlo con le persone che frequentano il sito di Porthos. Nulla di eccezionale, un augurio di riflesso, la constatazione di un privilegio, un modo per non sentirmi troppo solo.
Se il 2012 è stato per me l’anno in cui ho potuto riscoprire la vita, il 2013 ha significato la nascita di una nuova consapevolezza nel rapporto con le persone. Il mio cammino è appena cominciato e molto devo fare, tuttavia la sensazione più bella è che il mio lavoro non sia l’unica fonte di relazioni. Non è più quel rifugio nel quale riporre tutto, per poi sentirsene schiacciati. In questo senso la pratica buddista mi ha aiutato moltissimo, soprattutto a vivere ogni evento come una possibilità, anche quando non sembra ci siano spiragli. Il dolore evidente e la sofferenza strisciante non sono spariti, quasi a ricordarmi quanto sforzo è ancora necessario, ma non riesco a lagnarmi, perché è vero che «ogni giorno è un dono» e si può fare sempre qualcosa per coglierlo tutto. Mi accorgo via via che è più breve il tempo impiegato a rialzarmi dopo un momento di debolezza e di sfiducia. Me lo merito io e se lo meritano gli uomini e le donne che entrano in contatto con me. Il mio comportamento determina il modo degli altri verso di me. È come se nutrissi l’ambiente che mi circonda: se i presupposti sono negativi, anche i risultati lo saranno.
Ho scritto queste righe il 1° gennaio 2014, pensando che potrei usare lo spirito di quella giornata per affrontare tutti i giorni che seguono. Non è facile, ma ricordarselo aiuta a stemperare la tensione e a guardare oltre l’apparenza del «tanto nulla cambia». Infatti non è così e provarlo dipende da me.
E tra le scoperte del 2013 ce n’è una più significativa delle altre. Per raccontarla uso un film al quale sono affezionato, “Caccia a Ottobre Rosso”, tratto dal quasi omonimo romanzo di Tom Clancy “La grande fuga dell’Ottobre Rosso”. Siamo nel 1984, in piena guerra fredda, la storia si svolge sotto il mare e all’interno dei sottomarini nucleari più evoluti. Diverse sono le scene indimenticabili, in una di queste è racchiuso un messaggio molto efficace. Manca poco all’epilogo, abbiamo assistito a un’appassionante serie di ribaltamenti di fronte, il comandante del mezzo sovietico Marko Ramius (Sean Connery) si ritrova a ospitare, all’interno di un ormai quasi abbandonato “Ottobre Rosso”, Bart Mancuso (Scott Glenn), che comanda il sommergibile americano Dallas, e Jack Ryan, analista della CIA, che ha intuito l’intenzione del russo di consegnarsi. Attaccato da un suo ex-pupillo, a capo di un altro sottomarino sovietico incaricato di distruggere l’“Ottobre Rosso”, Ramius contravviene al manuale di difesa e, invece di eludere il siluro, gli va incontro aumentando la velocità. Dopo l’iniziale e inevitabile stupore, Mancuso coglie il senso di quella manovra decisiva e dice: «Tattica di combattimento signor Ryan… andandogli incontro, il comandante ha ridotto la distanza prima che il siluro potesse armarsi». Affrontare un ostacolo senza esitare, non dargli il tempo di diventare più pericoloso. Ecco il significato che io leggo in questa scena.
Ora potreste chiedervi «che cosa c’entra col vino tutto questo?». Mentre scrivevo non c’ho pensato. Credo però che offrire queste righe mi aiuti a sentire più in profondità quello che faccio. Il vino e il cibo toccano la nostra sfera emotiva, trovo importante condividere le mie emozioni con le persone che continuano a leggere ciò che scrivo, a frequentare i corsi di Porthos e a considerarmi un riferimento credibile.

«Il nostro cuore cambia il cuore degli altri. L’amicizia cambia le persone. I viaggiatori che si coprono con il mantello e fanno appello a tutte le energie per affrontare il freddo vento, si rilassano e cambiano prospettiva e azioni quando sono avvolti dal calore del sole».
Daisaku Ikeda