27 Gen La memoria, lo scaffale e il Bordeaux
Saranno le imbarazzanti notizie dei giornali, saranno le intercettazioni impietose, il fatto è che, all’avvicinarsi del giorno della memoria, un cruccio mi tormenta. Si tratta di un libro, che non so più dove mettere. È un volumetto di centosessanta pagine, dal titolo Lo sterminio degli ebrei. L’autore, un noto politico ligure, è protagonista di uno scandalo che si protrae da mesi. Avrebbe, insieme con altri della sua fazione, sperperato i fondi che lo stato assegnava ai gruppi regionali per svolgere attività politica. Secondo gli inquirenti, l’ombrello della politica avrebbe coperto spese dissennate, sulla falsariga di quanto avvenuto anche in altre regioni italiane. Alle mutande verdi piemontesi e ai fuoristrada della regione Lazio, i liguri avrebbero risposto, tra l’altro, con profumi, modellini, tablet, cravatte e parecchie bottiglie di vino.
Queste ultime, in particolare, sarebbero riconducibili proprio all’autore del libro. Nel copia e incolla delle notizie online, spunta una certa preferenza del politico per i bianchi del Collio, ma le spese maggiori sono destinate al Bordeaux. Non è chiaro se si tratti di acquisti per consumo personale o di regali, secondo me l’ipotesi più probabile. Poco importa se chi riceve il dono è un esperto di vino oppure no, una cassa di Bordeaux fa sempre fare un figurone, più del Brunello. Torniamo però al mio cruccio, che è tutto qui: dove metto il libro, adesso? Fino ad ora il volumetto giaceva su uno scaffale che ospita libri sullo sterminio e sul totalitarismo. La mia libreria è organizzata a pelle di leopardo: ci sono spazi per la letteratura anglosassone e per gli autori di lingua francese, ma spagnoli, portoghesi e sudamericani li ho messi insieme, perdonatemi, così come cinesi e giapponesi, mentre i libri di temi economici confinano con guide turistiche e libri di teatro. E poi ci sono l’angolo della montagna, una sezione russo-slava, quella tedesca e un sacco di varie ed eventuali, cioè tutto il resto alla rinfusa. Oltre, ovviamente, all’area enogastronomica, che da sola vale due ripiani su tre file: guide, biografie, ricettari, romanzi e riviste, indirizzari, dépliant e via dicendo. Il politico in questione è uomo di cultura, espressione della società civile impegnatosi per dare un fattivo contributo alla collettività. Inoltre, è innocente fino a prova contraria, come tutti. Ciò non toglie che io provi un sottile disagio a lasciare il libro dove sta ora, accanto alle opere di autori come Primo Levi e Hanna Arendt, Hilberg, Meneghello e tanti altri. Quelle casse di bottiglie suggeriscono di avvicinarlo agli scaffali del cibo e del vino, dove tira un’aria più leggera, e poi la vita nei lager non prevedeva certo i Bordeaux. Resterebbe da stabilire a quali scrittori accostare il volumetto: al colto Veronelli, all’austera Jancis Robinson, alla frizzante Feiring? Al poeta Orengo? Non mi convince, potrei fare un torto a quegli autori seri che persino l’enogastronomia sa esprimere. Meglio sospendere il giudizio e, fintanto che lo scandalo impazza, sistemare il libro altrove, magari fra un atlante e un saggio di pittura. Ma in prima fila, in bella evidenza, per non dimenticare.