Miniature di Luglio 2012

La sentenza del processo di appello
L’emozione della notizia è stata pari a quella della vittoria nel primo grado di giudizio. I professionisti del diritto invitano alla cautela anche quando il successo appare certissimo, pensate noi che pur sentendoci dalla parte giusta avevamo diverse incognite da sciogliere.

Per comprendere i dettagli vi invito a leggere la sentenza dalla chiarezza adamantina, e l’intervista all’avvocato Gianluca Fera, il legale che ci ha seguiti nel secondo procedimento. Chi fosse all’oscuro di tutto, può recuperare la sentenza di primo grado e alcuni pezzi scritti nelle varie fasi della vicenda che iniziò nel settembre 2004 con la trasmissione Report dedicata al vino.

Dal mio canto vorrei dedicare una riflessione al ruolo del divulgatore e del critico enologico in questa fase di forte trasformazione mediatica e di crisi economica e sociale. Il fatto che la carta non sia più l’unico luogo dove esprimere opinioni o raccontare fatti, non significa abdicare al senso di responsabilità. Questo diventa indispensabile nel momento in cui si decide di pubblicare un pensiero e lo si mette a disposizione della comunità. Non si può mascherare la pochezza delle idee con la battuta ormai ricorrente «tanto serve per il web». E sul web si può “finalmente” mettere tutto, non importa verificare la fonte, la veridicità delle informazioni e la qualità dei contenuti, si fa sempre in tempo a dare una smentita o a piazzare un errata corrige, in fondo si era in buona fede… Ma prima dell’arrivo di internet eravamo incatenati da un regime mediatico che impediva di poter manifestare le proprie idee? Pubblicare le cose prima degli altri, correre dietro alle novità in maniera esasperata, soprattutto in un mondo piccolo come quello del vino, è veramente così utile alla conoscenza? Ricercare a tutti i costi qualcosa da dire grattando un barile ormai consunto significa fare informazione e partecipare alla vita del cittadino consumatore? Io amo il web e considero i social network un patrimonio, ho fiducia nell’ebook che apre scorci paragonabili alla sinestesia così cara a chi ama il liquido odoroso. A maggior ragione serve un forte senso di responsabilità. Tenere un blog non curandosi di seguirlo in prima persona non è dissimile dal ricercare a tutti i costi uno scoop per accattivarsi un immediato consenso; lasciare accesa una telecamera dopo aver promesso di averla spenta fa parte dello stesso modo di comportarsi di chi si cela dietro uno pseudonimo quando scrive cose che crede “scottanti”. Si chiama sciatteria e non è diversa da quella che in tempi diversi riempiva tanta carta in giornali di scarsissimo valore. E non è tutto. Il mondo del vino e del cibo non può prescindere dall’esperienza sensoriale diretta, da quella condizione di “qui e ora” sulla quale si stabilisce il principio di soggettività. Credo quindi che per sfruttare la rete e farne uno strumento di crescita sia necessario un maggiore sforzo creativo; dobbiamo inventarci un nuovo piano di partecipazione che vada al di là della condivisione di commenti buttati lì, che sembrano originali solo perché derivano da sensazioni appena provate; è un sogno unire il microcosmo di una comunità che degusta al macrocosmo di una comunità che segue, ma per ottenere il risultato la scrittura va usata con perizia, coraggio e verace emotività.

Mi rendo conto che queste righe possano apparire fuori tema rispetto al titolo della miniatura, tuttavia se penso alla vicenda della causa contro di me e contro Porthos intentata da Slow Food e da Gambero Rosso, sento che con un maggior senso di responsabilità da parte del redattore e della direzione di Report tutto questo non sarebbe nato. Invece, sin dall’inizio chi era incaricato di costruire un’inchiesta si mostrò più interessato a stupire che a generare valore ed educazione. Lo scandalismo che pervade quella puntata ne oscura anche gli aspetti positivi, ai quali avevo lavorato in prima persona. Ma certi errori si pagano e io, lungo tutta la vicenda, avrei dovuto seguire il mio istinto, invece che lasciarmi incantare dalle sirene di una visibilità così importante per la nostra impresa. Oggi, a quasi otto anni di distanza, posso affermare che ci è andata bene, soprattutto per ciò che abbiamo imparato dagli errori di allora. Ora speriamo che l’avvocato della controparte non ci costringa a un’altra causa… sarebbe un epilogo veramente diabolico!

Ricordi, Aldo Conterno
La consueta miniatura dedicata alle persone che non ci sono più si è arricchita di un altro amico. Ho conosciuto Aldo Conterno nel luglio del 1986. Era venuto a Bra a lasciare una bottiglia particolare, raccomandando a Petrini di aprirla con amici fidati. Si trattava di un Barolo 1939 rimasto in botte per trent’anni e imbottigliato nel periodo in cui Aldo stava dividendo la sua carriera da quella del fratello Giovanni. Secondo gli esperti, l’annata non era granché, eppure quella sera quel vino ci parve magico, sospeso ed etereo, un Barolo da conversazione. Eravamo nel cortile interno di via Mendicità Istruita, al numero 14, proprio sotto al Boccondivino; finita la cena d’inaugurazione dell’Associazione Arci-Gola, Petrini mi pregò di aprire la bottiglia. Subito mi colpì l’assenza di deposito, evidentemente Aldo aveva provveduto a prepararla perché era certo che la sottigliezza espressiva potesse essere oscurata dai depositi. Quando gli raccontammo le impressioni di quella notte, manifestò una felicità così grande da convincerlo a raccontarci di più. Secondo Aldo, quello era un Barolo perfetto, temeva però che tale delicatezza fosse incomprensibile ai più e che di conseguenza non sarebbe stata apprezzata, o peggio sarebbe stata considerata un limite. Il suo sogno era il vino dialettico di veronelliana memoria, ovvero il liquido che lascia aperta la nostra immaginazione e che si concede solo a chi aspira alla sua anima, oltre che al corpo. Successivamente, Aldo Conterno mi raccontò che la differenza di concezione produttiva era il motivo principale di distanza dal fratello Giovanni; quest’ultimo sosteneva l’importanza delle lunghe e intense macerazioni in grado di donare tannini vigorosi e resistenti, al contrario del nostro che aveva a cuore profumi soavi e una più rapida prontezza. Quando il suo amico Franco Martinetti gli dedicò una poesia definendolo «l’innovator cortese», Aldo aveva al suo attivo già numerosi esemplari del Gran Bussia, del Vigna Colonnello e della Vigna Cicala, tutti Barolo eleganti che risentivano sia dell’origine – la parte di Bussia della famiglia Conterno poggia su un terreno molto simile a quello di Barolo – sia di uno stile misurato, essenziale. In occasione di un articolo pubblicato su un numero della rivista Gambero Rosso dell’autunno 1992, cercai di ritrarre le principali annate del Barolo Gran Bussia, spiegando il sistema di ossidazione guidata messo a punto da Aldo per provocare una vera e attiva maturazione. M’impegolai nel profetizzare inutilmente affinamenti ultra decennali e persi di vista quello che emergeva come il principale messaggio: per essere buono, il Barolo non deve essere eterno, deve vivere ogni istante e, prima di morire, donarsi completamente.

Aldo Conterno se n’è andato il 31 maggio 2012; in memoria della nostra amicizia e dei numerosi momenti belli condivisi, voglio dedicare a lui e a sua moglie Gemma questa
breve poesia.

Alzati presto per seminare.
La tua donna dorme ancora,
lasciala dormire.

Soltanto con i frutti del tuo campo
puoi rivolgerti alla tua donna.

www.porthos.it
Questa è la prima di una serie di doverose comunicazioni di servizio rivolte a coloro che ci seguono con affetto e impegno.
La newsletter di luglio 2012 è l’ultima inviata dal sito così come lo avete conosciuto dalla primavera del 2008. Si è rotto un componente fondamentale della piattaforma su cui poggia www.porthos.it e siamo rimasti bloccati dai primi di maggio, visto che non è stato facile risolverlo. A settembre 2012 inaugureremo il nuovo sito che girerà su un sistema più agevole, a cominciare dall’organizzazione dei contenuti e dalla loro visualizzazione per arrivare all’invio della newsletter mensile, senza tralasciare la promozione dell’attività didattica, finora parzialmente nascosta dalle tante cose della nutrita home page.
Completata l’esperienza della rivista, il sito assumerà un ruolo fondamentale per continuare a coltivare l’indipendenza editoriale e l’amore che ci lega alla scrittura. Ciò non significa che staremo di più sulla notizia, la nostra lentezza è endemica e incurabile, tuttavia cercheremo di qualificare al massimo la narrazione delle esperienze, provando almeno a essere costanti e puntuali.

Porthos 37
Ci stiamo lavorando. Mi rendo conto che, come è accaduto in altre occasioni, non sono riuscito a mantenere le promesse, e di ciò domando scusa. In compenso la lunga attesa dell’ultimo numero di Porthos verrà premiata da un ottimo lavoro. Uno dei motivi del ritardo è il desiderio di assaggiare il più possibile, ma lo facciamo con i nostri tempi dilatati, così che ogni degustazione sia assimilata completamente e possa diventare un racconto all’altezza della consuetudine porthosiana. Intanto procede il lavoro di redazione che rispetta l’impianto annunciato sin dall’inizio: a ogni azienda che ha fornito i campioni sarà dedicata un recensione, nella quale riassumeremo le impressioni organolettiche e il relativo giudizio, con particolare attenzione per lo stile e il delicato rapporto tra forma e sostanza. La scheda in formato tradizionale sarà riservata solo ai vini più interessanti. Di questo gruppo faranno parte anche campioni che ci hanno destato perplessità ma la cui importanza nell’universo del vino naturale è tale da non poter essere ignorati, anzi saranno un utile parametro per spiegare meglio cosa amiamo. Porthos 37 avrà un lato iconografico e uno narrativo che sin d’ora lo rendono unico nella breve storia della nostra impresa. Inutile darvi un’ulteriore scadenza, posso dire che non sarà spedito prima della metà di ottobre 2012.
Continuate a fidarvi di noi, non ve ne pentirete.

Gli abbonati ai numeri successivi…
… verranno contattati con tutti gli strumenti a nostra disposizione e potranno decidere come usare il credito a loro disposizione. In ogni caso, chi è interessato a valutare sin d’ora la propria sottoscrizione, può rivolgersi a info@porthos.it o al numero 06/53273407 e riceverà un’adeguata assistenza.

L’invenzione della gioia
Abbiamo ristampato mille copie correggendo numerosi errori ortografici, credo la gran parte, sebbene proprio nei giorni in cui la nuova versione era in macchina ne ho scoperto uno clamoroso e quasi imperdonabile! Potrei indire un concorso per chi riesce a trovarlo, premiandolo con un po’ di vino buono… Scherzo, ma neanche troppo. Colgo l’occasione per ringraziare dell’appoggio e dell’incoraggiamento Edizioni Unicopli che dal 2005 distribuisce i nostri volumi nell’Italia settentrionale e che ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione dell’invenzione. Un pensiero speciale va a Luca Gabriele e a Luca Iorio che hanno contribuito a scovare numerose imperfezioni.
Le prime due sezioni, l’Approccio e le Parole, saranno tradotte in inglese e diverranno un ebook. Resisto alla tentazione di promettere una data e preferisco sottolineare che i primi fuochi di questa nuova avventura sono promettenti.