Miniature di Marzo 2006

Numerosi lettori e frequentatori del sito di Porthos ci hanno chiesto come mai ancora non abbiamo il “nostro” blog. La scorpacciata informativa non fa per noi, non sentiamo il bisogno di intervenire a caldo su ogni argomento scaturito dalla quotidianità. Preferiamo esprimerci dopo aver riflettuto e cercato riscontri, ovviamente con i nostri tempi. Ad ogni modo, se qualcuno vuole il nostro parere sugli eventi del mondo enogastronomico può chiedercelo espressamente, saremo felici di rispondere.

I berbenisti
Da poco meno di un anno è nato un gruppo di acquisto di bevitori consapevoli, i Berbenisti. Il mentore Luca Petrillo (iberbenisti@iberbenisti.org) si occupa di organizzare la raccolta dei vini, la gestione e la spedizione delle bottiglie presso le case degli associati. Ad aiutarlo in questa iniziativa è Fabio Zanzucchi, nostro vecchio amico e sostenitore di Porthos, che ha il compito di selezionare i prodotti.
L’obiettivo dichiarato è di assicurare vini sani a costi ragionevoli, per superare la diffusa mediocrità presente nella stragrande maggioranza dei supermercati e in numerose enoteche. Tra le premesse si segnala quella legata a una ricerca che vada oltre la fama mediatica del produttore, anche se questo non esclude cantine celebri; un’originale quanto preziosa promessa è quella di “disturbare” poche volte i fruitori del servizio attraverso semplici email contenenti le proposte. Il manifesto programmatico presentato da Petrillo illustra in modo trasparente la nascita del prezzo. Mi pare un bel modo per dare un segno a un mercato ingessato tra le strategie soffocanti della grande distribuzione e la pigrizia di numerosi enotecari. Questi ultimi si accontentano delle proposte guidaiole e da tempo hanno smesso di cercare. Non è detto che debbano esserci per forza novità, ma sono diversi i produttori che meritano di essere gratificati da compratori intelligenti.

Porthos e il post-consumo
Ci siamo sentiti in colpa. Abbiamo visto tutti quei cartoni, la massa di polistirolo e poi tanta plastica e una tale quantità di nastro adesivo che sarebbe bastato per impacchettare la sede di via Mantegazza. Da tempo non usiamo più l’alluminio per coprire le bottiglie delle degustazioni alla cieca, preferiamo sacchetti cuciti appositamente; il nostro senso ambientalista si è però fatto vivo quando la nostra cantina sembrava il centro di smistamento da post-consumo – così si chiama la gestione e il riciclo dei rifiuti. Non potevamo continuare così, avevamo bisogno di una pausa, dovevamo dare un taglio alla richiesta di vini che facciamo ai produttori per le nostre degustazioni. Così su Porthos 22 avete trovato una lunga miscellanea dedicata a bottiglie in nostro possesso o assaggiate durante i corsi di degustazione di “Porthos racconta…”, la stessa cosa avverrà sul numero 24 che uscirà in concomitanza con il Vinitaly e con le collaterali manifestazioni dedicate ai vini naturali.
Nel mentre su Porthos 23 trovate un primo articolo di approfondimento sul riciclo di bottiglie, cartoni e custodie di polistirolo (sempre più diffuse) per comprendere meglio dove e come finisce ciò che abbiamo consumato.

Mac, Intel e la tastiera Olivetti
Gli amanti del mondo Macintosh, il computer Apple, avranno seguito la vicenda della progressiva sostituzione del processore all’interno delle macchine della mela morsicata: dal mitico e quasi esclusivo Power PC si passa al Dual Core di Intel, la stessa industria che fornisce i processori ai computer del mondo Windows. L’ultima barriera che faceva sentire speciali i “Macisti” è caduta. Per la verità il percorso di trasformazione è cominciato da tempo, almeno da quando è rientrato Steve Jobs, fondatore della casa di Cupertino, dalla quale a un certo punto era stato allontanato. Recuperato il ruolo di CEO, una sorta di amministratore delegato con il potere del presidente, Jobs ha imposto un nuovo sistema operativo, ispirato a quello del mondo Unix, ha rafforzato il marchio Apple andando incontro alle esigenze di un maggior numero di utenti e riducendo in parte l’impronta specialistica che aveva contraddistinto il Macintosh fino alla metà degli anni novanta. La nascita dell’Ipod ha fatto il resto, visto che si tratta del più grande successo nel campo dell’elettronica sofisticata dai tempi della prima diffusione di computer IBM negli Stati Uniti.
Sono mille le cose che mi hanno fatto amare il Mac dall’inizio: la scrivania, i menu a tendina, l’eleganza grafica del sistema operativo e dei software collegati, la naturale protezione dai virus, la facilità di comprensione dei programmi e la possibilità di imparare lavorando senza sentirsi completamente impediti. Se alcune di queste cose sono divenute via via patrimonio di tutti, alcune cose sono rimaste una questione “privata”, qualcosa più di un affetto; ogni “Macista” ha la sua. La mia è la tastiera Olivetti, la meravigliosa tastiera “italiana” con i numeri alti attivabili col tasto delle maiuscole, la “è” al centro, la “m” a destra e la “q” in alto a sinistra… Ora mi dicono che questa tastiera non viene fornita più, non si può neanche acquistare a parte, hanno smesso di farla. Dicono per allinearsi alle esigenze della maggioranza.
Vi scrivo dal mio Powerbook G3 Pismo, con tastiera italiana, un morbido e sensibile tappeto di tasti, reattivo e docile, dal quale sarà difficile separarsi.