ALBA WINE EXHIBITION 2005

I veri amici

Maria Teresa Mascarello mi ha detto che il Barolo è stato scoperto dagli americani.
Sono stato a trovarla l’ultimo giorno di Alba Wines Exhibition: ero alla ricerca di qualcuno che mi spiegasse come, quando e soprattutto perché il mercato estero fosse diventato così importante per i vini delle Langhe. Avevo bisogno di capirlo perché di questo avevo sentito parlare ostinatamente durante le cene delle sere precedenti: sono tutti molto preoccupati perché il mercato e le esportazioni di conseguenza sono in crisi (ma questo già lo sapevamo), perché i tedeschi non hanno più un euro e perché l’euro per gli americani pesa troppo da troppo tempo.
Ho provato per la loro ansia una forte empatia: non tanto per la sostanza ma più per la forma della sua espressione. Contratti, orgogliosi, quasi offesi ancora prima che traditi, ho sentito una vicinanza naturale al loro conflitto mal celato con gli americani, gli stranieri per eccellenza, che per alcuni di loro rappresentano quasi tutto il mercato. Personalmente mi vergogno del mio antiamericanismo preconcetto, ma ho imparato a prendergli le misure ed è per questo che non mi sono fidato delle mie prime sensazioni ed ho continuato a chiedere, a fare domande. Volevo capire se si può essere gelosi del proprio vino, se si può discriminare il coinvolgimento emotivo del consumatore finale, se è lecito avere delle aspettative rispetto alla qualità del consumo. Volevo capire dove nasce “questo rapimento mistico e sensuale” di odio-amore che “imprigiona” il produttore delle Langhe al consumatore estero. Insomma volevo capire dove pensano di aver sbagliato, ammesso che sia così, e quanto stiano patendo l’essere passati un po’ di moda. Non è solo una questione di soldo, anche se é innegabile che ci abbiano investito troppo, ma anche una questione di dignità. Un sentirsi offesi perché il fascino delle potenzialità del mercato statunitense ha suggerito loro di trasformare, rendendola un po’ puttana, questa creatura così discreta e riservata quale è il vino delle Langhe, e ora in qualche modo la sta trascurando. C’è ancora dell’altro: avverti nelle loro parole il disagio di chi non vuole essere giudicato da chi non ritiene sufficientemente “competente” o forse semplicemente abbastanza vicino, ma con il quale però per convenienza ha condiviso l’idillio che aveva creduto eterno. E’ una questione di orgoglio, un imbarazzo nel riconoscere i propri errori. E’ in questo che li ho sentiti vicino.
Non ho avuto risposte, solo molti sorrisi amari.
Poi Domenico Clerico. Lui venderà il suo 2002 con un’etichetta diversa dal solito e senza obbligo di acquisto per chi vorrà prendere le sole annate migliori: anche le annate piccole devono camminare da sole. E’ una sfida, vuole contare gli amici perché quelli veri sono quelli che sanno ascoltare anche le tue fragilità, che non ti mollano mai.
Ma noi stiamo parlando di amicizia?

Alcuni dati

Per capire meglio lo sforzo fatto negli ultimi anni dai produttori e fotografare al meglio l’irruenza che ha avuto la forza del mercato nelle Langhe riporto di seguito alcune dati che ci ha fornito l’organizzazione della manifestazione (fonte Camera di Commercio di Cuneo Elaborazione Unione Produttori Vini Albesi -Albeisa-).
Tra il 1995 e il 2004 la superficie dedicata alla produzione di vino Barbaresco è aumentata del 42% (+200 HA), i proprietari delle aziende sono diminuiti del 9% (-39 ditte), la superficie media per azienda è aumentata del 56% (da 1,10 a 1,72 HA per proprietario), il numero di bottiglie prodotte è cresciuto del 65% (+1.575.333 bottiglie tra 1996 e il 2004). Nello stesso periodo la superficie dedicata alla produzione di vino Barolo è aumentata del 45% (+529 HA), i proprietari delle aziende sono diminuiti del 20% (-205 ditte), la superficie media per azienda è aumentata dell’ 84% (da 1,23 a 2,26 HA per proprietario), il numero di bottiglie prodotte è aumentate del 66% (+4.059.866 bottiglie tra 1996 e il 2004). Il Barbaresco si vende in 37 paesi: il 47,9% in Italia, il 25% negli USA, l’8,5% in Svizzera, il 4,9% in Germania, il 4,5% in Giappone, solo lo 0,7% negli UK. Il Barolo, invece, in 48 paesi: il 34,7% in Italia, il 14,4% negli USA, l’8,4% in Svizzera, l’8,6% in Germania, il 7,3% in Giappone, il 14,3% negli UK.

Questa concentrazione di potere e l’aumento di produzione hanno imposto in breve delle nuove regole di “confezionamento” del prodotto, trascinando nel vortice anche numerosi piccoli produttori con conseguenze per loro in prospettiva pesanti.

In ultimo, può essere utile riflettere anche su cosa i degustatori esteri cerchino nei nostri vini. Ho avuto modo di incontrare più volte in varie degustazioni un giornalista-importatore giapponese e di confrontarmi con lui sul modo con cui seleziona i prodotti potenzialmente interessanti per il mercato nipponico: l’opulenza è il criterio principe, ha bisogno di vini che si impongano nell’immediato, invadenti. Questa struttura circolare di rinforzamento reciproco dei vari attori del gioco è stata sicuramente una delle cause dell’aumento dei prezzi, dell’imposizione del gusto omologo ed ora della stanchezza del consumatore. Non è tutto qui e questa non vuole essere un’analisi esaustiva del problema, è innegabile che sia una parte della storia.

Gli assaggi

Sono stato due volte in Langa negli ultimi cinque mesi: è una terra misteriosa e sulla carta emotivamente molto lontana da me, di cui conservo uno splendido ricordo e una sana nostalgia. Un territorio dalle curve commoventi ed introverse, che chiede tempo e dedizione quasi vocativa prima di concedersi, senza poi mai farlo completamente, in tutto il suo splendore. Solo qui ho avuto modo di comprendere fino in fondo il reale valore della dedizione e della fatica che scandiscono la nascita dei grandi vini di questa terra.
Alba Wine Exhibition è stata per me l’occasione migliore arrivata nel momento giusto per approfondire questa conoscenza e per innamorarsi ancora un po’.
Nel corso della manifestazione abbiamo degustato un totale di 326 vini in cinque intense mattinate.
I produttori che hanno presentato i loro prodotti sono solo quelli associati all’Unione Produttori Vini Albesi, che utilizzano tutti la bottiglia albeisa: alcune certezze mi sono mancate.
Da parte dell’organizzazione c’è stata offerta la migliore accoglienza e il massimo della serenità per lavorare nel miglior modo possibile, ma abbiamo comunque degustato a una media di quasi 70 vini ogni 4-5 ore. Sono ritmi che non mi appartengono fisiologicamente (spero non mi apparterranno mai!) e che sono evidentemente penalizzanti per gli assaggi stessi. Le degustazioni sono state svolte in perfetta solitudine e quindi i giudizi sono del tutto personali e molto andrà verificato. Per questi motivi non troverete schede dettagliate sui singoli vini: mi sono limitato a riportare gli appunti delle cose che mi hanno coinvolto maggiormente.

Primo giorno: Nebbiolo d’Alba 2003, Roero 2002
Alla fine di agosto 2003 la somma del calore utile alla pianta era simile a quella accumulata a fine settembre 1997 e a fine ottobre 2002: ha fatto molto caldo e i vini di questa annata presentano spesso un’elevata gradazione alcolica e un’acidità bassa. Negli assaggi di Nebbiolo 2003 questa sensazione è stata abbastanza netta e a volte esasperata da un uso non attentissimo del legno.
Tra i vini assaggiati cito volentieri il Bricco San Giacomo di GIACOMO ASCHERI e Il Moncastello de LA CONTEA per il loro chiaro richiamo al territorio e la forte personalità. Di buon interesse sono risultati anche il Pinin di LUIGI PENNA E FIGLI, riservato e viscerale, e l’impeccabile, ma poco fascinoso, Valmaggiore di LUCIANO SANDRONE.

L’assaggio dei Roero 2002 è stato per me un test molto difficile. Una serie serrata di esempi di sopravvalutazione della forza espressiva delle povere uve. Vini dall’animo sottile corazzati da un uso del legno esagerato, vini vestiti per la festa con gli abiti larghi del fratello maggiore: non si fa per forza una bella figura!
Alcune cose interessanti le ho trovate tra gli assaggi di annate precedenti, assaggiate a fine giornata: vale la pena ricordare il Bric Paradis 1997 di RENATO BUGANZA e il Roero Superiore 1998 di MALVIRA’.

Secondo giorno: Barbaresco 2002
E’ stata questa un’importante occasione per testare la nuova annata in commercio del Barbaresco pochi mesi dopo gli assaggi fatti per la monografia pubblicata sul numero venti della nostra rivista. L’aver assaggiato un’annata così diversa dalla precedente mi ha dato la possibilità di apprezzare soprattutto la coerenza e la continuità stilistica di alcuni produttori. Un esempio su tutti è sicuramente il Barbaresco dei PRODUTTORI DI BARBARESCO, che con il suo 2002 ha dimostrato come si possa valorizzare al massimo un annata povera senza bisogno di mortificarla. E’ un vino esile, con note floreali lievi, che all’assaggio emoziona quanto può. Più che una conferma, una certezza.
Interessante l’eleganza e la complessità aromatica espresse dal Bricco Faset de LA SPINONA, dal Vigna del Casot di CARLO BOFFA, dal Barbaresco di RIZZI, da quello di RINO VARALDO e da quello dei F.LLI GRASSO. Vini ovviamente dalle sfumature diverse, ma accumunati dalla serietà del lavoro dei produttori. Vini essenziali come l’annata, rigidi all’impatto ma dotati di una buona capacità di offrire uno spettro aromatico ampio e coinvolgente di fiori macerati, mare, ruggine, ma anche radice e terra. Bocche mai lunghe e imponenti, ma di buona corrispondenza e sorrette da tannini onesti.
Tra le riserve segnalo con piacere le prove della Riserva Maria di Brun 2000 di CA’ ROME’, il contraddittorio Cichin 1999 di ADA NADA e del Campo Quadro 1999 di PUNSET, al quale, nella versione 2001 assaggiato nel corso delle degustazioni per la rivista, non avevo dato un buon giudizio.

Terzo, quarto e quinto giorno: Barolo 2001
E arrivò il giorno: 226 campioni di Barolo 2001 da assaggiare. L’occasione migliore per stringere ancora di più il giovane legame che mi unisce ora a questa terra. Sono positivamente intimorito dalla mole del lavoro e ho fatto di tutto per arrivare a questo momento nelle condizioni migliori. Gli assaggi sono divisi per zone: il territorio è ancora più vicino. Il primo dei tre giorni è dedicato ai comuni di Barolo, Castiglione Falletto, Novello e Verduno; il secondo a La Morra e Monforte d’Alba; il terzo a Serralunga d’Alba e ad alcune Riserve 1999.

Comune di Barolo.
VITTORIO CAMERANO è un piccolo produttore (30.000 bottiglie/anno) del Comune di Barolo. Nell’incrociare i dati delle degustazione alla cieca con i nomi dei produttori è stata una bella sorpresa ritrovare i suoi tre vini tra i migliori della degustazione. Il Barolo base 2001 è quello che mi ha convinto meno perché ho trovato il naso spostato su note fruttate intense un pò troppo mature, con una buona tensione all’assaggio retto da tannini fortunatamente ancora aggressivi. Eccellente l’armonia e la profondità olfattiva del Cannubi San Lorenzo 2001, di buona corrispondenza e intensità anche in bocca. Di grande impatto il suo Barolo Riserva 1999.
Altra ottima prova l’hanno offerta i vini di GIOVANNI VIBERTI. La zona di produzione è Vergne, una piccola frazione a nord di Barolo, a quasi 500 mt. di altezza. Qui le uve hanno tempi di maturazione più lunghi e sviluppano una ricca finezza aromatica che spazia dalla rosa e la viola a sentori ematici fino alla terra bianca. I vini di Viberti presentano tutti (ad esclusione della Buon Padre 1995 in uno stato di affinamento compromesso) una bella complessità olfattiva, all’assaggio una bella corrispondenza e un’acidità che nel Buon Padre 2001 è viva e nelle riserve Bricco delle Viole 1999 e San Pietro 1999 ancora presente e vigile.
Oltre questi produttori, della zona di Barolo voglio segnalare alcuni altri vini: Lo Zoccolaio 2001 di LO ZOCCOLAIO e i Cannubi 2001 di E. PIRA e FIGLI, del COMM. G.B. BURLOTTO, della TENUTA CARRETTA e di DAMILANO, i Cannubi Boschis e Preda Sarmassa di VIRNA BORGOGNO e il Ravera 2001 di ELVIO COGNO.

Comune di Castiglione Falletto.
I vini dei fratelli CAVALLOTTO hanno espresso una buona complessità aromatica unita a una vigoria non comune. Sono vini arcigni, che sanno sedurre con lentezza esprimendo una buona ricchezza olfattiva che va aspettata. In particolare mi riferisco alle due Riserve 1999: il Bricco Boschis Vigna San Giuseppe e il Vignolo.
Tra gli assaggi del 2001 mi hanno convinto in modo particolare i vini di ETTORE FONTANA (sia il 2001 che la Riserva Villero 1999), l’esile Vigneti Solanotto – Altinasso del CAVALIER BARTOLOMEO (cantina dalla produzione totale annua di 7000 bottiglie) e il Barolo 2001 della TENUTA MONTANELLO.

Comune di La Morra.
Il Vigna Arborina 2001 e il Castelletto 2001, prodotto con uve provenienti dalla zona di Monforte d’Alba, di MAURO VEGLIO hanno destato in me un distaccato rispetto. Forse poco coinvolgenti, ma sicuramente una perfetta esecuzione stilistica di stampo modernista.
I vini del comune di La Morra mi hanno messo spesso in difficoltà per quella ricercatezza di rotondità e prontezza che io non cerco nel barolo. Versioni di stampo più tradizionalista, meno immediate e a me più congeniali sono: il Brunate 2001 dei PODERI MARCARINI e il Barolo 2001 di AURELIO SETTIMO.
Mi ha colpito che non ci fosse nessuna bottiglia proveniente da questo comune tra le Riserva 1999 in degustazione.

Comune di Monforte d’Alba.
Quanto scritto sui vini di Veglio Mauro, vale anche per i vini di DOMENICO CLERICO e CONTERNO FANTINI, che meritano comunque di essere segnalati.
Essenziale e fascinoso il Gramolere 2001 dei FRATELLI ALESSANDRIA di Verduno: vino sopito, capace di sorprendere per l’evoluzione nel bicchiere con sentori sottili di acqua di rose in evidenza e un’avvolgenza equilibrata. Il Gavarini Vigna Criniera 2001 di ELIO GRASSO è un vino dalla splendida energia, moderno nell’impostazione, ma capace di coinvolgerti.

Comune di Serralunga d’Alba.
In evidenza il lavoro della cantina di PAOLO MANZONE. Il suo Meiame 2001 è più lieve del Serralunga 2001, ma sono entrambi vini che convincono per il loro comportamento generale.
Cito con piacere il Barolo 2001 di GEMMA, vino riservato che si fa aspettare, il Vigna Marenca 2001 di LUIGI PIRA, un vino affascinante al naso che pecca un pò nello sviluppo gustativo, e il Sorì Gabutti 1999 di GIOVANNI SORDO, aggressivo e caldo.

Comune di Verduno.
E’ doveroso per me scrivere dell’appassionato lavoro di Fabio Alessandria dell’azienda COMM. G.B. BURLOTTO. Il suo Acclivi 2001 in degustazione ha confermato, seppur con sfumature diverse, le belle sensazioni di complessità e territorialità provate durante la veriticale del Monvigliero fatta con lui in cantina in uno dei pomeriggi “liberi”. Ma questa è un’altra storia.

Varie ed eventuali.
Oltre questi assaggi, al termine della prima giornata di degustazione ci è stata data la possibilità di assaggiare alcune vecchie bottiglie di Barolo di diversi produttori. Tra queste ho un ricordo, per ora indelebile, del Barolo 1989 di GIACOMO BORGOGNO e FIGLI. Una bottiglia emozionante che, seppure a fine giornata, ha richiamato all’ordine e alla massima attenzione tutti i miei sensi: sono tornato in albergo felice!

Le istantanee

La prima mattina ho fatto colazione allo stesso tavolo a cui era già intenta, evidentemente già da tempo, una giornalista giapponese. Io avevo davanti a me una semplice tazza di tè verde da cui pendeva l’etichetta del filtro con disegni orientaleggianti; lei mangiava voracemente un panino con la mortadella, forse al tartufo, accompagnandolo con uno schiumoso cappuccino. Erano le 7,50 del mattino.

La stampa estera rappresenta quasi il 50% degli accreditati.
Gode della perfetta organizzazione e puntualità: qui nulla è lasciato al caso e non esistono tempi morti. Da buon meridionale, non ho potuto fare a meno di pensare tutti loro nella mani di una “mamma del sud”, il giorno prima diffidente per l’arrivo dei forestieri, poi soddisfatta dal piacere indotto e pronta ad esagerare.
Qualunque rigida organizzazione vacillerebbe sotto i colpi insistenti del suo accudimento, qualunque manifestazione dovrebbe rivedere il proprio programma. Troppe cose da mettere in discussione.

Abbiamo mangiato tanto e bene. Anche giovedì sera al Combal.Zero di Rivoli dove si festeggiavano i 10 anni di Alba Wines Exhibition. Lo chef ha avuto pietà di noi e ci ha preparato uno splendido menù che tutto avrebbe chiesto ad accompagnarlo meno che il vino delle Langhe. Cappuccino di pomodoro, affogato di merluzzo, ostriche virtuali, …
Noi abbiamo rifiatato e ci siamo purificati bevendo tanta acqua.

L’organizzazione e l’assistenza alla stampa sono tutte rigorosamente al femminile e abbastanza glamour per riuscire a tenere insieme orchi solitari, iene spiritate e tristi orsacchiotti di peluche. Sono state impeccabili e di grande pazienza, tanta pazienza. Noi non sempre cortesi e a modo. Così l’ultima sera, con la sensibilità di chi non vuole infierire sulla disperazione altrui, hanno tamponato con l’eleganza di un abbraccio l’irruenza della versione un po’ brilla di un giornalista che, nella frenesia dei reciproci ringraziamenti, ha pensato bene di chieder loro per il prossimo anno anche una prestazione da seducenti cubiste. In cuor loro immagino avrebbero preferito di gran lunga rifilargli una liberatoria ginocchiata nei coglioni.

Ricordiamo con affetto anche una materna redattrice che dispensava erronee lezioni di galateo della tavola, imbarazzanti confronti tra la pazienza dei produttori e l’ignoranza di alcuni giornalisti sorpresi a sorprendersi dell’illuminante rivelazione che le caratteristiche del vino sono conservate tutte nella buccia dell’acino, assaggiatori meteore in grado di testare anche 70 vini semplicemente apparendo per alcuni minuti nella sala e stomaci sopraffatti, il mio, dalla prepotenza olfattiva della troppa vicina fabbrica della Nutella.

Il pranzo è il momento in cui si scambiano le prime impressioni sugli assaggi. A tavola, da sempre, si fanno i migliori affari ed è così anche qui: si creano tendenze. I grandi politicanti sanno quale è il momento giusto per mettere in giro la voce vincente ed ecco che tutti oggi sono alla ricerca del vino perduto, rispettoso del terroir. Diffidate dalle imitazioni.

onepablo dal fronte