AGRI.BIO. FIERA 2003

Fossano, 26 Ottobre 2003

Dopo la pausa per il pranzo, allegro e piacevolmente informale, riprendono i lavori, si parla di vino. Moderatore dell’arena, una vecchia conoscenza: Sandro Sangiorgi, aiutato da Ivo Bertaina e da Samuel Cogliati, traduttore prezioso.
Intervento dopo intervento, il convegno va avanti nell’attenzione generale. Un tocco di calore lo porta Stefano Bellotti, con la sua commovente sincerità. “Riscoprire il mondo del vivente”, inizia, contro la visione dell’individuo inteso come “risorsa”. In questa logica, meglio una fila di pomodori che prendere i 3 bicchieri, dice. “L’agricoltura è un debito contratto dall’uomo con la natura”, spiega serenamente, prima di continuare con un altra immagine efficace: “Il grano non sta più in piedi. Quello che dovrebbe darci forza, non sta in piedi. Se piove, i campi di grano sono tutti coricati.”
Conclude con una certa amarezza: ” Una campagna squallida e triste non può che darci dei cibi tristi e squallidi.” Da qui il valore etico dell’agricoltura biodinamica. Insomma, torna l’idea del contesto ambientale da rivitalizzare, oltre lo sfruttamento massivo e miope.
Leonello Anello
è un uomo pratico. Consulente di rango, propugna un’idea vigorosa della biodinamica, volutamente lontana dall’approccio sognante di certuni. “La biodinamica si fa in campo.” Si può insegnare ed imparare, e soprattutto è produttiva. Se ne può campare. E poi è duttile, si comincia subito: “E’ dinamica, la biodinamica”.
 
Tocca ai francesi spiegare come, dalla Borgogna alla Loira. Monsier Guyot parla con calma e racconta di sua madre, levatrice, e di suo padre, notaio. Da cinquant’anni fanno biologico, da 5 biodinamico, producendo Gamay, Chardonnay e Pinot Noir. Rese basse, zolfo e poltiglia bordolese in dosi minime, vendemmia manuale, tini circolari e presse orizzontali del 1850. Suo figlio scende in dettagli ancor più tecnici, niente metallo in vigna, ad esempio, per evitare i campi magnetici. Di entrambi è l’entusiasmo a colpire, sembra che padre e figlio vivano con gioia e intensità il rapporto con la terra.
L’intervento di Nicolas Joly è quello che tutti si attendono. Ispirato e profetico, ma anche concreto trascinatore, Joly focalizza l’attenzione di tutti sull’importanza dell’apporto soggettivo del viticoltore, che con il suo apporto rende oggettiva la pratica dell’agricoltura biodinamica. La sola, dice, a tutelare davvero l’appellation, se condotta da un agricoltore sensibile e preparato.

Il pubblico del convegno non è quello dei cineforum: qui il dibattito segue davvero, segno che il tema ha colpito l’interesse di molti. Fra tutti, ricordiamo una commovente mamma albese, preoccupata per i figli. Il marito, vignaiolo rimasto a casa, a queste cose non crede, e continua ad usare tutti i suoi bravi prodotti fitosanitari. Sono una buona cuoca, dice lei, offro una cena a casa mia, a chi voglia tentare di convincere mio marito a tentare la strada del bio, rinunciando ai trattamenti e alle altre diavolerie. Mentre i numerosi volontari si arruolano, salta agli occhi l’assenza del Piemonte enologico. L’aristocrazia vinicola non si è fatta vedere, disinformata o altezzosa, chissà.
Uno stimolante tema emerso dal dibattito è il costo occulto del non-biologico, un punto di vista tutt’altro che banale. Peccato si sia alla fine, varrebbe la pena di approfondire, ma c’è giusto il tempo per presentare i produttori.
Dopo tante parole, è tempo di bere, in una degustazione guidata da Sandro e animata dall’allegria e dalla curiosità di tutti di mettere alla prova le bottiglie.
dmr