Sagrantino Wine Festival la storia

I terreni, posti ad un’altitudine di circa 400-450 m. s.l.m., sono argilloso calcarei alluvionali con depositi lacustri oppure arenari ben drenanti, ovvero provenienti da rocce argillo-marnose o calcaree, fratturate per effetto degli sconvolgimenti tettonici che poi hanno dato luogo, nell’Età Terziaria, alla formazione degli Appennini.
Già Plinio il Vecchio, nella sua Storia Naturale, cita un vino della zona di particolare valore proveniente dall’uva Itriola (Itriola Umbriae et piceno agro peculiaris est), mentre documentazioni datate XI-XV secolo attestano tradizioni vitivinicole ininterrotte fino ai nostri giorni.
La riprova dell’interesse da sempre riversato in questo settore agricolo è che, a tutela della coltivazione della vite, a Cocorrone (antico nome di Montefalco) esiste una specifica giurisprudenza risalente al Medioevo; oltre a tutelare e regimentare i rapporti tra concedente e mezzadro, erano fissate le regole della conduzione del vigneto e addirittura, annualmente, con ordinanza comunale, la data della vendemmia.
Il Sagrantino, vino da vitigno autoctono probabilmente portato in zona da Frati Francescani provenienti dall’Asia Minore, e che forse deriva il nome dall’uso nella celebrazione dei sacramenti, non compare ufficialmente con il suo nome prima del 1879, anno in cui è annoverato nel Bollettino Ampelografico del Ministero dell’Agricoltura.
Nel secolo scorso la sua fama cresce considerevolmente, ma la difficoltà della vinificazione e, sopratutto, la bassa resa conducono ad un abbandono del vigneto; successivamente i reimpianti furono impostati secondo logiche di produzione quantitativa, superata solo grazie all’impegno di pochi produttori illuminati.
Negli anni ‘70 il Sagrantino, una volta prodotto esclusivamente nella versione “Passito” forse per attenuare con la dolcezza la poderosa carica tannica, comincia ad essere vinificato anche nella tipologia “Secca”, che oggi prevale nettamente.
Le caratteristiche dell’uva, ricca di tannini e polifenoli, si trasferiscono in un vino di notevole irruenza, struttura e longevità, con sentori varietali di more che vanno da terrosi a floreali, destinati, al trascorrere del tempo, ad evolvere in note di cuoio, tartufo e macchia umbra, in tutte le sue espressioni.