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Alberese e Galestro – Il Chianti storico

Castelnuovo Berardenga (e Gaiole)

il primo blocco delle note di degustazione è di giacomo lippi, il secondo di matteo gallello
 foto di claudio caputo

 

“Per me eran più di sette”

 

Chianti Classico (sangiovese e canaiolo) Campacci di Remo Migli (San Gusmè – Castelnuovo Berardenga)

IMG-20140402-WA0003Remo Migli

1962
Colore granato, di consistenza sanguigna, incupito dal sedimento. A calice fermo domina la selce e una leggera nota idrocarburica, poi il papavero, il cumino e la ciliegia cotta. Il liquido in movimento si distende su una graziosa rosa che richiama il nebbiolo, dapprima è solo accennata, in seguito si amplia in una progressione che invade e, infine, domina lo spettro aromatico appena macchiato dall’alcol. Nel tempo la rosa si rinfresca, sbalordendo per la capacità cambiare e stimolare un’immaginazione tutta cromatica. Aspro all’inizio della fase gustativa, il vino si concentra tutto in centro bocca; verde, fibroso e giocato su di un tannino ruvido ma non doloroso, ammutolisce le altre sensazioni di acidità e mineralità, al punto da renderne incomprensibile il tono e la beva. Quest’ultima sembrerebbe faticosa, invece procede spedita e invitante fino a una chiusura di coerente piacevolezza e un lungo ritorno di geranio.

1974
Rubino scarico nella parte centrale del calice; si svuota, centrifugo, nell’atteso granato crepuscolare. In prima olfazione, il vino appare più sporcato del precedente dal cuoio e da un terziario caotico e preossidativo – coerente con l’areale di produzione – stoppato da una debordante coloritura floreale di rosa rossa e cipria; poi ancora il geraniolo, combinato e sviluppato in una direttrice più mediterranea di fieno, trito toscano (rosmarino e salvia) e muschiato. Il roteare del vino nel bicchiere porta a note animali di brodo e carne cotta (lingua bollita) altrimenti nascoste. La bocca conferma la centralità del tannino nella dinamica gustativa e un finale anche qui ricco e scevro di amarezze.
Il mantenimento della sfumatura vegetale e floreale, in ogni fase della degustazione di entrambi i campioni, farebbe pensare ad un contributo generoso delle uve bianche al corredo aromatico.

2009
Colore rubino intenso trasparente e brillante bellezza. Un maggior contatto con l’ossigeno gli conferisce un inedito carattere lucente e scintillante, rispetto alla degustazione del 1 aprile 2014. Ritroviamo il floreale maturo e struggente, commisto alle note terziarie dei precedenti campioni, rese più fresche però, più che dalla innegabile gioventù, da una volatile molto presente ma calibrata, esuberante e funzionale nel liberare i profumi. Spegnendosi questo carattere, il vino lentamente plana, adagiandosi e indugiando, su sensazioni lattiche più crudamente calde (!), che rimandano al sangiovese arenario e tufaceo del territorio di Castelnuovo Berardenga che la presenza pur importante, del più aereo canaiolo nel taglio, non riesce a mitigare (l’oscillazione ossimorica tra i profili aromatici caldi e quelli immaturi è tipica di molte espressioni del sangiovese chiantigiano più meridionale, e ne costituisce spesso una dominanza varietale formidabile anche di fronte all’importazione di varietali ben più pronunciati; motivo per il quale, forse, in queste zone, lo si è spesso “sperimentato” in purezza). A tutti e tre i vini aziendali non giova il movimento nel bicchiere ma se ne apprezza di più la organica progressione floreale a calice immobile. La bocca è cremosa, quasi lattea, anche qui tannica e imperturbabile nel suo mascherare acidità e sale. Forse, appena l’ombra di un contatto prolungato col metallo ne denuncia una non perfetta gestione nel passaggio da un contenitore all’altro, tant’è che, col trascorrere del tempo e il ricadere verso note aromatiche più terrestri, si aggiunge una stridula nota sintetica, da disinfettante chirurgico che prelude, forse, ad un’irreparabile collasso aromatico.
[Tutti e tre suggeriscono una sinestesia visiva con una fila di tulipani rossi e gialli.]

Chianti Classico Le Trame Podere Le Boncie di Giovanna Morganti (San Felice – Castelnuovo Berardenga)

IMG-20140402-WA0002 Podere le Boncie

2001
Colore granato spento, con unghia cedevole e aranciata, abbondante sedimento polverizzato. Naso sporco e maturo, ricorda un bordeaux “borghese” di sponda sinistra dei primi anni ’70: dominato dai terziari generici della preossidazione, appena rinforzato da un frutto cupo indistinguibile e caramellato. L’ossigenazione lo emancipa da questa penombra olfattiva un po’ lugubre a favore di tonalità ugualmente poco solari di segatura, il che denuncia una forte compromissione con un legno asciutto e poco dosato. La bocca è ruvida, quasi stridente ma temperata dalla proverbiale mineralità di San Felice. Il finale è tutto di violenza: una persistenza fruttata retronasale sfiancante chiude ogni spiraglio di memoria, “incollandosi” in una piacevole quanto ingombrante conclusione che non rimanda al riassaggio ma si compiace di sé e della propria singola esaustività. Non è un riscatto ma il bordo dell’abisso.

2004
Rubino cupo poco brillante, con sedimento analogo al 2001, ma dalla consistenza e dalla leggerezza quasi cinerea. Naso anche qui, in attacco, sporco e caldo, tende a pulirsi col tempo, elemento necessario a ogni annata de Le Trame, prima del 2011; s’innalza un floreale netto, alcolico, macerato e profondo, appena impregnato – in alcuni momenti – del vegetale di asparago crudo. La bocca, apparentemente filante in ingresso, si concentra tutta sul finale, opposto a quello del 2001, appena più amaricante e sfuggente nei primi sorsi. Deglutito, recupera una salinità che si impenna in persistenza, ricadendo su di una freschezza che invita a bere più che a meditare.

2006
Il colore rubino denso, appena torbido e con lo stesso sedimento visto nei 2001 e 2004, si arricchisce di una maggiore concentrazione. Conferma al naso la sensazione lattica e una rusticità più contenuta, coerente col nuovo corso aziendale che da quest’annata in poi ci è sempre sembrato di riconoscere. Ugualmente austero e profondo, è forse il più statico, equivoca la chiusura con lo sdegno e niente concede in termini di immediatezza. La bocca è più slanciata del previsto, ma sostanzialmente coerente: dura, tannica, materica e conclusa, ma anche meno autoritaria del 2001, con un carattere più confidenziale, mediato forse anche da un’inedita coloritura di vaniglia.

2007
Colore caotico e totalmente velato, con la consistenza visiva densa del sangue e un sedimento più fine degli altri campioni. È la chiave di interpretazione retrospettiva con cui leggere le incertezze degustative delle altre annate: lo spettro è dominato dalla vena stercoracea dell’annata. Gli giova il contatto prolungato con l’aria: la finezza della viola si fa mano a mano percettibile, lasciando poi il campo, una volta palesatasi, alla mammola, al mirto, al ginepro. La bocca spiazza per immediatezza, equilibrio e succosità, e per un percorso retrogrado dal frutto maturo a quello fresco: pur rimanendo coerente al profilo olfattivo, la bocca si articola in una tripartizione dai contorni (e confini) seccamente definiti: frutto-organico-frutto. Non si tratta di uno sviluppo tematico classico (non è la forma sonata, insomma, l’analogia di riferimento), quanto dell’opposizione di due temi separati e slegati (il lampone e lo strame), più una ripresa fruttata di sapore e rasserenata (fragola, e quindi aromi meno maturi dei precedenti). È un vino che cerca un’impossibile emancipazione dal bollore dell’annata, attraverso le modulazioni di uno struggente romanticismo. E per questo, va difeso ad oltranza, come il più languido e pettegolo valzer chopiniano.

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Chianti Classico (sangiovese e canaiolo) Campacci di Remo Migli (San Gusmè – Castelnuovo Berardenga)

1962
Ferrosità e frutto integro, olio di girasole. Acidità e nervo, grande capacità di trasformazione, in evidenza le note sanguigne. In bocca tannino deciso e pieno, ma è l’acidità a colpire per interezza e ruvida decisione.

1974
Più maturo del precedente, pelle, erbe mediterranee. In bocca ha una tensione inimmaginabile dovuta all’acidità fulminante; il corpo è carnoso ed essenziale, coerente.

2009
Rustico e ferroso, cupo, volatile, poco pulito. Smalto, arancia e un po’ medicinale. Spinge in bocca con la cattiveria del tannino e un’acidità che intimorisce, per finire in levare con un ritorno morbido e maturo.

Persistenza fisica, tattilità. Tannino duro ma dotato di gradualità. Coerenza interna nell’essere irregolare. Minore emotività rispetto a Le Trame.

 

Chianti Classico Le Trame Podere Le Boncie di Giovanna Morganti (San Felice – Castelnuovo Berardenga)

2001
Compostezza, cuoio, legno bagnato, noce, caldo di sole diretto; viene verso il naso tutto insieme. In bocca si sente il rovere, ha una fibra portentosa e freschezza salda, tannino fine. Materiale, coeso.

2004
Acquatico e finezza di erbe mediterranee, mirto, alloro, pomodoro. Ingresso impetuoso con tannino scalpitante, l’acidità è sostenuta. Vitale, sapido, grande coerenza. Capacità di trasformazione e promessa nel tempo.

2006
Compatto e boscoso, animale. Freschezza vegetale e terra. Severo, pieno e di frutto in bocca. Tannino spesso e ordinato. Aspetti retrolfattivi maturi, grande carisma, trascinante, austero.

2007
Grevi alcuni sentori organici, caloroso. Imprendibile, ma anche carnoso e duttile. Vira verso meridione con aspetti di pomodoro asciutto. Tannino sottile, un po’ spettinato con un finale polposo e lievemente erbaceo.

Carnosità emotiva, stratificazione. Macchinoso dal punto di vista olfattivo. Radicale.
Materia che non trova pace. Integrità in movimento. Minore purezza rispetto a Campacci.

 

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