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I vini naturali – La forma e la sostanza le luci e le ombre, prima lezione

La serata si è svolta presso l’enoteca Cosimo VINO ARTE MUSICA di Fano.

 

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Barbera d’Alba 2008 Giuseppe Rinaldi (Barolo)
Granato con riflesso mattone.
Naso chiuso, difficile intuire qualcosa per quanto è legato a ciò che accadrà poco dopo…
In bocca l’acidità è così diretta da fare come un pallone elastico quando torna indietro, una scatto sincopato, violento, isolato.
La sua terrosità contribuisce a renderla affascinante, sebbene non sia vino per tutti.

Barbera d’Alba 2009 Giuseppe Rinaldi (Barolo)
Granato d’intonazione viva e brillante.
Naso morbido di frutta matura, non mancano i delicati elementi marini, ma prevale una percezione che avvolge, che conforta.
In bocca è espansivo, pulito, largo, tutto questo senza perdere l’energia dell’acidità che dal “seminterrato” della lingua emana una corrente continua e ben diffusa.
Sembra fatto da un’altra mano, ma forse è solo la differenza dell’annata, chissà…

Vino Nobile di Montepulciano Riserva (prugnolo gentile, canaiolo nero, mammolo) 2009 Poderi Sanguineto (Località Acquaviva – Montepulciano)
Rubino granato vivo.
Naso lento e con chiari riferimenti al miele e al caramello, tanto da celare per un po’ il riconoscimento di terra di Siena bruciata che lo caratterizza quasi sempre.
In bocca il tannino è pressoché impalpabile, moderata l’acidità, più evidente la salinità che allunga il sapore altrimenti bloccato da un’alcolicità estremamente generosa.
Piace molto sul momento, come sempre, ma si confonde a qualche giorno di distanza per questa seducente affabilità.

Siccagno (nero d’Avola) 2007 Arianna Occhipinti (Vittoria)
Granato rubino vero, la lieve velatura non incide sulla sua perfezione.
Naso dalla complessità che avvince, si apre con tempi levantini e consegna un percorso compiuto: alla componente iodata si associa quella della frutta asciugata al sole; il flusso odoroso è senza soluzione di continuità e mostra una statura da primo della classe, raramente percettibile nei Nero d’Avola in purezza.
In bocca esprime una giovinezza che piacerebbe molto a Emidio Pepe, per la freschezza appassionata e per la dimensione agile, profonda, del corpo.
Vino stratificato, vivo, restituisce un’idea della Sicilia piena di luce e con un rapporto perfetto tra caldo e freddo.

Taurasi Riserva 2005 Cantine Lonardo (Taurasi)
Granato avvenente.
Naso difficile, l’aspetto organico e di pelle tiene in imbarazzo i degustatori sin troppo a lungo; appena trapela l’elemento sanguigno e maturo, il profumo ci fa penetrare nel suo antro profondo e ricco di storia, per conoscere fino in fondo la veracità pietrosa dell’aglianico di Taurasi.
Le promesse del naso diventano realtà in una bocca dal tannino totale, ma anche così generosa che il primo sorso sembra avere un solo tempo; meglio attendere e concentrarsi sul reflusso degli odori che restituiscono la ricchezza materiale dell’annata.
Appare più coeso e autorevole di due anni fa; è stata una sorpresa incoraggiante.

Fiano di Avellino 2007 Ciro Picariello (Summonte)
Paglierino netto, vivo.
Naso altrettanto fresco, prevedibile, si avvolge su se stesso e soffre la prevaricazione dell’anidride solforosa.
In bocca il quadro non può essere diverso, vista la semplicità dello sviluppo; nei ritorni si coglie un velo di ossidazione.

Don Chisciotte (fiano) 2007 Il Tufiello (Calitri)
Arancio con vena ambrata, pieno.
Naso virtuoso, si libera presto dei sentori zavorra legati alla macerazione – a testimoniare un percorso di emancipazione che si sta svolgendo in bottiglia – e offre un profumo di miele di fiori purissimo, un accenno di mineralità calcareo-tufacea e un substrato di meravigliosi odori fermentativi.
In bocca è teso, come il Taurasi, non si può dire che abbia una varietà dinamica, piuttosto si fa amare per la sua amorevole ricchezza, per la qualità dei ritorni e per come ci lascia dopo essere uscito: con un fervido desiderio di riaverlo.
Cresce benissimo: il Don Chisciotte non ha l’esotica e sensuale complessità degli esordi, è chiaramente più vigoroso nel rapporto con le bucce, in compenso fa uscire il suo talento con sicurezza.

Trebbiano d’Abruzzo (versione “base”) Emidio Pepe 2010
Giallo verde, intatto.
Naso da carrello dei bolliti con varie salse vegetali e una punta di aceto: un coacervo che rappresenta la natura indomita di un Trebbiano in continua trasformazione, pieno di vita e indomabile; solo dopo qualche minuto, lascia intendere di avere un corredo che unisce la vena sulfurea e la tenerezza primaverile dei fiori di campo.
In bocca ha quello che manca al Fiano Picariello, unità e progressione gustativa, ritmo serrato e chiusura pulita; un vino in più tempi, diremmo “a trazione integrale”.
Rispetto alla strepitosa versione che tra poco uscirà come “Riserva”, è un vino più nervoso, se vogliamo anche “elementare”, l’altro ha risorse inesauribili da spendere nel tempo.

Il Rosato da gaglioppo 2012 di Francesco De Franco e il Rocce Rosse 1997 di Ar.Pe.Pe. hanno accompagnato il cibo: perfetto il primo sulle ottime seppie con piselli al pomodoro, anche in virtù di un momento espressivo felicissimo; commovente il tentativo del secondo, così morbido, alcolico e appena decadente, di tenere un’arcigna salsiccia piccante.