Il profeta della ciccia

Il piccolo mondo dell’enogastronomia nazionale si è recentemente occupato del ritrovamento, da parte dei NAS, di circa un quintale di carne in un congelatore della macelleria di Cecchini Dario da Panzano in Chianti. Definito il poeta o il vate della bistecca alla fiorentina, protagonista di trovate a effetto in “difesa” della bistecca, noto alle cronache per il suo vezzo di declamare Dante senza risparmio, il Cecchini non avrebbe potuto congelare quella carne, ma avrebbe dovuto smaltirla altrimenti. Un incidente, una leggerezza, ammette il protagonista.
Dove sarebbe finita quella carne se i NAS non l’avessero trovata? In beneficenza, precisa. Si potrebbe disquisire a lungo sull’aspetto commerciale e deontologico dell’accaduto, ma c’è un altro aspetto degno di nota: la reazione dei media. Come è ragionevole attendersi, il Cecchini ha prontamente rilasciato dichiarazioni a dritta e a mancina, a tutela della sua persona e della sua fama, nonché del suo business.

Da chi si difende il Cecchini? Non dall’autorità costituita, poiché la sanzione pecuniaria di seimila euro sembra fuori discussione. Forse dalla stampa inferocita? Dall’opinione pubblica furibonda? Nell’incertezza, il Cecchini continua a farlo con vigore, ma se non fosse per la pubblicità che gliene viene, potrebbe risparmiarsi il disturbo.
Infatti, se qualche voce sdegnata si è pur levata e non mancano i toni compiaciuti, numerose sono state anche le voci a favore del macellaio. Vantando conoscenze di prima, seconda e terza mano, più di un commentatore si è lanciato nelle precisazioni a discolpa, una sorta di fuoco di alleggerimento.

Esemplare il commento dell’eminente Luciano Pignataro, che, forte del suo passato di cronista giudiziario, sentenzia così: «E’ una cacchiata». «Tanto si sa – aggiunge qualcuno – che nelle cucine dei ristoranti si vedono cose peggiori». «E poi Dario è un grande – affermano altri».
Insomma, mentre della quintalata di carne non resta neppure l’odore, le colpe degli uni attutiscono quelle degli altri, in un moto di reciproco assestamento che inghiotte la pur ammirevole ammissione di responsabilità del Cecchini; il quale, citando Montanelli, spiega che il problema vero è il suo successo, causa prima e motore immobile dell’invidia di molti malevoli italiani.
L’invidia, peccato capitale, oscura il peccato veniale commesso dal profeta panzanese che però, nel suo slancio, smarrisce la misura. Il successo, come sanno i protagonisti del mondo dello spettacolo, al quale è riconducibile parte dell’’attività del Cecchini, va e viene, trascinando con sé anche il concetto di responsabilità, che è ben più ampio del rispetto formale dei regolamenti.
E se il made in Tuscany esce scalfito dalla vicenda, sarà più utile una riflessione sul quadro generale, piuttosto che prendersela coi NAS o col Cecchini, ferito nell’orgoglio ma inossidabile nel suo ruolo di profeta della ciccia.