06 Lug Il tempo delle ginestre
foto di paolo merlini
Sul binario un uomo alto, magrissimo, dal volto scavato e la pelle arsa, fuma imperturbabile. Con il suo gilet di pelle nera sulla camicia bianca, gli stivali di cuoio e i grandi occhiali a specchio sarebbe una comparsa ideale per un western di Tarantino. Alle sue spalle, su una parete dal giallo un po’ sdrucito, la scritta blu “Paternò”. È trascorsa mezz’ora da quando abbiamo lasciato la lustra stazione rosso mattone di Catania Borgo, campo base della Ferrovia Circumetnea, dove un simpatico bigliettaio fa la spola tra il bar e il suo sportello di lavoro.
La littorina verde e arancione su cui siamo a bordo ha rasentato i muretti a secco che cingono conche colme di aranci e ulivi, limoni e fichi d’India, sferragliando tra le stazioni di Misterbianco, Belpasso – Camporotondo, Valcorrente. Nel momento in cui si rimette in moto, scorgo sopra una porta la scritta scolorita “Dormitorio Personale”. Una volta, quando i tempi di percorrenza erano molto più lunghi, i ferrovieri etnei erano costretti a dormirci nelle stazioni. “Ci si cucinava pure!” esclama il controllore, felice di raccontare l’epopea di una delle ferrovie più belle d’Italia.
Lassù, in alto, l’Etna conserva gelosamente gli ultimi spiccioli di neve di un inverno avaro. In un paesaggio lunare in cui la roccia lavica assume forme irrequiete, la piccola vettura sale al ritmo ancestrale di chi percorre i sentieri dei monti. Quando esce da un canyon di fichi d’India enormi, in una selva di finocchio selvatico e papaveri rossi, è in quel preciso istante che dai finestrini spalancati sale a bordo il profumo della ginestra. Un profumo indimenticabile, dolce e inebriante che non ci lascia nemmeno sotto le lunghe gallerie di Adrano e Santa Maria di Licodia nei tratti che hanno modificato per velocizzare il percorso e ci accompagna a Bronte dove, dai rami ancora nudi dei pistacchi, fanno capolino i primi germogli. Si deve salire sulle pendici del vulcano a primavera e lasciarsi stordire dal suo odore struggente per avere un’idea della potenza della ginestra e capire un po’ i versi che Giacomo Leopardi gli aveva dedicato durante il suo ultimo soggiorno ai piedi dell’altro grande vulcano italiano, il Vesuvio: “di dolcissimo odor mandi un profumo che il deserto consola”.