
22 Mag Il vino della domenica
Si accende, risplende, s’incendia . E rimane in aria.
Il vino della domenica.
È un’espressione d’altri tempi, quei tempi in cui i papà, la domenica, usciti dalla messa, con soprabito, cappello e il giornale sottobraccio, si accodavano in pasticceria e tornavano a casa con un bel vassoio infiocchettato. A pranzo, con l’arrosto e le patate al forno, ci voleva un vino adeguato al giorno di festa, per i liguri un rosso piemontese, magari un Barbaresco. Più sottile e austero del Barolo, ma anche meno costoso, senza per questo far sfigurare il padrone di casa.
Al tempo di oggi i papà, dopo la messa, imbacuccati in piumini fauxmoncler, sfoderano il cellulare e tornano a casa passando dal supermercato, tanto è sempre aperto.
Non ci sono più i padri di una volta ed è presto per quelli di domani, ma il Barbaresco è ancora qui con noi, ed è ancora il vino della domenica, come dice il mio amico Pino. E sempre sia lodata l’opera del professor Domizio Cavazza, perché è anche grazie a lui se l’altra sera, in mezzo a tanti appassionati, abbiamo celebrato una degustazione orizzontale dell’annata 2009, stappando quattro degli otto cru della cantina sociale Produttori. Fra un sorso e un’annusata, le parole del giovane enologo, ambasciatore della casa, raccontavano la vicenda delle 50 famiglie associate, delle pratiche di vigna e di cantina, ma l’estrema modernità del Barbaresco è venuta fuori a tavola, nel confronto col cibo. Prova ne sia l’incontro con lo stoccafisso ai carciofi, un’acrobazia che avrebbe spaventato vini più tracotanti.
Ci avrà osservato da lassù, il professor Domizio, mentre discettavamo di note balsamiche e lunghezze aromatiche, scarrocciando calici e sgranocchiando grissini, citando Paolo Conte e Peppe Servillo. E avrà sorriso, guardando le mappe di Carlo, degne di un’operazione militare, il giallo e il verde a marcare quel territorio che solo un vitigno “intelligente” come il nebbiolo sa leggere e interpretare. Avrà pensato, il vecchio studioso, che tutti noi, bicchiere al naso e occhi socchiusi, sembravamo dei can da pajè, bagnati e sognanti ad aspettare la domenica.