Intervista a Davide Vanni

S: In quel periodo hai pensato che con il documentario la vita avrebbe avuto una svolta?
D: No, non ci credevo. Le cose si erano fermate… e in Italia c’è stata l’opportunità di tornare a lavorare in modo stabile nel centro diurno per ragazzi disabili.
S: La notizia come ti è arrivata?
D: Perché questa donna ha fatto da tramite. Sono tornato in Italia, ho visto il centro e parlato con la presidente.
S: Quanti anni hai fatto lì?
D: Cinque anni e mezzo. Solo che già pensavo che avrei lavorato per qualcos’altro. Durante quel periodo, avevo già qualche interesse verso il vino, una crescente curiosità. Siccome mi restava qualche soldo in tasca ho cominciato a comprare delle bottiglie.
S: Avevi uno stipendio incredibile rispetto alle tue abitudini?
D: Sì, mille e cento euro per me erano una cosa fantastica.
S: A un certo punto cominci ad amare il vino e a comprarlo, ma poi cosa succede?
D: Un giorno torno in Friuli, dove avevo vissuto due anni, e incontro casualmente un produttore di vino che grazie alla sua generosità e al suo modo di essere mi fa emozionare e avere voglia di avvicinarmi di più.
S: Chi è?
D: Stefano Novello.
S: Quindi è lui il primo incontro della tua vita da innamorato del vino?
D: Andai prima da Renato Keber, che conoscevo già.
S: Come avevi conosciuto Renato?
D: Quando vivevo a Pordenone avevo bevuto una sua bottiglia di Merlot e visitato la sua azienda.
S: Assaggiavi e andavi a trovare i produttori? Un collegamento automatico per te?
D: Se c’è una cosa che mi emoziona sì.
S: Per te è più importante conoscere il posto o la persona?
D: Trovo che siano entrambi importanti, ma sono interessato principalmente alla persona.
S: Dopo che ci siamo conosciuti, per te il concetto di luogo ha guadagnato maggiore importanza, giacché ne parlo sempre, o già l’aveva?
D: Già l’aveva, ma il mio approccio al territorio si è comunque evoluto, tant’è che ho provato il desiderio di lavorare fisicamente nella vigna. Appena iniziato il viaggio, mi sono meravigliato dei posti in cui mi sono trovato, diventando sempre più consapevole e curioso di trovare insieme persone e luoghi. Il giorno in cui conobbi Stefano (che mi fece assaggiare solo rossi) era tale la bellezza con cui parlò e la freschezza con cui mi accolse, sebbene non mi conoscesse, che me ne andai con qualcosa che mi restava dentro, e si agitava. Un po’ come un colpo di fulmine, un innamoramento, come qualcosa alla quale vuoi restare vicino: una mamma, una sorta d’imprinting. Ho quindi cercato di assecondare questa piacevolezza visitando e conoscendo altri viticoltori, più o meno vicini a dove abitavo. Credo che questo tipo d’incontri siano stati una cosa naturale.