Jura: le note di degustazione

Jura… il luogo e la visione – Variazioni sul metodo lungo il filo rosso del terroir: le note di degustazione

L’evento è stato organizzato da Matteo Gallello, realizzato con la collaborazione della Tradizione, Gabriele Bonci e Pomarius. Grazie al prezioso aiuto di Miriana Baraboglia, Pino Carone e Chiara Guarino. Un grazie particolare a Valerio Di Mattia e Nadia del Palmizio di Alba Adriatica. Condotto da Sandro Sangiorgi.

Jura: le note di degustazione


1. Cremant du Jura Blanc BBF Extra Brut (chardonnay) Domaine André et Mireille Tissot (Montigny-les-Arsures)

Garbata la linea ossidativa che gli conferisce una morbidezza cremosa e speziata. In bocca è diretto, il passaggio del vino avvolge il cavo con il perlage sottile e abbondante. Arriva in fondo con un’acidità sferzante, fusa nel corpo morbido e consistente.
Il Cremant di Tissot fermenta e matura per un anno in barrique per poi sostare per 52 mesi “sur lattes”. Stephane ha ereditato l’azienda di 46 ettari acquistata nel 1962 dai genitori; è condotta dal 2005 in biodinamica a Montigny-les-Arsures, nel cantone di Arbois.

In abbinamento al capocollo di Martina Franca

2. Trousseau 2011 Domaine de la Renardiere (Pupillin)
Il tono è immediato e sanguigno, carnoso. Si rivela, alla distanza, di una gagliardia non comune. Ha polpa e ricchezza, leggerissimo il tannino, si dona con freschezza, chiude disteso con un finale ematico.
Il Trousseau di Jean Michel Petit fermenta per dieci giorni in acciaio da uve non pigiate e affina in botti grandi per 18 mesi, senza aggiunta di solfiti. Petit è viticoltore a Pupillin dal 1990, insieme alla moglie Laurance alleva Trousseau, Chardonnay e Poulsard su terreni calcareo-marnosi.

3. Poulsard 2013 Puffeney (Montigny-les-Arsures)
Naso di una finezza impressionante: florealità profonda, un’evocazione lacustre, ha un fascino che con il passare dei minuti diventa energia e capacità di trasformazione. Tannino vellutato e una freschezza delineata da cui prende vita una progressione che arriva al gustoso finale di croccante amarena. Un grande vino di contrappunto.
I cinque ettari di Jacques Puffeney si trovano tra Montigny-les-Arsures, Villette des Arbois e Arbois, quest’ultima è la cittadina in cui crebbe e lavorò Louis Pasteur. Puffeney è stato per decenni uno dei principali rappresentanti della tradizione giurassiana. Da qualche mese ha ceduto la propria attività.

con la minestra di legumi freschi, arzilla e fiori eduli del Palmizio

4. Chardonnay Chalasses Vieilles Vignes 2011 Domaine Ganevat (Rotalier)
Etereità e forza fermentativa, subito attraente tra la suadenza di susine e pere e la severità degli aspetti gessosi. La struttura è caparbia e armoniosa, sullo sfondo si avverte il sale della terra. L’aspetto tattile è sorprendente, il modo di insinuarsi, essere vasto e preciso, pretenzioso e operativo. Sembra uno dei migliori cru della Côte de Beaune per qualità dell’acidità, fisicità longilinea e allungo.
Dopo un periodo trascorso in Borgogna, Jean François Ganevat torna nell’azienda di famiglia, otto ettari e mezzo a Rotalier, nella zona centro meridionale della Côtes de Jura. Lo Chalasses proviene da viti di Chardonnay del 1902 la cui resa è bassissima: 18 ettolitri per ettaro.

5. Chardonnay-Savagnin voile 2010 Domaine Labet (Rotalier)
Consistenza ed eleganza. L’ossidazione non è eclatante ma una linea inesorabile, lunga e sottile che si compie nella sfumatura di radici e legna. Deciso e secco, l’unione dei due vitigni crea un inequivocabile fascino fatto pungenza, luce e sovrapposizioni, di freschezza e succosità che sfociano in un’elegante tenerezza.
Labet, fin dal 1974, ha scelto la viticoltura naturale in tutti e dodici gli ettari di proprietà e una vinificazione il più possibile spontanea nella cantina di Rotalier. Inoltre Alain, a dispetto del vino da noi proposto, è un pioniere dello “ouillage”, la tecnica di vinificazione al riparo dall’ossigeno, in rottura con lo stile tipico del “vin de voile” o “sous voile”.

6. Savagnin 2011 Puffeney (Montigny-les-Arsures)
Penetranti le note agrumate, forti le erbe medicinali secche in un’ossidazione piena, calda, graduale nel concedersi e con un tratto etereo bruciante. La bocca è di grande tensione, sostanziosa ed essenziale, il liquido ha un modo di muoversi vellutato e dinamico. Coglierne i tratti è un esercizio di cinestesia tale è la stratificazione del vino che rievoca un quadro autunnale di noce, miele di castagno, carne affumicata.
Vitigno esclusivo del Jura, il Savagnin, chiamato anche Naturé, ha stretta parentela con il Traminer. Copre 330 ettari vitati e rappresenta circa il 4% del vino complessivo prodotto nella regione. Puffeney alleva il Savagnin su terreni marnosi, vendemmia nell’ultima decade di ottobre ma non è raro arrivi alla prima settimana di novembre; il prodotto matura per circa tre anni in botte di rovere.

con la pizza caciocavallo affumicato e melanzane cotte in forno di Gabriele Bonci

7. Vin Jaune (savagnin) 1998 Overnoy (Pupillin)
È il vino più emozionante e memorabile della serata: la maturità è carnosa, di grande intensità e sottigliezza; corale e dallo sviluppo magnetico, il profumo sembra esplorare le profondità marine. La trama gustativa è robusta, nervosa (quasi rabbiosa), fisica, cesellata dalla natura. L’aspetto commovente si ritrova nelle sensazioni retro-olfattive: un caleidoscopio raggiante fatto di armonie, atmosfere, differenze.
Pierre Overnoy è una personalità di rilievo nello Jura viticolo. Ha ceduto la sua azienda a Emmanuel Houillon nel 2001. Sei sono gli ettari complessivi, di cui quattro coltivati a Savagnin su terreni costituiti da marne blu e grigie. La fermentazione per ottenere il Vin Jaune avviene in vasche di acciaio mentre l’affinamento è in rovere per almeno otto anni (di cui uno in botti colme, sette in botti scolme per un quarto).

8. Château Chalon (savagnin vert) 2007 Domaine Macle (Château Chalon)
Naso sul limite dell’indefinibilità: fumo, medicinale, radici terrose, appena estratte. Poi si fanno largo sentori d’infuso di erbe e nocciola tostata. In bocca è perentorio, così verticale da incidere e, nello stesso tempo, tanto introverso da risultare quasi inespressivo, come se gli fosse necessario creare una distanza… Spigoli e rilievi ne accentuano il grado di asciuttezza. È come se avesse una spazialità arcaica, ferina, che prevarica modelli e confini.
Da quattro dei dodici ettari aziendali si produce lo Château Chalon. Dal 1995 Laurent, figlio di Jean Macle, conduce una delle aziende più rappresentative del territorio, creata nel 1850 e antesignana dell’agricoltura naturale.

in abbinamento alla Morla piemontese da latte crudo di capra e il Comte 48 mesi de La Tradizione