L’ora senz’ombra

Ora che Baldo Cappellano non c’è più sarà giusto ricordarlo per il suo talento e per le sue battaglie.

– Vuoi che ti dica tutta la verità?
– Tutta… Be’, tutta no.
– D’accordo. E se andassimo a comprare un’altra bottiglia?
– Non hai sonno?
– Non più. La vita è breve e bisogna che uno se la beva tutta.

Osvaldo Soriano

 

Ora che Baldo Cappellano non c’è più sarà giusto ricordarlo per il suo talento e per le sue battaglie. Il produttore che ha rifiutato la logica dei punteggi e che ha tanto combattuto per la salvaguardia dell’identità dei vini e dei territori di Langa, il vigneron della sfida del nebbiolo su piede franco, il presidente di Vini Veri, l’eccelso barolista. Sarà giusto ricordare il personaggio pubblico, insomma, e altri sapranno farlo meglio di me.

Io non posso che rievocare un Baldo privato, la persona con la quale ho avuto il privilegio di condividere un breve pezzo di strada. Voglio, devo rievocarlo non per il gusto di contribuire al molto che verrà scritto su di lui in questi giorni ma perché la notizia della sua scomparsa – avvenuta da poche ore – mi addolora profondamente e mi fornisce la spiegazione di un sogno che ho fatto la notte scorsa e che adesso mi risulta come un presagio. Ma anche perché non ho avuto modo di abbracciarlo per un’ultima volta e la cosa, come sempre accade in questi casi, mi risulta insopportabile.

Io di Baldo ricorderò il modo in cui ci siamo capiti fin dal primo momento, il patto tacito attraverso il quale io comprendevo i suoi momenti di stanca e rassegnazione dovuti al peso delle tante battaglie e lui sopportava i miei eccessi e la mia cocciutaggine. Tra buoni compagni è così che si fa. Mi ricorderò la sua capacità di «essere duro senza perdere la tenerezza», per usare una frase cara a quelli che vedono le cose in un certo modo, e di lasciarsi prendere in giro, come accadde quando lo attendeva una premiazione al Vinitaly proprio nei giorni di Vini Veri.

Mi ricorderò l’antipersonaggio che in realtà si trovava a suo agio nei panni del personaggio.

Non potrò dimenticare che, se sono qui a Porthos, è anche un po’ colpa sua perché, quando cercavamo una sponda per quell’Appello che avevamo progettato insieme, gli chiesi se fosse il caso di rivolgermi a Sandro Sangiorgi. Mi ricorderò sempre quel suo dialogo con Beppe Rinaldi su donne e cavalli al quale ho avuto la fortuna di assistere e che avrebbe fatto la gioia di Monicelli. Quel giorno con Baldo andammo al Gabutti per fare un giro in vigna e raccogliere un po’ di pomodori. Perché lui coltivava l’orto proprio davanti a uno dei più prestigiosi cru dell’intera zona del Barolo. Era un contadino. Ancora, non dimenticherò quei suoi colleghi che mi parlavano di un produttore che «faceva troppa politica» e lo paragonavano con gretta ilarità a Don Chisciotte, senza rendersi conto che in realtà quella definizione gli calzava a pennello, se interpretata con poesia.

Questa sera un suo collega di Langa, diverso da lui nell’impostazione culturale ma simile in quanto a franchezza e onestà, mi ha confidato di essersi recentemente «chiamato fuori», per disillusione, da un impegno di natura paraistituzionale diretto alla salvaguardia dell’interesse collettivo. «Ma mi toccherà ricominciare – mi ha detto – adesso che non c’è più Baldo a impegnarsi per tutti noi. E’ il minimo che posso fare, per questa terra e per onorare la sua memoria».

Ricordo che Baldo parlava di sé come di uno che faceva «molta ombra», riferendosi alla sua altezza e alla sua ingombrante personalità. Sento che la Langa e l’intera Italia del vino da oggi sono orfane. Tutto sarà più complicato, ora che il destino ha voluto mostrarci l’ora senz’ombra.

Un abbraccio fraterno ad Augusto e le più sentite condoglianze a sua madre