Miniatura di Dicembre 2011

Il senso del 2011

Da mesi coltivo il desiderio di scrivere una miniatura commemorativa per alcune persone care che, nell’ultimo anno e mezzo, sono passate a miglior vita. Paolo Poli e Marco De Bartoli, Annalisa Sagona e Vittorio Paletta, Francesco Arrigoni e qualche altro amico che adesso non mi sovviene. Vorrei scrivere alcune righe per ognuno di loro, provando a condividere con chi frequenta il sito di Porthos il segreto di una memoria che ha il vino come filo conduttore tutt’altro che casuale, seppure in taluni casi penso che sarebbe accaduto lo stesso anche se a farci incontrare fossero stati fiori, filati o fiabe. Devo rimandare ancora.

Oggi, 21 dicembre, ho deciso di scrivere due parole sulla rivista. Il numero 37 sarà l’ultimo. Con l’età si ricorre con maggiore cautela alla parola “mai”, tuttavia posso dire che se Porthos tornerà, e per ora non ci sono margini per immaginarlo, non sarà più come l’avete conosciuta.
Eccolo il senso del mio 2011. La fine di un lavoro.
Prima di aggiungere alcune considerazioni, mi corre l’obbligo di rassicurare le amiche e gli amici il cui abbonamento scade con il 38 e oltre: verranno contattati di persona e riceveranno una proposta per recuperare il credito che vantano. Dunque non si tratta di una fuga, ma del completamento di un’esperienza che va chiusa in modo pulito.
Da quando, in marzo, ho comunicato che non avremmo più ricevuto la sottoscrizione del classico abbonamento a quattro numeri, molti dei sostenitori di Porthos hanno manifestato la loro preoccupazione, chiedendosi quali fossero i motivi di questa decisione. Sono stati diversi coloro che si sono offerti di pagare di più i nostri prodotti, pensando che si trattasse di una “semplice” questione economica. La rivista Porthos non si ferma perché la sua fragilità economica ha raggiunto un livello difficile da reggere, sarei davvero disonesto a sostenerlo, sebbene in questi ultimi anni lo sforzo per tenerla in vita è stato pesante. È che sono stanco. Soffro di quella stanchezza che impedisce di fare le cose solo per farle.
Pubblicare L’Invenzione della gioia ha provocato un effetto strano, i cui risvolti non sono peraltro ancora del tutto chiari: mi ha allontanato dalla scrittura, invece che sancire una conciliazione definitiva. Così, maggiore è la densità delle pubblicazioni sul tema enogastronomico – puntualissima nel periodo delle feste… – maggiore è il desiderio di tenermi al riparo. Mi domando: «è necessario aggiungere altra carta dopo tutta quella usata per le 3000 copie del libro uscito a febbraio e per Porthos 36 diffuso in autunno?». Più forte è l’informe vociare sul web, maggiore è il mio desiderio di stare in silenzio. Si potrebbe pensare che sia spocchia o indisponibilità a sporcarsi le mani, probabile… Forse c’è il timore di essere confuso in un marasma nel quale non ci si preoccupa più di firmare ciò che si dice e/o scrive. Può darsi.
Invece, mi piacerebbe gettarmi in qualche discussione sull’attualità, da quella più stringente – vedi il comportamento della Lega e di Cisl e Uil nei confronti del governo Monti (non credo di essere l’unico a chiedersi «negli ultimi dieci anni questi dove sono stati?») – alle questioni di respiro più ampio come, per esempio, il futuro dei nostri figli. Poi, per fortuna, ritorno in me e provo l’inadeguatezza a misurarmi su argomenti per i quali ci vuole ben altra preparazione che quella “di pancia” acquisita leggendo qua e là o ascoltando la radio – a proposito e per inciso, sto ragionando su una miniatura dedicata proprio a questo strumento: la radio a tutt’oggi mi appare straordinariamente moderna, quasi futuristica e rivoluzionaria, almeno nell’uso di alcuni conduttori che mettono in comune emotività e partecipazione…
E poi il vino è diverso. È così individuale che per scriverne con l’ambizione di avvicinarsi a chi legge, richiede uno sforzo di profondità molto costoso; inoltre prevede una disciplina della quale fa parte la frequentazione assidua del liquido odoroso; “assidua” non nel senso della quantità di bottiglie – lo ribadisco: molti dei miei colleghi dovrebbero bere di meno – ma della qualità e l’intensità del tempo da dedicargli.
Dunque, sento ancora intatto il desiderio di divulgare e continuo a sostenere la necessità di far durare ciò che si produce, dalle lezioni agli articoli, dai piccoli saggi ai libri più importanti. Non importa se non si possono vantare numerosi titoli, mi piace pensare che poche cose ben fatte possano rimanere per sempre nel cuore delle persone.
Perdonate la confusione di questa sera d’inizio inverno. Su Porthos 37 sarò senz’altro in grado di spiegare meglio quello che provo. Intanto vi prego di accontentarvi, almeno sono riuscito a dare una certezza: quello che uscirà in marzo sarà completamente dedicato alle degustazioni dei vini naturali e sarà l’ultimo numero della nostra rivista.

Augurando a tutte e a tutti che il 2012 non sia troppo complicato e che porti un numero limitato di delusioni – qualcuna ci vuole, altrimenti… – vi lascio una poesia che mi accompagna da tempo.

O anima mia, al tuo regno in terra
io diedi da bere tutta la saggezza,
tutti i nuovi vini e anche tutti i forti vini della saggezza,
vecchi di data immemorabile.

O anima mia, con ogni sole io ti irrorai
e con ogni notte e con ogni silenzio
e con ogni anelito: e tu crescesti
come una vite.

Friederich Nietzsche