Il Parafada 1990, la scoperta della sensualità

Ti riporto esattamente le considerazioni scritte in treno, la mattina seguente il felice incontro, mentre tornavo a Roma.
Nessuna modifica è stata fatta.
Concedimi solo una breve introduzione e due considerazioni finali.


La scelta del vino…

Non posso fare a meno di stappare un Barolo a Natale, ormai è entrato come “fattore tradizione” a casa mia, i miei sono consapevoli che se mi vogliono con loro mi devono sponsorizzare.
Ragionando sulle opzioni mi affascinava l’idea di prendere tutti in contropiede e proporlo, non il 25 dicembre con il classico brasato, ma la vigilia con il pesce, il baccalà è venuto subito in aiuto.
Sapevo che questo mi avrebbe portato lontano da Serralunga, che per me è il Barolo; avrò bevuto sì e no quindici Barolo e quelli di Serralunga mi sono sembrati sempre i più seri, i più duri e anche i più interessanti. Ho aperto a pagina 78 del Matrimonio tra cibo e vino e sono partito alla ricerca del Falletto “[…] perfetto sul baccalà […]”.

Un po’ perché fuori budget, un po’ per la giovane età, insomma mentre declinavo sul Falletto di Giacosa – bam! – in basso, nascoste ma ben coricate vedo Vigna Rionda 1991 e Parafada 1990 di Massolino.
E ho pensato: «Brasato tutta la vita».
Ho scelto il ’90 perché mi ricordavo un tuo commento – forse letto su Porthos – a proposito del fatto, ed era l’unica cosa che sapevo, che per te quest’annata apparteneva a una generazione precedente e non proprio agli anni novanta.


26 Dicembre 2011, in treno…

Vigna Parafada 1990, Massolino – Serralunga. Il tappo stupisce tutti, segnato dal liquido ben oltre la metà, era avvolto dal liquido ma i colori erano chiari e delicati.
È la prima volta che sono costretto ad annotare subito una riflessione sul colore.
La corrispondenza vista – naso – bocca è il punto più alto sinora conosciuto, ciò che la vista intuisce e l’olfatto scruta, viene confermato dalla bocca; è la trama del liquido odoroso, maturo ma vivo, stramaledettamente in forma dopo ventuno anni.
Si presenta con un bel granato arricchito dai riflessi che tendono all’arancio, rotato delicatamente il liquido è compatto, ma zero durezza, i suoi colori sono caldi, sono vivi e i suoi riflessi vogliono comunicarti un senso di disponibilità sconosciuto a molti suoi colleghi. Era incredibilmente pronto per essere bevuto.
Al naso note calde, come la camomilla, giocano con note di spezie, di radici, è un legame fitto, quasi sensuale – niente predomina – il tutto in brevi attimi; se lo aspetti, se lo scruti, se riesci ad entrarci in sintonia, lui si concede e ti prepara all’assaggio.
La bocca è stimolata dal tannino che, mi dispiace per chi lo pensa, con gli anni non svanisce e neanche si ammorbidisce; la differenza mi è sembrata nel tempo che impiega nel “prendersi” la bocca, mi è parso più lento, ma la sua parte dura era serrata e come!
Chiedeva la fibra di un brasato – ovviamente accontentato – con una variante però, la cannella, responsabile di un equivoco o di un bellissimo matrimonio tra cibo e vino.
È come se il vino, stimolato dalla cannella del brasato, a un certo punto si fosse attivato rilasciando lo stesso odore.
Suggestione o realtà non so, ma che momento… Erano l’alcol, l’acidità e la delicata trama in bocca a richiedere forse un pennuto nobile, non saprei quale, ma serviva una fibra con qualche ora in meno sulla schiena, il Brasato era un po’ ingombrante, il finale invece teneva, il Parafada chiude con una progressione che gioca tra il dolce e l’amaro della liquirizia e questa radice trova nella cannella un bellissimo interlocutore. Ripensando alle considerazioni iniziali, al campo emotivo stuzzicato da questo liquido odoroso direi che il termine “maturo” può indurre a incomprensioni. Penso alla mia dolce metà, anche lei del ’90.
Due anni fa il suo corpo era bello, con linee già definite ma non ancora affermate.
Ora, a ventuno anni, le sue forme, nonostante ricalchino quelle iniziali, sono cresciute, sono pronte, pronte per affrontare quel lungo, speriamo lunghissimo, viaggio di maturazione.
Ora, in sintesi, hanno raggiunto un grado di sensualità irripetibile.
Penso a questo guardando indietro, ripensando al Parafada, reattivo, preso in pieno, in grande spolvero, dopo ventuno anni così teso.
Ci ha tenuto lì, inchiodati davanti alla sua semplicità, a me e a tutta la famiglia, in questo affascinante Natale tra le morbide colline di Matelica.

Alcune considerazioni

Ovviamente ho scritto il tutto per me, quindi all’inizio ero un po’ indeciso se mandartelo così, poi ho pensato che al massimo ti saresti fatto una risata composta ma comunque rispettosa della mia associazione.
A parte gli scherzi, la cosa che in assoluto mi rimarrà impressa è la soddisfazione provata dopo la libera associazione; avevo preso il treno, tra l’altro pieno di gente, di mattina presto per essere puntuale al pranzo del 26 con i genitori della mia ragazza.
Rileggendo il tutto seduto accanto al finestrino ho provato entusiasmo.

Ero felice, cazzo, ero contento della riflessione fatta ed ero soddisfatto perché ho capito qualcosa in più sulla sensualità in generale, e nello specifico sul vino.
Un vino per essere sensuale credo abbia bisogno di una tensione ben precisa, frutto naturale: o è patrimonio proprio o non lo è; ma ciò non basta: bisogna anche essere fortunati, e io credo di esserlo stato con il Parafada, preso in pieno, in una fase di grande tensione, forse irripetibile.

Quel vino mi ha messo di buon umore, magari a distanza di anni non ricorderò i profumi o il bellissimo colore che aveva, ma l’emozione provata rimarrà bagaglio della mia esperienza, non solo di appassionato bevitore…