Miniature di Novembre 2005

Sessantotto pagine
Porthos ventidue è in allestimento. Le grandi pagine su cui sono stampate le lastre sono nella fase di piegatura, taglio e cucitura. Ancora qualche giorno e il Porthos dell’autunno 2005 verrà finalmente spedito ai nostri abbonati. Come anticipato si tratta di un numero diverso dal solito: è un lungo racconto della degustazione suddiviso in vari argomenti, un susseguirsi di schede a cui si alterna un’appassionata ricerca letteraria. Poesie, brevi racconti, brani di saggi e di romanzi illuminano il nostro soggetto preferito da posizioni diverse e imprevedibili. Questo fluire di parole è spezzato dai dipinti di Marcello Spada, il quale ha preparato una personale in esclusiva per Porthos 22: sono disegni perlopiù in bianco e nero con due fughe verso il colore di straordinaria forza evocativa.

Scomporre il vino
Coltivare il proprio gusto verso il vino e il cibo attraverso un percorso di conoscenza interdisciplinare che non si fermi all’assaggio sta dimostrando la sua efficacia. Sono sempre più numerose le persone consapevoli della propria facoltà di scelta, tale sicurezza è originata da una completa messa in gioco della sensibilità e dell’esperienza, senza temere i propri naturali pregiudizi, ma pronti ad accogliere la diversità e l’irregolarità come valori e non come limiti di cui non si conosce o non si comprende la natura.
Un approccio circolare evita la tentazione di scomporre il liquido odoroso in comode sensazione separate. Perché comode? mi si chiederà. Poter dire che un vino ci delude in bocca dopo averlo annusato, o sostenere che il suo sapore convince di più dopo un naso incerto, o ancora sceglierlo perché esprime una particolare proprietà slegata dalla sua unità, rappresentano tutte scappatoie per non approfondire la conoscenza, sono i tratti di una valutazione superficiale che richiederebbe ben altro sforzo. Un bicchiere di vino è sempre un’esperienza multiforme, questa però vive nella sua totalità perché frutto della strettissima relazione tra le parti. Un vino particolarmente colorato non varrà nulla se non avrà anche il resto, infatti, dopo l’assaggio, questa primaria impressione d’impatto visivo perderà qualsiasi contenuto evidenziando anche i motivi della debolezza cromatica. Allo stesso modo il profumo di alcuni prodotti aromatici, o la struttura di alcune tipologie dalla grande concentrazione, quando sono i soli punti di attrazione diventano i tratti di una caricatura deforme.
Il vino è un soggetto da considerare tutto insieme, è materia vivente indivisibile.

L’analisi sensoriale e il metodo (in)fallibile
Ho sempre pensato che la degustazione organolettica e l’analisi sensoriale fossero la stessa cosa. Poi, un giorno, Luigi Odello mi ha spiegato la differenza: la prima è sostanzialmente edonistica, e quindi non si pone l’obiettivo di indagine tecnica, la seconda è invece l’unico vero metodo scientifico per scoprire se un vino è buono o no. Nonostante la sua bravura il professor Odello mi ha convinto solo in parte. Credo che esercitare l’analisi sensoriale, come viene insegnata dal suo gruppo di lavoro, sia un ottimo metodo per conoscere se stessi e la propria sensibilità, limiti e talenti compresi. Compiuto questo percorso però è indispensabile affrontare l’educazione del proprio gusto: questa si raggiunge affrontando il vino, il cibo, tutte le bevande alcoliche e non, rinnovando di continuo i propri parametri di valutazione per evitare confronti inadeguati, sforzandosi di conoscere l’identità e l’origine di ciò che proviamo e non accontentandosi delle pur utili informazioni tecniche. Il vino ha troppo da raccontare per poter essere ridotto a un’analisi sensoriale che classifica i vini tra quelli impeccabili nella confezione e quelli che non lo sono. Conversando e degustando con alcuni sostenitori dell’analisi sensoriale, si scopre quanto sia schematica e ridotta la loro disponibilità ad affrontare il liquido quando questo chiede di essere aspettato, osservato secondo tempi diversi da quelli di una valutazione istantanea. In questo modo molti dei vini più interessanti passano inosservati, perché troppo complessi, chiusi o dotati di ermetica profondità, mentre vengono sopravvalutate le specialità esuberanti e dotate di maggiore immediatezza.

Autogrill e limiti di velocità
Concedetemi un temporanea licenza da qualunquista utente della strada.
L’inasprimento dei controlli sui limiti di velocità produrrà un piccolo abbassamento di incidenti stradali, ben al di sotto rispetto alle attese dei promotori del provvedimento, ma quanto basta per dargli il sonno tranquillo. Tanto nulla cambierà: i veri responsabili degli incidenti, soprattutto quelli mortali, non viaggiano in autostrada, e quando succede non vanno certo ad alta velocità; mentre quando in autostrada si assiste a vere scorrettezze, tipo sorpassi a destra, non ci sono i controlli, tanto che chi è abituato a farlo continua indisturbato, dappertutto. Insomma si guarda dove è più facile prendere, mentre una vera educazione stradale è troppo impegnativa da affrontare, meglio dunque aspettare che la faccia il prossimo che verrà.
L’invito a fermarsi presente nella segnaletica a messaggio variabile non fa i conti con il crollo qualitativo del cibo messo a disposizione dalla catena Autogrill: ormai per uno stomaco normale i vari prodotti, da quelli del mattino ai ripieni salati, sono diventati indigeribili, altro che sosta per rifocillarsi. Come alcuni sapranno i panini e le specialità da forno sono tutte surgelate, quindi se non si consumano in un tempo brevissimo dovrebbero essere buttate; da un lato immaginate lo spreco, ma dall’altro se non vi si rinuncia diventano ancora più difficili da digerire. Questa è la nostra civiltà.