Porthos Paper #1 – Voci sul prezzo del vino buono

Porthos Paper #1 – Voci sul prezzo del vino buono è una raccolta di interviste a trentasei produttori, tredici enotecari, tre enotecari online, quattro distributori, nove ristoratori, cinque agenti di commercio. L’indagine uscirà solo in formato digitale e sarà disponibile sul nostro nuovo sito www.porthos.it a partire da lunedì 7 giugno. Porthos Paper è un libro di 211 pagine e costerà 10 euro.

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Tutto è nato da un pezzetto, lo chiamiamo “miniatura”, apparso sul sito di Porthos il 31 dicembre 2020, dove prefiguravo la possibile difficoltà di permetterci alcuni vini buoni, visti i prezzi di vendita al dettaglio che stanno diventando inaccessibili a noi della classe media. Quando parlo di “classe media” intendo una comunità di cittadini che ha rappresentato e ancora incarna la base fondamentale per la riaffermazione di vini buoni, dopo una fase nella quale a imporsi sono stati modelli privi di senso agricolo, di originalità e trasporto emotivo. In quelle righe avevo promesso che ci saremmo occupati del prezzo cercando di analizzarne le componenti comprensibili e condivisibili. Resto infatti convinto che di alcune variabili può essere a conoscenza solo chi fa il lavoro del produttore in prima persona e, giorno dopo giorno, può rendersi conto di cosa davvero succede. Ma anche in questo caso è tutt’altro che facile individuare con precisione delle cifre e ordinarle per attuare un programma economico completo. Il più raffinato sistema di controllo dei costi fatica a far emergere una verità nella produzione del vino, soprattutto se si lascia all’agricoltura la possibilità di conservare la vita dalla vigna fino al calice.
Dalla prefazione di Sandro Sangiorgi

Cosa sappiamo dell’economia del vino? Io poco. Senza girarci intorno, è l’aspetto che m’interessa meno. Ma come posso tenere al riparo una bottiglia dall’aspetto economico? Significherebbe trascurare alcuni degli aspetti fondamentali e profondi che racchiude: lo spirito di sacrificio, la conoscenza, i tentativi di chi il vino lo fa. 
Abbiamo coinvolto aziende dislocate in luoghi molto distanti dal punto di vista geo-morfologico che ci hanno permesso di capire quanto possano essere diverse la quantità di ore impiegate nel vigneto per la potatura, la legatura, la somministrazione di trattamenti antiparassitari, così come i tempi di maturazione e affinamento del vino. Ulteriori costi. Anche il processo di confezionamento del vino è una voce rilevante, basti pensare ai costanti rincari di vetri e tappi. Altri elementi incisivi sono quelli commerciali, dall’amministrazione alla promozione, i viaggi, le fiere, gli sconti e le spedizioni. Il resto del dossier prende in considerazione gli altri protagonisti della filiera del vino: distributori, rappresentanti, ristoratori, wine bar, enoteche e negozi online. 
Abbiamo pensato ed elaborato questo lavoro come uno strumento che ci permetta di fare valutazioni adeguate grazie proprio alle testimonianze dei diretti interessati. Troppo spesso, infatti, ci si accontenta della visione effimera che il prezzo autorizza: «Negli ultimi cinque anni il prezzo di questo vino è aumentato in modo impressionante, il produttore è un disonesto!». Oppure: «Da quando l’azienda è entrata in quella distribuzione, il produttore si è montato la testa».
Siamo certi di tenere in considerazione quel che accade? A volte pretendiamo di giudicare, in modo sbrigativo, scelte necessarie, ragionate, magari imposte, pena la mancata retribuzione, se non il fallimento di un’azienda. Cerchiamo di essere cauti.
Dall’introduzione di Matteo Gallello

Pensi che per il consumatore medio sia sempre più difficile accedere ai vostri prodotti?
Sì, certo, ma la risposta me la do quando alle 6 del mattino vado a pagare le bollette e vedo persone che guadagnano 40-50 euro al giorno comprare venti gratta e vinci che poi buttano nel cestino. Il limite è solo culturale, non di spesa.
Antonino Barraco, proprietario dell’azienda Barraco

Qual è la proporzione tra mercato nazionale, regionale ed estero? Quanto incide il mercato online?
Abbiamo sempre venduto molto all’estero ma prima del Covid eravamo arrivati al 15% in Italia. Purtroppo ora siamo sul 4-5%.
In questo periodo per noi le vendite sono aumentate: eravamo preoccupati ma si sono aperti nuovi canali esteri, soprattutto asiatici. In Campania vendiamo pochissimo, anche perché siamo sempre stati drastici: se forniamo il vino direttamente, il pagamento deve essere anticipato. Crediamo che questa modalità abbia ridotto notevolmente le vendite che ora costituiscono solo lo 0,1% del totale. Le vendite online rappresentano circa l’1%, preferiamo far lavorare i nostri distributori.
Antonio di Gruttola, proprietario dell’azienda Cantina Giardino

Quanto sei disposto a spendere per una bottiglia in enoteca o al ristorante?
Sono disposto a spendere molto perché si tratta di cultura, è come acquistare un quadro: non è solo una questione di gusto ma anche di nutrimento per la mente.
 L’ultimo acquisto a un prezzo molto alto è stato un Soldera del 1993 a 800 euro; oltre i 10mila euro preferisco comprare la terra.
Frank Cornelissen, proprietario dell’azienda omonima

Quanto incide, sul prezzo finale, il rapporto con il distributore?
I nostri vini stanno subendo una speculazione fortissima. Tendo a fare le mie valutazioni ma non riesco a tracciare le bottiglie, non so dove vanno a finire. Spero che arrivino sul tavolo
di qualche ristorante, ma non sempre è così. Vediamo che il prezzo dalla cantina all’enoteca aumenta da 38 euro + iva a 150 euro in un solo passaggio ed è un po’ imbarazzante dopo tutto il nostro sacrificio. Ci sforziamo, poi, affinché restino in Italia, ma a volte scopriamo che partono per mercati dove non abbiamo un importatore…
Marta Rinaldi, proprietaria dell’azienda Giuseppe Rinaldi

Quanto costa produrre vino nella vostra zona?
È molto diverso di zona in zona. Qui nel Monferrato i costi sono ancora abbastanza competitivi, i terreni sono accorpati e non sono difficili da trovare. L’unico vero problema è costituito dalle malattie della vite.
In Irpinia è tutto più costoso, anche perché, ad esempio, non c’è un contesto commerciale intorno alla vendita delle attrezzature necessarie alla produzione del vino. Paradossalmente mi conviene comprare le bottiglie in Piemonte e portarle in furgone in Irpinia, dove costano il 40% in più. Lì c’è poca voglia di migliorarsi, la scarsa concorrenza causa un cattivo funzionamento dell’economia.
Guido Zampaglione, proprietario delle aziende Tenuta Grillo e Il Tufiello

Com’è cambiato il mercato dei vini naturali negli ultimi 5 anni?
Ho assistito a un’omologazione: molti rossi fatti con la macerazione carbonica oppure bianchi macerati sulle bucce. Troppo spesso si tende a preferire vini più immediati che, a mio avviso, costano troppo. Eppure il mercato li richiede e vengono prodotti anche da aziende che, solo pochi anni fa, se ne tenevano alla larga; alcune realtà, invece, nascono proprio con l’intenzione di fare questi vini.
Antonio Marino, proprietario dell’enoteca Les Vignerons

È cambiato il vostro fatturato nel 2020?
Sì, è cambiato molto, siamo passati da venti a trentasette milioni e mezzo di euro. Credo che l’abitudine di acquistare online si consoliderà, anche se sicuramente c’è chi l’ha fatto quest’anno e non lo farà più.
Marco Magnocavallo, amministratore delegato di Tannico

Come stabilite il prezzo da applicare sul catalogo?
Ritengo che i prezzi non debbano cambiare quando l’azienda entra nel nostro catalogo. Chi è distribuito da noi non ha il costo del rappresentante, gode di un’amministrazione più semplice e del pagamento immediato. Lo sconto dei produttori, in media del 25-30%, deve permetterci di uscire più o meno allo stesso prezzo, infatti il margine sulle nostre referenze italiane è basso, circa del 10%. Non sono un commerciante di vino, sono un distributore, il prezzo lo decidono i produttori.
Luca Gargano, proprietario e fondatore della distribuzione Velier

In cosa consiste il rapporto con i distributori e i rappresentanti? Pensi siano figure imprescindibili?
Il distributore, sempre se serio e appassionato, è imprescindibile per la ristorazione. Sappiamo che il loro lavoro è molto più difficile con il vino naturale.
Ci sono però distribuzioni che con passione riescono a mettere insieme anche delle piccole quantità, che difficilmente riusciremmo a reperire direttamente. Non ho apprezzato la vendita diretta tramite ecommerce fatta da alcuni grandi distributori, si sono dimenticati di noi e non va bene.
Sergio e Matteo Circella del Ristorante La Brinca

C’è stato un aumento dei prezzi da parte dei produttori negli ultimi cinque anni? Qual è la causa?
Che sia vino naturale o convenzionale gli aumenti ci sono sempre e la pandemia non ha cambiato le cose. Alcune aziende decidono di aumentare di poco ogni anno, altre un po’ di più ma ad anni alterni, ovviamente sempre in base al loro posizionamento sul mercato.
I motivi sono sempre gli stessi, chi non aumenta è perché non vende o si è già posizionato su una fascia alta di prezzo. Ci sono produttori che, seppur naturali, aumentano i prezzi guardando alla dinamica della domanda e dell’offerta, senza porsi troppi limiti. Certo, fa parte delle leggi di mercato, però oltre una certa soglia il prezzo non rappresenta più un valore ma un lusso. Alcuni vignaioli hanno un atteggiamento coscienzioso, altri più pragmatico, in generale non mi sento di biasimare nessuno, ma ammiro i primi.
Carlo Serafini, socio e fondatore dell’agenzia Terraviva

La ricchezza di spunti produce domande, che scaturiscono quasi autonomamente dalle pagine, tuttavia il nostro studio non ha la pretesa di rispondere a queste domande, ma le rilancia, ponendo le basi per un dibattito più ampio, di cui troppi non sentono la mancanza, accoccolati nel social-marketing e nella comunicazione atrofica dei comunicati a cui dare diffusione.
La scommessa è tutta qui, ravvivare la fiamma della discussione, dello scambio e del dialogo, anche contrastato, continuando a cercare. E chi si ostina a cercare fra queste pagine, troverà un aspetto che rischia di passare inosservato, ma ricorre fra cifre, teorie e ragionamenti: la storia del vino naturale vista attraverso la produzione e il commercio e narrata dai singoli, a comporre una sorta di affresco dove le pennellate non sono sempre uniformi e in accordo. Anzi, sembra a tratti che lo stesso fenomeno abbia avuto radici diverse, a seconda di chi parla, analizza, racconta, interpreta, chiamando chi legge a tornare indietro, a rileggere, a ripensare e confrontare.
Come al solito, volevamo parlare di una cosa sola, il prezzo: è andata diversamente.
Dalla postfazione di Damiano Maurizio Raschellà