Catch Me If You Can

2002, spiragli da una stagione oscura

a cura di alice mazzali

… Con denudata impudenza oppure con pavido tremore
concedimi la florida vaghezza delle tue labbra:
io e il mio cuore non siamo vissuti fino a maggio. 
Vladimir Vladimirovič Majakovskij, La nuvola in calzoni

Una nuova moneta, l’Euro, entra in circolazione. Tra i film interessanti di quell’anno si segnalano: Il pianista, diretto da Roman Polański, Prova a prendermi, di Steven Spielberg, Harry Potter e la camera dei segreti, diretto da Chris Columbus, Il signore degli anelli – le due torri di Peter Jackson, L’imbalsamatore, primo lungometraggio di Matteo Garrone. Il premio Oscar per il miglior film va a A beautiful mind, di Ron Howard. Gli Afterhours danno alla luce il loro settimo album Quello che non c’è. Esce l’album American IV: The Man Comes Around, l’ultimo di Johnny Cash mentre è ancora in vita. Franco Battiato pubblica Fleurs 3, i Queens of the Stone Age il disco Songs for the Deaf e i Wilco il loro quarto lavoro, Yankee Hotel Foxtrot. Vincono il festival di Sanremo i Matia Bazar con Messaggio d’amore, il premio della critica va a Daniele Silvestri per la canzone Salirò. Anna Tatangelo si impone nella sezione giovani con Doppiamente fragili
Eleonora Pedron è Miss Italia 2002. La Prima stagionale della Scala di Milano è Iphigénie en Aulide di Christoph Willbald Gluck, diretto da Riccardo Muti. Riccardo Giacconi vince il premio Nobel per la fisica. Alle Scuderie del Quirinale si tiene una mostra sui dipinti di Rembrandt. Il Brasile sconfigge la Germania nella finale dei mondiali con una doppietta di Ronaldo. 

Catch Me If You Can

Sandro: Matteo, tu che facevi nel 2002?
Matteo: Avevo diciassette anni, frequentavo il liceo classico presso l’Istituto salesiano di Soverato. Bevevo vino, aiutavo con piacere i miei nonni durante le potature e i trattamenti nel piccolo vigneto di famiglia.
Sandro: Che trattamenti? 
Matteo: Trattamenti piuttosto invasivi, mio nonno mi consigliava di bardarmi. Per fortuna, negli ultimi dodici anni, mio padre ha utilizzato solo zolfo, nient’altro. Il vino già mi interessava, lo bevevo, iniziavo a leggere, a studiare le denominazioni. Ho un chiaro ricordo della 2002 in Calabria: molti Cirò Riserva di quell’anno si sono rivelati molto interessanti. Il Ripe del Falco di Ippolito del 2002 è un vino che, ancora oggi, riconosco come buono. 
Sandro: Nonostante l’annata, che ricordiamo come una tra le più complicate degli ultimi decenni, ci sono state, tra i vini del 2002, delle eccezioni importanti. Una l’ha appena citata Matteo, ma forse la più clamorosa è quella della Valtellina, che considera la 2002 una delle annate più significative del nuovo secolo e del precedente. In alcune zone la vendemmia era in ritardo, perché la primavera e l’estate erano state complicate. Molti dei termini normali della quarta epoca di maturazione – da metà ottobre fino alla fine di novembre – sono stati ulteriormente spostati. Ricordo molto bene la luce, il calore, la moderazione dell’autunno di quell’anno. Il clima permise a zone che di solito arrivano a maturità più tardi, e sono quindi spesso più coinvolte dalle piogge autunnali, di dare vita a vini interessanti. Le annate così, caratterizzate da malattie in primavera, hanno di solito delle complicazioni comuni. Cosa significa? Perché l’annata comincia già claudicante? Che cosa comporta questo nell’economia di una vigna? Lo chiedo a Daniele Presutti. 
Daniele: Mentre facevi l’introduzione pensavo alle annate 2019 e 2020. La 2019 ha avuto un maggio freddissimo, però è piovuto solo prima della fioritura e i mesi successivi sono stati equilibrati. Questo ha permesso di non trattare quando i fiori erano già spuntati. Quando invece, come quest’anno, sei costretto a dare i trattamenti a giugno, dopo la fioritura, è un’altra cosa. 
Sandro: Che cosa significa?
Daniele: Non so se avete mai visto il fiore della vite, è delicatissimo. Quando passi con un’irroratrice – per quanto possa essere a bassa pressione – spruzzi un metallo pesante che ha comunque una forza, un’energia che in qualche modo viene sentita dai pistilli che stanno nascendo. 
Sandro: Quindi cosa hai riscontrato quando poi sei andato a fare la vendemmia?
Daniele: L’anno scorso, il 2019, per me è stato da ricordare per la qualità e la quantità delle uve. Nonostante mi auguro che un maggio così non si ripeta mai più. 
Sandro: Invece che dici della complicatissima 2018?
Daniele: Quell’anno ha piovuto sempre, soprattutto ad agosto. 
Sandro: La ’18 è considerata l’annata che più ricorda la 2002. 
Daniele: Tosta. Però, per esempio, da un’annata perfetta come la 2019 non sono usciti dei vini così emozionanti. Mi pare comunque che nel 2002 ci sia stato il boom dei vini del sud, che in qualche modo sono stati riqualificati. Mi ricordo alcuni nero d’avola, salice, negroamaro… 
Sandro: Te li ricordi da consumatore?
Daniele: Sì, quando frequentavo l’università. Ero famoso tra i miei amici perché bevendo solo vini da quindici gradi mi si arrossavano sempre le labbra.
Sandro: Come ricordi la primavera del 2018? Com’era lavorare in vigna?
Daniele: Un periodo complicato, perché mi ero trasferito da Roma a Monteporzio Catone. È stata un’annata difficile dal punto di vista agricolo, ma i vini hanno dato una buona risposta. Sono vini più emozionanti; nonostante questo, non è detto che una vigna debba soffrire per avere un buon vino. 
Sandro: Una delle cose che potremmo provare a esplorare stasera è il fatto che quando un’annata parte complicata, ha un’estate faticosa e una vendemmia umida, è evidente che si diluisce il potere del mosto e tende a prevalere la vena acida. È vero, la prevalenza della vena acida è uno degli elementi costituitivi della conservabilità del vino, ma conservabilità ed evoluzione sono due concetti diversi. La conservabilità è una condizione fondamentale dell’evoluzione, ma non l’unica. Cosa direbbe Daniele di fronte a una pioggia durante la fase di raccolta? Che quel mezzo grado di alcol perduto finisce per far prevalere l’acidità, che può prendere il sopravvento e diventare una specie di riferimento autarchico. Nel conservare se stessa tende a bloccare la trasformazione del vino. L’acidità, la spina dorsale del vino, a volte è talmente dritta da non concedere neanche un movimento, talmente rigida che l’unico modo per superarla è spaccarla. La spina dorsale di un vino buono è invece duttile, asseconda l’evoluzione. Attenzione a non fidarsi di una sensazione – calore, freschezza, astringenza, corposità – che dà l’impressione di favorire la conservabilità, perché essa, da sola, non aiuterà mai a garantire un progetto evolutivo. Dopo cinque minuti, in vini così, la noia cala inesorabile. Il vino è impegnato da se stesso, non ha il minimo desiderio di partecipare. 

2002 viola

Matteo: Pensavo a un confronto inevitabile, innanzitutto per la carenza di luce, tra la 2002 e la 2014. La cosa che mi sbalordisce, in particolare della 2014, è il fatto che sono venuti fuori dei vini interessanti anche da zone problematiche. Volevo chiederti se, anche nel 2002, ci sono state delle situazioni virtuose in cui il produttore come custode del vigneto – e poi anche del vino – ha avuto la capacità di emergere in modo particolare. 
Sandro: Uno dei casi più eclatanti è quello dei vini di Langa, una zona martoriata quell’anno.
Penso al confronto tra il Barolo 2002 di Rinaldi e il 2002 di Cappellano. Mentre il 2002 di Rinaldi è stato venduto e amato, non credo che il 2002 di Cappellano sia uscito. A una cena con Cappellano e Rinaldi, Baldo serve nei calici la sua 2002 ancora in affinamento e Beppe gli dice «ma hai portato il Barolo Chinato?» perché era un vino appeso a un filo, dal colore diafano e dal profumo fragilissimo. Per me era affascinante, ma sono convinto che quella critica un po’ pungente che fece Rinaldi – una critica di pancia, d’amicizia, che non aveva alcun intento negativo – colpì molto Cappellano. Non ricordo se poi sia stato messo in commercio, probabilmente no. 
Matteo: Io ricordo la 2002 di Rinaldi, così come la 2014 di Cappellano. Continuo ad associare 2002 e 2014 per l’andamento similare: le precipitazioni, il tasso d’umidità, le temperature medie. Bisognerebbe anche appurare cos’è avvenuto nella medesima zona. Certo, non è detto che i vini migliori del 2002 siano anche i migliori del 2014. 
Sandro: Da quando mi occupo di vino ci sono delle annate famose per i vini eterni che hanno prodotto, vini che però poi sono difficili da bere, dalle acidità così violente che rendono i vini inaccessibili. La prima annata che mi viene in mente è la 1984. Fino a vendemmia inoltrata ci fu molta umidità. Ricordo molto bene quando nella primavera del 1987, avevo appena cominciato a lavorare da Ciarla, cominciai a bere i vini del 1984 che Alberto e la brigata di sala non avevano toccato. C’erano bottiglie di produttori friulani meravigliosi… L’annata aveva però una cattiva fama e loro non li avevano considerati all’altezza. In qualche caso i vini erano proprio indimenticabili. È evidente che la selezione delle uve – quindi la rinuncia a una certa quantità – fece la differenza. La 1984 è stata l’ultima annata di Jermann in bottiglie renane, dopo quel periodo l’azienda si trasformò e quindi anche i vini cambiarono.

Schede di degustazione elaborate sugli appunti di Greta Bertoli, Roberto Lo Pinto e Sandro Sangiorgi

Trebbiano d’Abruzzo 2002 Pepe (Torano Nuovo)

Introverso, polvere da sparo, limone e idrocarburi. L’estrema tensione gustativa è un po’ autoreferenziale; appare crudo. L’acidità prepotente lascia solo intravedere lo spessore gustativo. Nella sua violenza, conserva se stesso. 

Montepulciano d’Abruzzo 2002 Pepe (Torano Nuovo)
Scuro e profondo, carnoso e sanguigno. Tannini uniti e compatti, sviluppo misurato. Ritroso senza essere altero, apre alla fine uno spiraglio che mostra concretezza. Lineare, dall’apprezzabile tessuto, l’insieme poggia sull’acidità. In principio si protegge, a un certo punto si muove e diventa affascinante, godibile. 

1. 1368 2002 Barranco Oscuro (Cádiar, Granada)
Granato vivo. L’impatto odoroso è oscuro. Fresco e fluido, energia pulita. Ha un profilo accogliente, disponibile all’incontro. Teso, il tannino è concentrato, l’acidità scoperta, nitidi i confini, sereno e compiuto. 

2. Barbacarlo 2002 Lino Maga (Broni)
Roberto e Greta: Cupo e reticente, sembra di mettere il naso in un buco nero, la sua profondità porta a sentirlo più e più volte. In bocca è solido, pulito. Bell’allungo, non di grandissima potenza. È un’attesa silenziosa e serena.
Sandro: Granato limpido. L’impatto è aperto. Nobile maturità, tempra di grandissimo valore e spunti importanti. Eleganza speciale. 

3. Le Trame 2002 Podere Le Boncie (San Felice di Castelnuovo Berardenga)
Roberto e Greta: Viscerale, radicale, animale, selvatico. Grande energia. Sotto i profumi autunnali di funghi e cuoio si cela il fermento dell’humus, che si esprime nella grinta dell’acidità, nell’aspetto ematico, nella fermezza del tannino.
Sandro: Granato arancio. Impatto di una pungenza floreale felice. Ricercato, evoca vita in movimento, ricorda la frutta aspra, di bella pulizia. 

4. Château Musar 2002 Château Musar (Valle della Bekaa, Libano)
Granato arancio. Impatto dolce, maturo, poi c’è un lato generoso, voluttuoso. Profilo seducente, dietro le note di cacao si nasconde la natura vegetale. Il suo carattere gentile a tratti cade nella ruffianeria, eppure il calore, la parte viva e la tenerezza hanno la meglio e restituiscono il fiero portamento mediterraneo.

5. Sassella Rocce Rosse Riserva 2002 Arpepe (Sondrio)
Roberto e Greta: È affumicato. Il profilo è aereo ed essenziale, tutto giocato verso l’alto. I tannini si dispongono bene. Irretisce con il profumo di caramella al latte e miele per poi sorprendere con l’acidità esplosiva, la trama tannica fitta, le sensazioni saline di grande finezza.
Sandro: Granato limpido, vivo. Impatto di distillato di frutta con influenza floreale, sotto c’è uno strato appena farmaceutico, ma ha elettricità da vendere. Luminoso e dinamico.

6. Trebbiano d’Abruzzo 2002 Valentini (Loreto Aprutino)
Giallo vivo. Camomilla, caffè e mortadella, essenziale. Flusso di notevole portata, ritmato, salino. L’acidità scava nella fibra del liquido arrivando in profondità. Vino eccezionale, energia purissima.

7. Coulée de Serrant 2002 Nicolas Joly (Savennières, Loira)
Propoli, bruciacchiato e accogliente, calore equilibrato. È come se durante il passaggio sulla lingua si manifestasse una reazione a catena. Affascinante, cresce attraverso un fluire incredibile, mille vibrazioni s’incrociano. Lo slancio arriva dal basso, raccoglie le energie per portarsi verso l’alto; la freschezza segue lo stesso movimento, tesa e interminabile.

2002 bt

Un’annotazione finale che riguarda i vini migliori inquadra il comportamento nel calice e nella memoria. È una sorta di “oltretempo” e li vede primeggiare per la capacità di liberarsi di alcune scorie espressive e di affermarsi senza possibilità di replica. Ciò non significa rinunziare al dualismo tra luce e ombra, caratteristico di bellissime opere d’arte, anzi… se possibile si tratta di estenderne il senso e il significato.