All’ombra delle mura

Ma sì, Giampi, è già passato un anno da quel “potrei vergognarmi” dedicato alla manifestazione di Cittadella per il sito di Porthos. E qui ci stanno bene i soliti commenti malevoli sulla perfidia di piè veloce crono che non si può sconfiggere….

Ora è “il giorno dopo” e i bicchieri della degustazione di ieri mi aspettano in mezzo agli altri, sporchi, sul marmo della cucina. Ci hanno messo poco a familiarizzare con le altre stoviglie e lì ci stanno bene. Cosa vuoi… si sentono protagonisti perché –– che bello! –– profumano ancora di acacia e gelsomino l’’uno, di vaniglia e di nonsocosa l’’altro.
Aspetto che esca il caffè della colazione e mentre la cuccuma borbotta, mi ritrovo lì ad annusarli a occhi chiusi, pieni ancora dell’’essenza di tutti i filari e le pergole che tessono le geometrie delle campagne e dei monti, dall’’Etna a Bolzano.

E’ già un anno dopo, quindi, dal mio primo slancio d’’amore per la manifestazione “All’’ombra delle mura” e tu ora mi chiedi di continuare la tradizione e scrivere qualcosa in proposito. Ma oggi viaggio col digestivo antonetto come amico fidato, in un anno di cose ne sono cambiate.… Va da sé che gli assaggi di ieri sono stati limitati come non avrei mai voluto e ho sostato per troppo tempo davanti al banchetto del succo di mela di montagna torbido naturale, peraltro veramente degno di nota.

Altari marmorei con gli spigoli ammorbiditi dall’’età mi facevano da poltrone e da sfondo nella chiesetta del Torresino, non meno sacra che in passato, anche se di altro genere erano le estasi che si leggevano negli occhi dei “fedeli”. Io, spruzzata di tristezza e di benevola invidia, osservavo la gente degustare, scambiarsi opinioni, roteare bicchieri in controluce, riassaggiare, sorridere, riconoscersi, darsi manate sulle spalle (rischio spruzzi su Lacoste molto elevato) e promettersi nuovi incontri. Il tutto sotto gli sguardi rigidi e obliqui di Sant’’Anna, San Gioacchino, la Vergine con San Rocco, o quelli stanchi dell’’imponente e malandato Cristo ligneo che ci contemplava afflitto dal suo angolo. Se avesse potuto –– ne sono convinta –– sarebbe sceso volentieri dalla croce appesa lassù per sgranchirsi un po’’ e scambiare qualche idea su questi nettari… paradisiaci.

E che dire di te, Giampi? Consapevole che non potevano essere gli scherzi del vino, mi sto ancora chiedendo come fosse possibile vederti dappertutto dopo ogni battito di ciglia in cielo, in terra, in ogni luogo, toccato dal dono dell’’ubiquità. Eccoti sorridente versare del vino da dietro un banchetto, e poi là, indaffarato ad aiutare a pulire davanti all’’altare di non so più quale santo; ruotare il capo di poco e vederti già passare con un carico di sarde in saor, contemporaneamente disponibile protagonista di un’’intervista con tanto di telecamere puntate addosso, e poi rispondere a domande di gente assetata anche di conoscenze, e ancora piantonare con Samuel il punto Porthos, sotto gli immaginari sguardi stavolta di San… giorgi. Mi viene da pensare a quanto la passione possa non far sentire le fatiche, o meglio –– per dirla con Ovidio –– a quanto il buon vino doni il coraggio e renda l’’uomo capace di passioni. Complimenti!

Per i giudizi sui vini mi baso sui commenti dei parenti –– leggi marito e cognata –– che, senza problemi di antonetto, non se ne sono fatti scappare uno, colpiti ad un tempo dalla generale elevata qualità delle proposte e poi dalla cordialità e disponibilità di tutti gli espositori, proprio come era l’’anno scorso. Citarne qualcuno sarebbe fare un torto agli altri, tanto diffuso era il buon umore, tanto la passione traspirava dalle parole e dai sorrisi di tutti e di ciascuno.

Il giorno dopo, una torna a spulciare tra pieghevoli e biglietti da visita e si imbatte in una citazione e si rende conto che possono passare anche nove secoli, ma che l’’essenza del vivere, le cose che contano davvero, sono sempre le stesse: “Le ciel donne naissance, la terre nourrit et l’’homme affine” (Bernard de Clairvaux, 1091-1153).

Alla prossima, allora… e grazie.

Luisa