Il sorpasso

Anche quest’anno, sulle scrivanie dei giornalisti del vino, è arrivata, puntuale e austera, l’INDAGINE SUL SETTORE VINICOLO in Italia, un documento stilato dall’Ufficio Studi di Mediobanca. Gli uomini di Piazzetta Cuccia si sono impegnati come sempre: rigorosi e lucidi, tratteggiano un profilo delle prime 50 aziende vinicole italiane (classificate per fatturato) e non risparmiano cifre, grafici, analisi e considerazioni. Lo studio, che è di libera consultazione, contiene conferme e novità.
Confermata, ad esempio, la natura “capital intensive” del vino, così come la crescita d’importanza, nei canali distributivi, della GDO (Grande Distribuzione Organizzata). La quale ha rafforzato i legami con le aziende di maggiori dimensioni, contribuendo così a separare sempre più i destini dei grandi e dei piccoli: in altre parole, l’aziendona vende sempre di più alla GDO, mentre il piccolo produttore vende al ristoratore e all’enotecario.
Fra le novità, le migliorate performance generali, sia di vendite sia di redditività, a testimoniare il momento positivo dell’industria italiana del vino.
L’indagine, come nelle precedenti edizioni, offre anche uno spaccato sull’estero, dove la musica è la stessa da anni: Constellation (vd Porthos 24) e Foster, i due maggiori operatori mondiali, si rincorrono a suon di fusioni e acquisizioni, comprando cioè questo o quel concorrente e le sue quote di mercato.
Le cifre sono lontane da quelle a cui siamo abituati qui da noi: CAVIRO, in testa alla classifica italiana per fatturato, non arriva ad un decimo dei ricavi di Constellation.
E soprattutto, CAVIRO, al pari delle altre grandi realtà vinicole italiane, non è quotata in Borsa.

Come ben sanno i lettori di Porthos, uno dei motivi che spingono i protagonisti del mondo finanziario ad occuparsi di vino è la speranza che, prima o poi, le bottiglie arrivino a Piazza Affari. Finora le specificità del settore lo hanno impedito, al punto che gli studiosi di Mediobanca sembrano compilare il loro documento per il puro piacere accademico, più che per la speranza di accompagnare in Borsa qualche bel nome del vino italiano. Ma la speranza è l’ultima a morire. Infatti, a ben guardare la classifica per fatturato delle prime cinque aziende italiane, scopriamo che la spettabile Ferdinando Giordano SpA ha sorpassato, in termini di ricavi, nomi ben più blasonati, come Antinori e Gancia. E chissà che non sia proprio la Ferdinando Giordano, azienda oscurata dalle guide e orfana di premi, ma dai brillanti risultati di bilancio, ad arrivare per prima al traguardo di Piazza Affari. Ad aiutare l’azienda nel suo cammino verso la quotazione penseranno, molto probabilmente, i nuovi azionisti di controllo, gli investitori di PEP (Private Equity Partners SGR) e MEP (Mid Equity Partners), che hanno acquisito la società con una tipica operazione di LBO (Leveraged Buy Out), uno strumento finanziario che i nostri lettori hanno già avuto modo di conoscere (cfr Porthos 21 e 26). Si parla di una cifra intorno ai 180 milioni di euro, realizzata con l’aiuto di finanziamenti per 130 milioni, una somma molto vicina a quella del fatturato dell’azienda. Quest’ultima, per ripagare i debiti e creare valore per gli azionisti, dovrà necessariamente accrescere i propri ricavi, ottenuti attraverso le vendite dirette. Altro che bottiglie “superpremium“, questa è la rivincita del vino commodity, ben presentato e meglio venduto, perché la Ferdinando Giordano, a soli 129,50€, vi regala una mountain-bike assieme a 18 bottiglie di vino dai nomi fascinosi e, non contenta, aggiunge pure una macchina fotografica. Il tutto, comodamente a casa vostra.

Un ulteriore approfondimento su Vino e Finanza è disponibile su Porthos 23.