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Biondi Santi o croce e delizia del Mito


Tutto dunque può essere mito? Sì, a mio avviso, perché l’universo è infinitamente suggestivo.
Roland Barthes
Sono passati ormai tre anni dall’acquisizione della maggioranza di Biondi Santi da parte del Gruppo EPI (Européenne de participations industrielles), impossibile non riflettere su questo importante passaggio che coinvolge l’etichetta italiana più emozionante del Novecento. Ci provo con qualche annotazione su ciò che ho visto, ascoltato e sentito in un lunedì d’inizio settembre, ospite al Greppo insieme a giornalisti e addetti alla comunicazione del vino.

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(Annienta il mito per farlo vivere)
«Dalla riservatezza all’apertura».
Dunque dalle cantine buie al Coravin?
«Allargare il bacino dei consumatori».
Ma il consumatore vive il mito come vivrebbe qualcosa di vero e insieme irreale?
«Includere i giovani». 

«Tutto rimarrà come prima: unicità, eccellenza e tradizione».
«La comunicazione è importante. Comunicare di più, comunicarlo meglio».
Essere al passo con i tempi non significa essere più “vicini”.
Forse più che un CEO, in questi casi, ci vorrebbe un semiologo.

AD e BS
Giampiero Bertolini e Tancredi Biondi Santi

(Auspici d’antan)
Che il mito di Biondi Santi continui a essere quel che è sempre stato: la storia di un luogo e di un’invenzione.
Che i vini non si impoveriscano con il mito che eternizza ma che si arricchiscano con la storia che li fa vivere.
Ai mitologi: non fate dileguare il reale che pretendete di proteggere.

BS piattello

Le note della degustazione verticale della Riserva:

2010
In un primo momento sembra che il vino non sia stato versato, emana una freddezza che provoca il mio imbarazzo; sono rimasto a guardarlo per qualche minuto mentre continuava a rappresentare quell’unico istante, senza avanzate o indietreggiamento.
L’ho assaggiato dopo tutti gli altri: il tono marino, pieno di contrasti, resta tra il mistero e lo svelato. Una continua, snervante attesa durante la quale ti chiedi il motivo dell’attesa stessa.

2006
Altera cupezza invernale. Il vino ti suggerisce di andare fino in fondo e non ti illude, il passaggio a sentori di carne cruda e fogliame si fa lento ma è inesorabile. Senti muovere passi chiari e decisi e in bocca non si accontenta: il tannino è solido e tiene in ostaggio le altre componenti. Mi chiedo dove possa portare… alla compattezza della pietra, alla fuggevolezza del vento, al trionfo dell’oscurità.

1995
Solare, di ruggine e liquirizia, sembra stia al gioco. Immediatamente si svela accalorato e voluminoso, come se la maturità del frutto avesse subito un’accelerazione che lo rende compiaciuto e, di conseguenza, semplificato. Ha nella larghezza la sua dimensione, potrebbe essere anche una virtù, si può essere amanti delle proprie catene.

1983
Oh! Finalmente un po’ di disordine, un po’ di confusione. Tanto vitale da sapere incassare le critiche di chi lo trova stanco. Questo vino è pieno di umanità, racchiude la sua storia, non il suo mito. Ha coraggio e tenerezza, le componenti della generosità. Cambia lui, cambio io, ci diamo il cambio e, in questo profilo sapido e boscoso al crepuscolo, riconosco il senso della compassione.

1975
Il 1975, per la musica, è un anno pieno di eventi musicali: da Physical Graffiti dei Led Zeppelin a The snow goose dei Camel, da Sabotage dei Black Sabbath a Wish you were here dei Pink Floyd. Queste opere importanti, romantiche, si collocano all’apice della carriera di ogni gruppo, tuttavia, ad ascoltarle bene, sono accomunate da una modalità “a effetto” che non le ha fatte invecchiare bene.
La Riserva di quell’anno arriva così, a distanza di quasi cinquant’anni: sotto la luce dei riflettori, di una compattezza costrittrice, uno slancio giovanilistico che non mi convince ad amarlo…

Vigna BN

Ringrazio Katia Cilia e Enrica Cremascoli per l’invito, la famiglia Biondi Santi e l’Amministratore Delegato Giampiero Bertolini per l’accoglienza.