Panoramica Starseti

Contrade di Taurasi, rigore e veracità. Conversazione-degustazione con Alessandro Lonardo

Il grecomusc’ da dove viene?
Ha una sua storia particolare. Da noi si produceva solo rosso, però ogni contadino aveva una piccola quantità di uve bianche, miste. Il grecomusc’ era molto diffuso in zona e si riproduce solo per talee. Quando sono arrivate le DOCG Greco di Tufo e Fiano di Avellino hanno soppiantato tutto il resto. Io, però, conoscevo questo vitigno proprio grazie alla cooperativa, perché producevamo un greco con percentuali di grecomusc’. Quando assaggiavo il greco in purezza e poi il taglio, quest’ultimo ci impressionava, era buonissimo. Non appena ci siamo accorti dell’estinzione di questo vitigno, feci una ricognizione nella zona per capire dove si trovasse. Individuai, così, una decina di produttori che lo avevano e iniziai a comprare l’uva. Per convincerli feci loro una proposta molto buona, la cosa più bella è che tutti questi ceppi erano antichissimi, starseti nostrani. Lo starseto è un impianto vicino alla pergola avellinese con quattro braccia.

So che le radici delle piante arrivano a occupare parecchio spazio.

Flavio Castaldo Sì, si allargano parecchio. La struttura dello starseto cambia tanto in base alle zone, ad esempio a Pianopantano e Mirabella si estendono per 4-5 metri mentre nella nostra zona di Taurasi, un paio di metri. Gli impianti di aglianico, anni fa, in quella zona, si intervallavano spesso con il montonico e lo sciascinoso, vitigni che non coltiva più nessuno. Poi ci sono anche barbera e sangiovese.


Starseto irpino – foto di claudio caputo

Alessandro Lonardo Adesso stanno piantando molto merlot e cabernet, lo mettono ovunque, per rendere beverino l’aglianico. Amo il merlot, ma mi piace quello che viene da “sù”, non quello che si fa lì.

Quindi, lasciata la cooperativa, hai cominciato a occuparti in prima persona del vigneto. “Contrade di Taurasi” è nata dopo?

La cooperativa si chiamava “Le Contrade”, “Contrade di Taurasi” è stata l’evoluzione, con l’obiettivo di poter vinificare tutte le realtà di Taurasi. Volevo evidenziare le diversità dei terroir. Quando c’era la cooperativa, effettivamente, riuscivamo a rappresentare tutto quello che c’era in zona, rimasto solo, poi, ho rappresentato solo due sottozone.

Hai scoperto l’amore verso i vini d’oltralpe in un secondo momento? S’intuisce un certo rispetto per la cultura francese del vino.
Amo da tempo i vini francesi, però devo dirti che o compri i grandi oppure quelli di fascia media non sono granché.

Pensi che in Italia ci sia una più graduale scala di valori?
Sì, credo di sì. Ci sono molti produttori che fanno vini “medi” interessanti e buoni. Per parlare dei nostri, mi vengono in mente il Fiano di Maura Sarno e il Coda di Volpe di Vadiaperti.

A proposito di Vadiaperti, nell’autunno del 1992 conobbi il professore Troisi ad Amalfi, con Vito Puglia, presentammo il suo Fiano. La gente rimase a bocca aperta perché non aveva mai bevuto un vino così.