30 Giu Contrade di Taurasi, rigore e veracità. Conversazione-degustazione con Alessandro Lonardo
– Ci spiegheresti la differenza di terreni?
La zona del Vigne d’Alto si chiama Case d’Alto, dove abbiamo la cantina. È un pianoro aperto e piuttosto ventoso, la terra, molto sciolta, ha una base importante. Ritroviamo quasi un metro di cenere vulcanica, non siamo su tufo ma si tratta di ceneri stratificate, la terra è proprio leggerissima. Il secondo cru proviene da un pendio, la zona Coste, siamo sul fiume Calore. Se il primo è a 400 metri sul livello del mare, il secondo non supera i 320. Il terreno è argilloso, compatto, con elementi calcarei e ciottoli di fiume, è una zona di colline e valli fluviali, meno esposta ai venti e più protetta, con un maggiore tasso di umidità. Il Vigne d’Alto deriva da vigneti di 60-70 anni con alcuni che arrivano 100, anche a piede franco. Il Coste da piante di 20-30 anni; sempre cordone speronato.
Usate tutte le uve per fare in due cru, oppure impiegate una parte anche nel Taurasi base?
Mettiamo le uve dei cru anche nel base, le migliori dell’ultima raccolta vanno nel Coste e nel Vigne d’Alto.
– La vinificazione è identica al Taurasi, anche i legni?
Sì, sono botti grandi dai 5 ai 20 quintali. Prendiamo le più piccole da Rousseau, le più grandi da Garbellotto. Adesso siamo arrivati alla fermentazione spontanea, dopo tre anni di sperimentazione è diventata di regime. Il nostro problema non era riuscire ad arrivare alla fermentazione naturale, ma arrivarci capendo. Abbiamo improvvisato nel 1998-1999 quando facevamo macerazioni lunghe, anche di 2-3 mesi, ma alla fine avevamo risultati tanto diversi da non capire se fosse una tecnica applicabile.
– Ho la sensazione che il 2008 sia stato un anno di svolta per voi, anche dal punto di vista tecnico.
Quell’anno abbiamo cambiato l’enologo, ora c’è Vincenzo Mercurio. Prima c’era Maurizio De Simone, che è un creativo, un tipo po’ particolare. Ha deciso di trasferirsi in Austria per fare il ristoratore, quindi nel 2008 è cambiata la consulenza, non nella vigna, ma solo in cantina.
– C’è un diverso grado di pulizia nel vino che invece di spogliarlo lo ha arricchito. C’era il rischio di raffreddare questa passionalità, invece nel Coste in particolare, rimane intatta.
Il ritmo lo abbiamo imposto noi. Il tecnico è “solo” un tecnico. Purtroppo generalmente i tecnici hanno una forma mentis devastata dalle consuetudini, sono terribili se li lasci fare, ti riempiono il vino di cose strane…
Taurasi 2008
Rubino con intonazione granata.
Erbe aromatiche e odori netti di pietra e carne fresca; leggermente più vinoso, ha uno spettro leggiadro rispetto ai cru, con note scure di china e fiori che giovano all’equilibrio complessivo e lo rendono godibile.
In bocca è salino, pieno, al stesso tempo severo e gratificante; l’acidità è integrata e ne fa un vino disponibile, fresco, equilibrato nonostante sia così giovane. Lascia la bocca pulita con un cristallino ritorno minerale.
+ Apprezzato perché risolto e trascinante, complesso e riconoscibile.
Alessandro Lonardo– In effetti, è il vino più completo. Si avvale di tutti i terroir, tutte le componenti sono lì. Se selezioni solo un pezzo di terra, sicuramente ha una sua specificità, però non ha i rapporti complessi che si instaurano da più luoghi. Alla lunga sta succedendo che – ed è la seconda volta che lo osserviamo – si parte sempre dal Coste più snello e godibile, poi il tempo ne inverte l’ordine e lo ritrovi sempre più austero, con un passo metodico, si trasforma nel tempo. L’altro, invece, continua a mantenere la sua freschezza.