15 Lug Elogio all’ignoranza (e al pomodoro)
Tra le mie mani ho un pomodoro. Un semplice pomodoro come tanti oggi si possono vedere, acquistare, consumare. La pelle liscia, senza una ruga, una crespatura. Lo giro su se stesso e mi colpisce la sua forma perfetta. Nella mia mente passa un pensiero: virtuale. Si è vero… è un pomodoro virtuale! Ne prendo un altro, li guardo insieme, li paragono: entrambi perfetti, uguali. Mi preoccupo. E’ normale avere tale perfezione in natura? Saranno veri? Devo odorarli, assaggiarli. Cerco di ricordare i profumi, il gusto di pomodoro che ho appreso da piccolo nell’orto di mio nonno e poi nel mio. Non ritrovo quelle sensazioni. Nel tempo ho dimenticato? O forse è il tempo che ha cambiato gli odori, il gusto? Il tempo ha cambiato la mia percezione sensoriale? No, no! Non ho dimenticato, perché non appena per un attimo mi concentro, ricordo. Ho ancora impresso nella mia mente l’odore del pomodoro appena raccolto. La differenza tra quello non perfettamente maturo, da destinare a consumare crudo, è quello maturo per fare il sugo. E ancora l’odore, il gusto del pomodoro dopo qualche giorno dalla raccolta. Mi sento fortunato pensando che ho la possibilità di cercare una comparazione, tra il pomodoro della mia infanzia e quello di oggi. Chi non ha la possibilità di comparare è costretto a credere quello che vede, sente, annusa, assaggia, così come è solo oggi.
Ricordo ancora la voglia di affettare il mio pomodoro, diverso dal suo fratello vicino, appena raccolto. Tirare via una cipolla dalla terra e con tanto olio e del sale fare un insalata….. perché questo pomodoro, così bello, non mi stimola, non sento la voglia di mangiarlo? Cerco i motivi. Rifletto. Cosa è cambiato, quali sono le differenze?
Aspetta ma siamo a dicembre! Ho in mano un perfetto e vero pomodoro in inverno, fuori stagione. Qualcuno, di ritorno dal supermercato, potrebbe chiedere, ma perché vi sono frutti di stagione? Il pomodoro della mia infanzia, che finiva ad insalata, era solo in estate, non in inverno! Ma sarà solo questo il motivo? No. Ricerco altre ragioni. Quel pomodoro era in un orto insieme a tanti altri ortaggi: cipolle, fagiolini, zucchine, aglio. Ma soprattutto non aveva niente sopra di sé. Non un tetto di plastica o di vetro. E ancora, ricordo, come era coltivato il mio pomodoro. La zappa che preparava il terreno, l’operosità dell’uomo che eliminava l’erbaccia attorno alla pianta, il concime stallatico, l’acqua. Ecco, ecco, ora comincio ad avere più chiarezza. La differenza tra il mio pomodoro e quello di oggi non è da un punto di vista chimico. Un analista in laboratorio mi direbbe che non vi è nessuna differenza tra i costituenti chimici tra i due frutti, nessuna! E tutti i suoi componenti, glucidi, sali minerali, vitamine, fibra, acqua e altro ancora, importanti per la nostra salute, sono sempre gli stessi. Può variare la quantità o le sostanze chimiche di sintesi antiparassitarie e stimolanti della crescita, che oggi sono utilizzate rispetto ad una volta: questo già mi preoccupa e non poco.
Il dubbio mi assale e mi dico: ma le nostre analisi sofisticate di oggi, tengono conto, riescono a dirci se c’è differenza tra la stessa acqua, tra le stesse vitamine, tra gli stessi sali minerali nel mio pomodoro e il pomodoro di oggi? L’errore non è forse che, credendo di aver scoperto tutto quello che c’è in un pomodoro, non abbiamo pensato al fatto che la formula chimica di un costituente ci dice in fondo solo che c’è e la quantità, nient’altro? Cioè a dire, è come se conoscendo il nome e il peso di una persona crediamo già di sapere tutto su di lui: età, paese in cui abita, il suo lavoro, la sua vita, pensieri, ecc. Non basta per dire che il pomodoro fa bene! Serve sapere come è fatto, con cosa lo hanno prodotto e le persone che lo hanno fatto.
Se vi è differenza tra la stessa identica vitamina (stessa formula, stessa quantità) tra il mio pomodoro e quello di oggi la scienza non è in grado di dircelo! Mi sovviene una comparazione forse avventata. Noi siamo quello che mangiamo, beviamo, respiriamo e ancora siamo e dipendiamo dal nostro genoma, dal nostro ambiente culturale e familiare: è cosi anche per il nostro pomodoro! Che la scienza oggi non lo confermi non significa che non possa esserlo.
Perché non devo pensare che il mio pomodoro era più buono anche perché fatto con un ingrediente astratto, impalpabile, non misurabile scientificamente, capace però di muovere il mondo, l’umanità: l’amore!
Troppa conoscenza, o la presunzione di sapere troppo, non ci ha forse portato a disumanizzare il nostro pomodoro? Facendone un oggetto di plastica, resistente al tempo, al trasporto, non dipendente dalle stagioni, inattaccabile dai parassiti, bellissimo da vedere, sempre perfetto, mai diverso, fatto chi sa da chi, chi sa da quanto tempo e in quale luogo del mondo.
Il nostro è il tempo in cui ci sembra che possiamo sapere tutto e di tutti. Abbiamo strumenti che ci tengono costantemente e velocemente informati. La quantità di informazione, conoscenza è enorme! Mai nel Mondo è stato concesso così come oggi, indipendentemente dal grado sociale e culturale, nel nostro sistema industrializzato, di sapere, di conoscere, ad ognuno di noi. Questo ci crea sicurezza, ci fa credere, spesso perché accecati dalla nostra presunzione di sapere, o se volete mancanza di umiltà, che il più lo sappiamo, che abbiamo capito tanto e in fondo poco resta da conoscere. Ma non è così. La conoscenza è infinità! Più si sa e più ci sarà da sapere! Più si ha la percezione di conoscere e più si dovrà conoscere. E’ come un uomo in un deserto (la conoscenza) che guarda all’orizzonte è vede sabbia, solo sabbia. Sale sopra una piccola duna, per scorgere meglio l’orizzonte, e vede ancora sabbia. Trova una duna più grande, sale sopra, guarda è vede ancora e sempre altra sabbia. Dopo, nel suo cammino, incontra un palma. Riesce a salire in cima credendo che da lì riuscirà a vedere molto più in là e scorgere la fine del deserto: ma vede ancora sabbia…infinita.
E’ arrivato il momento. E’ una calda giornata estiva, devo affettare un pomodoro per una fresca insalata, devo fare una scelta: o prendere il mio pomodoro, prodotto nell’ignoranza, o quello di oggi, prodotto nella completa conoscenza agronomica e commerciale.
Non ho alcun dubbio: scelgo volentieri l’ignoranza e il godimento di una buona e umana insalata!