12 Nov Il matrimonio tra la pizza e il vino
foto di claudio caputo
note di matteo gallello
La serata è stata organizzata da Matteo Gallello, grazie all’aiuto di Miriana Baraboglia, Claudio Caputo e Roberta Facchini, condotta da Stefano Callegari – che ringraziamo per la grande disponibilità – e Sandro Sangiorgi.
Vignanellese (pomodoro, acciughe, olive e capperi)
1. Cerasuolo d’Abruzzo (montepulciano) 2013 Praesidium (Prezza)
La morbida apertura e la persistenza gioiosa del rosato abruzzese bilancia la sapidità e la spigliatezza odorosa del condimento: affronta con generosità ed efficacia acciughe, pomodoro e amplifica l’aroma del finocchietto.
2. Fanciôt (sangiovese 85%, ciliegiolo 8%, altri vitigni 7%) 2010 Poggio Concezione (Pitigliano)
Terroso e dotato di gradualità, si accosta alla Vignanellese per l’assonanza di sentori mediterranei. Il vino è poco “vistoso”, eppure si porta dietro un modo coinvolgente, chiave fondamentale per fronteggiare il sapore spiccato della pizza.
3. Merlot 2006 La Biancara di Angiolino Maule (Gambellara)
È in grado di custodire e accompagnare il cibo. La pienezza del merlot mitiga i tratti acuti della pizza, mentre i suoi sentori vegetali aderiscono a capperi e olive. L’accostamento riuscito è il risultato di un vino tanto disponibile quanto rigoroso.
Fisherman (cipolla, mozzarella, aringa affumicata e caramella Fisherman sminuzzata e spolverata)
4. Il Coroncino Verdicchio dei Castelli di Jesi 2003 Fattoria Coroncino (Staffolo)
Floreale e caldo, è capace di accogliere un complesso di sapori particolari e stratificati. La lieve ossidazione e lo spessore alcolico permettono di sedurre il boccone, tenendo a bada la tensione del pesce e facendosi un tutt’uno con la bellezza della mozzarella; il limite è l’eccessiva ridondanza balsamica che si scatena dopo la deglutizione.
5. Ottocento (Malvasia istriana, Sauvignon, Pinot Grigio, Chardonnay) 2010 Giorgio Clai (Krasica, Istria, Croazia)
Pienezza marina, rapisce già il tocco pungente dell’acidità volatile unito al modo di espandersi sulla lingua, con quel tannino finissimo, con una stoffa tesa ed essenziale. Abbinamento di armonie e dissonanze: richiami salmastri e fumé, teneri, carnosi e, proprio quando sembra non farcela con l’aringa, il vino ritorna in sé con un senso arioso, profondo, perfettamente in equilibrio con l’intera preparazione.
Uccelletto (fagioli all’uccelletto, salvia, aglio e salsiccia di nero casertano)
6. Pietra della Volpe (aglianico) 2007 I Pentri (Castelvenere)
L’Aglianico beneventano di Lia Falato e Dionisio Meola si mostra compatto sin dalla vista e mantiene questa fittezza anche in bocca. Tondeggiante, caloroso, asseconda con convinzione la morbidezza della crema e della salsiccia ma soffre la schiettezza dell’insieme untuoso e alla fine se ne fa travolgere per eccesso di “buonismo”. Poi la forma smagliante del vino successivo avrebbe messo in crisi chiunque…
7. Freisa 2008 Giuseppe Rinaldi (Barolo)
Rustica, tesa come un filo d’acciaio, intensa e sanguigna. Ad alcuni partecipanti, ma solo in un primo momento, appare eccessiva l’energia che scaturisce dal sorso, alla distanza non c’è partita: è un abbinamento che richiama, invita; il vino piemontese è in grado di unirsi e fare pulizia spendendo senza risparmiarsi vitalità e dinamica. È stato il vino più emozionante dell’intero incontro.
Capo (nduja, melanzane cotte sotto cenere, liquirizia, capperi e pomodoro)
8. Barbera 2010 Fausto Andi (Montù Beccaria)
Intimorisce sin dalle prime annusate: rivela poco, l’alcol è pressante, s’intuisce la linea di estrema maturità del frutto. Il comportamento in bocca è di pura compensazione tra i 16,5 gradi alcolici, il residuo zuccherino e l’avvolgenza propria del vino dell’Oltrepò che abbraccia la piccantezza spiccata della nduja e l’aroma persistente della liquirizia.
9. Inocente Sherry Fino (palomino) Valdespino (Jerez de la Frontera, Andalusia)
Solare e asciutto, denso e calcareo, puntuto, a tratti può sembrare invadente, sebbene l’essenzialità sia preziosa per non far emergere l’abbondanza dell’alcol (poco più di 15 gradi). Nell’accostamento ha convinto la sua originalità: media la grassezza del salume calabrese e qualifica la polpa delle melanzane (cremosa e “bruciacchiata”), infine sorprende per come affronta la causticità del peperoncino lasciando finalmente liberi i sentori di liquirizia.
Greenwich (mozzarella, stilton, riduzione di Porto Ruby)
10. Bagnoli Friularo 2011 Urbano Salvan (Due Carrare)
Pieno, fresco, tannico: le tre caratteristiche base del vino-vitigno padovano consentono un abbinamento sorprendente per precisione. Lo stilton è avvolto dall’alcolicità e dal tannino cauto; la freschezza lavora bene sulla mozzarella e condivide il frutto proprio del Porto Ruby, così la bocca ritorna nello stato ideale per accogliere un altro boccone così sontuoso.
11. Valpolicella Superiore (Corvina gentile 10% Corvina Grossa 60% Rondinella 20% Teroldego e altre 10%) 2007 Marion (San Martino Buon Albergo)
Il vino dà la sensazione di essere troppo sicuro di sé per mettersi a disposizione del cibo. Certo, è un Valpolicella dotato di solarità e fascino ma, nei confronti della pizza, pecca di “presunzione” e si lascia scappare l’occasione per far sentire quanto può essere adeguata la sua stoffa sulla marmorea pasta dello stilton; il vino precedente, in teoria meno qualificato al compito, manifesta un altruismo di un tempo antico.