Accostamento alla cucina de Il Palmizio di Alba Adriatica - Porthos Edizioni

Il vino, il mare e le stagioni – Accostamento alla cucina de Il Palmizio di Alba Adriatica

L’evento si è svolto il 30 giugno presso la sede di Porthos; è stato organizzato da Matteo Gallello con l’aiuto di Miriana Baraboglia e di Emanuele Tartuferi, condotta da Sandro Sangiorgi con Valerio di Mattia e la partecipazione straordinaria del professor Leonardo Seghetti. Un grazie particolare a Walter D’Ambrosio della Fattoria “Le Gemme”, alla signora Bruna, Andrea e Luigi Scorrano di Pomarius, a Roberto Di Gregorio e Luciano Cacucci, a Nadia e Olga.

Come potete notare dal menu, è rispettata la stagionalità di ingredienti e condimenti. La vera forza della cucina de Il Palmizio è l’efficacia dell’essenzialità, così riesce a farsi ricordare facendo emergere senza tema di smentita la statura delle materie prime.

Accostamento alla cucina de Il Palmizio di Alba Adriatica - Porthos Edizioni
foto di miriana baraboglia

Accostamento alla cucina de Il Palmizio di Alba Adriatica - Porthos Edizioni

 

Scampi crudi con passata di pomodoro crudo condita con cetriolo e menta

Brut Satèn “Magia” (chardonnay) 2007 Il Pendio (Monticelli Brusati)
Cremoso di pasticceria, caloroso ed essenziale. Compatto, si fanno via via più chiari i sentori di erbe aromatiche e conchiglie. In bocca non è complesso, dipana un registro di toni sottili uniti a un perlage avvolgente.
Il comportamento sul connubio tra lo scampo e il pomodoro “Pera d’Abruzzo” è impeccabile; il modo discreto di pulire la bocca, il senso di freschezza e il leggerissimo residuo zuccherino riportano una felice unione di sapori.

Vétua (bosco, albarola, vermentino) 2012 Azienda Agricola Vétua (Monterosso al Mare)
Fragrante e salmastro, dal carattere semplice e diretto. Appassiona la maturità e il modo di affrontare il contatto con l’aria; snello e solare. Al gusto attacca espansivo, sempre affusolato; la salinità è peculiare, quasi intimorisce per il suo stridere. Finale dal bel richiamo floreale mediterraneo.
Il modo spedito del liquido non ha l’accoglienza che richiede il piatto, fatto di minuti equilibri giocati tra la freschezza degli ortaggi e la capacità di sciogliersi del crostaceo.

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Tartare di tonno con capperi e cipolla

Fanino (catarratto e pignatello) 2008 Serragghia (contrada Serragghia – Pantelleria)
Riservato, oltre alla sottile volatile lascia emergere chiari sentori ematici e di mare aperto. In bocca è secco, composto, ha struttura lieve e acidità salda, nitidi ritorni di acqua salata e capperi; la tattilità è l’aspetto principale, carezzevole il tannino e slanciato il corpo.
Proprio la dinamica partecipe del liquido lo rende appropriato alla delicatezza della fibra del tonno crudo, all’aromaticità del cappero e all’intensa nota ematico-salina dell’insieme.

Serment (trebbiano toscano in tre biotipi, malvasia bianca toscana, vermentino) 2010 Poggio Concezione (Pitigliano)
L’inizio sorprende per la carica vulcanica, può intimorire il sentore iniziale di fagioli bolliti, acqua di fiori e il tono vegetale. Il vino diventa vario, è scattante e profondo; un invito a sondare. Il sapore è incisivo, stratificato e dal tonico finale amaro, pulente.
La maggiore complessità rispetto al vino pantesco non gli permette di mettersi al servizio del crudo, tuttavia non è invadente ed è l’accostamento che raccoglie i maggiori consensi.

Gamberone mezzano dell’Adriatico con prosciutto dei Nebrodi e peperone arrostito

Lagrein Kretzer 2012 Nusserhof (Bolzano)
I profumi accostano la freschezza dell’amarena appena colta a una nota grassa; in bocca è sapido e dall’acidità discreta, non ha l’energia alla quale ci hanno abituato i vini di Mayr ma ha capacità di modificarsi nel bicchiere ed è un esempio di sostanza e pulizia.
Sul gambero non è molto piacevole, si crea un lieve effetto metallico; l’alcol imprime una pesantezza che non aiuta la dinamica dell’abbinamento.

Monte del Cuca (garganega) 2010 Giovanni Menti (Gambellara)
Caratterizzata da una florealità tersa, sentori di agrumi e la lieve e continua sapidità, la Garganega di Menti è duttile e serena, non è facile trovare un macerato sulle bucce così elegante, pieno di polpa e dalla severità vulcanica. Si concede cadenzato, senza nulla di troppo…
Uno degli accostamenti più riusciti. Il vino è capace di amministrare l’unione complessa di due sapidità, quella del prosciutto di maiale nero e quella del gambero. La carnosità del peperone media il grasso del salume attraverso una stuzzicante stratificazione.

Alici in scapece

Porta del Vento (catarratto) 2007 Porta del Vento (Camporeale)
I sentori di iodio si affiancano alle note sulfuree e affumicate; nel bicchiere si rafforza l’impronta marina e si avverte una nervosa vena vegetale. Leggiadro, asciutto e salato, di grande continuità in bocca, nonostante l’alcol sia molto contenuto (11,5%); l’acidità riesce a far emergere l’equilibrio complessivo.
Il suo modo perentorio affronta a testa bassa l’aceto dello scapece e la fibra asciutta delle alici. Il richiamo del timo e il ritorno mediterraneo del vino sono il trait d’union caratterizzante del matrimonio.

Riesling Spatlese Bopparder “Anarchie” 2011 Weingart (Spay)
Dalla vendemmia tardiva di un vigneto magico su ardesia blu emergono roccia, agrume e i più caldi sentori mielati. Ha classe e veracità, nonostante l’annata rovente; gli zuccheri residui e acidità cristallina s’intrecciano mirabilmente.
L’abbinamento è volutamente una sfida: la morbidezza degli zuccheri lavora sul lato salino del pesce azzurro e sulla forza dell’aceto, generando un’unione appassionante anche se, forse, non così durevole…
Ringraziamo Max Argiolu per averci fornito questo raro Riesling della Mittelrhein.

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Linguine con cozze e zafferano

Malvasia del Carso 2007 Čotar (Komen)
Intensa, qualificata da un temperamento notevole. Sentori salmastri e di radice, poi più grassi e calorosi di pesca matura. Non è un campione di leggiadria, piuttosto accomodante e meno teso rispetto ad altre interpretazioni della Malvasia del Carso. Sapido e verace, il senso di calore – nonostante l’alcol contenuto – lo rende poco vario.
La congruenza con il piatto è suggestiva, dal richiamo del mare alla matura florealità. Tuttavia soffre la partecipazione e l’incisività del successivo.

Savennières (chenin blanc dell’Anjou) 2002 Nicolas Joly (Savennières)
Bella luminosità, roccioso, si apre su profumi di ginestra per poi ritrovarsi il piatto nel bicchiere: fa impressione il richiamo ai mitili e allo zafferano. Lo sviluppo gustativo è agile, disinvolto ed equilibrato, nonostante i quasi 15 gradi alcolici.
Le congruenze eccessive del vino precedente qui si trasformano in assonanze. La ricetta è cucita sul vino che l’accoglie in tutte le sue parti: lo spettro floreale del liquido e la morbida aromaticità dello zafferano, l’acidità discreta dello Chenin e la salinità dei frutti di mare.

Pesce spada in potacchio

Rosso Saverio (uve bianche e nere dell’Isola del Giglio) 2011 Vigneto Altura – Famiglia Carfagna (Loc. Mulinaccio)
Pieno di riferimenti tra l’ariosità del mare e l’aroma di tè, olive, sciroppo di amarena e pomodoro. I sentori morbidi e pungenti rendono evidente l’energia di un vino che ha il suo punto di forza nella stringente veracità. In bocca sta bene, c’è un lieve residuo zuccherino mitigato dalla prolungata vena salina, il tannino è tenero e ben collegato all’omogenea fisicità.
Il potacchio è una ricetta tipicamente marchigiana. Il pesce spada è cotto in un sughetto di vino bianco, olio, aglio, rosmarino, pomodoro e olive. La bellezza dell’abbinamento consiste nel richiamo all’ortaggio e alle olive e nel modo delicato di lavorare sulla fibra compatta del pesce.

Dettori Bianco (vermentino) 2012 Tenute Dettori (Badde Nigolosu)
L’energia vigorosa del vino è restituita già dalle prime olfazioni: roccia sul mare e frutto sano e maturo, distillato finissimo. Poi note vegetali di alloro e foglie di limone. In bocca è perentorio, il flusso è voluminoso ma non ingombrante, è il vino dalla portata alcolica maggiore (15,5%) sostenuta dalla vibrante acidità e, nelle sensazioni retronasali, da una trama aromatica di grande autorità.
Il bianco sardo si trova a suo agio col pomodoro ed esibisce la sua irrequieta ricchezza; si tratta di un’assonanza tutta da scoprire tra la morbidezza tenace del pesce e la larghezza severa del vino, ma anche tra «il richiamo del mare e il desiderio di terra».

Gelato al Parrozzo con fichi fioroni (o primaticci) freschi
Come ci ha spiegato il professor Seghetti, il “parrozzo” è preparato con semola di grano duro, zucchero, mandorle tritate, buccia di arancia poi ricoperto con cioccolato fondente. Ideato e preparato nel 1920 da Luigi D’Amico, titolare di una pasticceria a Pescara, il dolce prende il nome dalle sembianze di un pane rustico detto pan rozzo, da cui parrozzo.

 

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