Todi e Centopercento Grechetto - Porthos Edizioni

La prossemica del vino – Centopercento Grechetto

“La dimensione nascosta” è un introvabile saggio del 1966 di Edward T. Hall, pubblicato in Italia da Bompiani nel 1968 e tradotto da Massimo Bonfantini. Il sottotitolo è “Vicino e lontano: il significato delle distanze tra le persone”.
Si tratta di un volume che introduce in modo semplice ed esaustivo alla prossemica, la dottrina semiologica che studia i gesti, i comportamenti, lo spazio e le distanze all’interno di una comunicazione, verbale e non verbale. È una disciplina dell’esperienza quotidiana perché basata sull’osservazione dei comportamenti della società in cui viviamo, pieni di significato anche quando si manifestano per abitudine e istinto.
E il vino? “La prossemica del vino”… sembra il titolo altisonante dell’ultimo romanzo dell’enologo in voga! In verità, è un modo per spiegare il grado di coinvolgimento davanti al bicchiere, esperienza che ho potuto fare, contestualmente alla lettura del libro, provando il senso di vicinanza e lontananza del vino in occasione di Centopercento Grechetto, grazie all’invito di Giampiero Pulcini e all’ospitalità della Cantina Roccafiore di Todi.
La degustazione cieca di tredici vini da undici aziende, mi ha dato il modo di conoscere le diverse interpretazioni del bianco umbro e, così, ho potuto scorgere, dove possibile, i modi di un vino-vitigno in piena riscoperta. Addirittura, è tale l’entusiasmo che da più parti s’immagina una nuova anima bianchista dell’Umbria. Si parla dei cloni – il g109 (grechetto di Orvieto) e il g5 (grechetto di Todi) –, si spendono articoli sulla personalità duttile e gastronomica, non mancano riferimenti al tannino, alla sua sana rusticità… Tutto vero, ma da pochi vini ho percepito un senso di vicinanza.

Todi e Centopercento Grechetto - Porthos Edizioni


1. Grechetto (Umbria IGT) 2014 Le Poggette (Montecastrilli)
Si dispone in modo discreto e lascia il passo a note erbacee che semplificano il contesto odoroso. In bocca si avverte una robustezza che rimane contratta, c’è salinità ma il tempo nel bicchiere non lo aiuta, tra note citrine, il pizzicore dell’alcol e un’acidità piuttosto acerba.

2. Grechetto (Colli Martani DOC) 2014 Fratelli Pardi (Montefalco)
All’inizio si sofferma su toni tropicali, tuttavia nel tentativo di emanciparsi finisce per appiattirsi su sentori maturi poco composti. Molto volume in bocca, un eccesso che non gli permette di arrivare fino in fondo. La nota vegetale resta l’unico sussulto e appiglio delle sensazioni retrolfattive.

3. Grechetto (Umbria IGT) 2014 Raina (Montefalco)
Lieve affumicatura, inizialmente chiuso e “concreto”. Grazie a un lato agrumato genuino (non costruito) fa pensare a un vino disposto a un lento dialogo, ciononostante gli manca ancora un tratto di veracità in più… In bocca ritornano il frutto sano e la florealità carnosa, è asciutto, teso e la sensazione retrolfattiva è chiara, inquadrata. Il tempo nel bicchiere non gli giova, si affievolisce la sua iniziale e sorprendente verve.
La “presenza” e la carnosità del vino sostiengono un piatto esotico come gli spaghetti di riso con pollo, curry, salsa di soia e verdure saltate.

4. Grek (grechetto Umbria IGT) 2014 Palazzone (Località Rocca Ripesena – Orvieto)
Poco incoraggiante sin dai primi sentori. Diretto, poco vario, ripetitivo di cipria, pesca bianca e mou. Impassibile e inspessito in bocca, emerge un sentore tostato fuori campo (il vino non fa legno), ancora più diviso da una carbonica che non lo aiuta. Finale ingombrante, faticoso.

5. Anticello (Umbria IGT) 2014 Cantina Cenci (San Biagio della Valle)
L’assetto è messo a punto sulla mancanza (dov’è?), è un vino nel quale è difficile ritrovare peculiarità. Sembra voler fare delle asprezze e del salato i suoi punti forti, che però restano irrimediabilmente isolati. Un vino sempre uguale a se stesso, troppo impegnato a rispettare una forma, poco coraggioso.

6. Fiero (Umbria IGT) 2013 Cantina Margò (località Case Nuove – Perugia)
Eterogeneo, ampio, sostanziale. Le note iniziali richiamano un senso campestre e, al tempo stesso, marino. Sono il virtuoso dialogo con l’aria e l’aumentare della temperatura di servizio a concedere un piano espressivo profondo e dinamico. L’acidità è definita e integrata nel corpo agile e affianca il tannino sottile: l’insieme ha un aspetto saporito, speziato che si proietta nelle sensazioni retrolfattive.
Il vino merita un piatto di sostanza e morbidezze: tondino del Tavo, seppie e broccoletti.

7. Ametistas (Umbria IGP) 2013 Mani di Luna (Torgiano)
Modellato dall’ossigeno, interagisce, richiama, si fa spazio con pazienza. Bello lo spettro olfattivo di cera d’api, scorza di agrumi, richiami fluviali. Snello, dinamico, dal tannino potente, magari sproporzionato, ma ha cuore. Il finale è una dissolvenza incrociata, un continuo ricucirsi di trame.
Energia da spendere su un’arista al forno con cipolle, noci e lo stesso vino.

8. Alissa (Colli Martani DOC) 2013 Terre de la Custodia (Todi)
Dopo la minuziosità e l’emotività dei vini precedenti, chiudere la batteria è compito arduo…
L’attacco del profumo ha la vena dolce del cocco, lo sviluppo è ingessato in un eccesso di sentori maturi e calorosi e si disunisce dalle altre componenti. Chiude manierato, così come ha iniziato.
L’azienda fa parte del progetto Wine Research Team di Riccardo Cotarella. L’assenza di solfiti non può essere un vettore di senso se il vino è così bloccato, avvoltolato su se stesso.

9. Colle Ozio (Umbria IGT) 2014 Leonardo Bussoletti (Località Miriano – Narni)
10. Colle Ozio (dodici ore di macerazione prefermentativa) (Umbria IGT) 2014 Leonardo Bussoletti (Località Miriano – Narni)
Entrambi hanno un’eleganza non scontata, purtroppo i vini rimarcano una costrizione. Certamente più interessante la versione con macerazione prefermentativa. Proprio da questo s’intuisce una trama ricca, complessa, una dinamica incalzante e belle suggestioni floreali.
In generale ho proprio sentito un’invocazione di libertà…
La finezza e la fluidità del Colle Ozio con macerazione si accostano a uno sformato di zucchine e patate rafforzato da pecorino e scalogno

11. Fiorfiore (Umbria grechetto IGT) 2013 Roccafiore (Chioano di Todi)
Il sentore vegetale è definito, una direzione che crea un solco lungo tutto il tratto odoroso. Scaldandosi emerge un lato maturo buono ma troppo modulato dal legno. In bocca è polposo, peccato che sul finale il corpo del vino si distacca dal suo “scheletro” e lascia un’eredità glicerinosa poco fine. Come per il vino precedente, mi sembra un’occasione mancata. Mi ha ricordato la cuvée di Pinot Bianco e Chardonnay di Hartmann Donà, prima di sapere che è lui l’enologo dell’azienda Roccafiore.

12. Latour a Civitella (grechetto di Civitella d’Agliano IGT) 2010 Mottura (Civitella d’Agliano)
Assaggiato a più riprese, nelle varie annate, non sono mai riuscito a capirlo. Il Latour è un vino che proietta un’intenzione, con una modalità espressiva che ricerca la complessità senza mai sfiorarla. Impassibile, tipizzato, il burro fuso e la vaniglia affogano ogni minimo sussulto.

13. Latour a Civitella (grechetto di Civitella d’Agliano IGT) 2005 Mottura (Civitella d’Agliano)
Con l’invecchiamento il vino dilata le sue ambizioni, rincorrendo un modello di avvolgenza e volume.
Sembra, poi, dividersi ancora di più: la percezione della maturità dà una maggiore corpulenza, tuttavia l’acidità appare sempre più incompiuta e “ferisce” la lingua. Sul finale la percezione bruciante precede lasciti tostati e rimane una punta isolata dell’asprezza citrica.