Primo Forum MPS sul Vino, Siena 2010

Siamo davvero in tanti a seguire il primo forum Montepaschi sul vino italiano, un evento che, nei piani degli organizzatori, dovrebbe diventare una sorta di stati generali del settore. L’idea non è nuova, questa però potrebbe essere la volta buona, perché il MPS ha la forza e l’autorevolezza per sostenere un’iniziativa così ardua.

“Se vuoi andare veloce, vai da solo, ma se vuoi andare lontano, fatti accompagnare”.
Non è la vecchia nonna che parla nel tinello di casa, ma Giovanni Bazzini, responsabile staff agroalimentare del Monte dei Paschi di Siena, in un’ampia sala della bellissima Rocca Salimbeni, sede storica della banca. Siamo davvero in tanti a seguire il primo forum Montepaschi sul vino italiano, un evento che, nei piani degli organizzatori, dovrebbe diventare una sorta di stati generali del settore. L’idea non è nuova, questa però potrebbe essere la volta buona, perché il MPS ha la forza e l’autorevolezza per sostenere un’iniziativa così ardua. Al forum ci sono tutti: la politica, rappresentata dal ministro Galan, la finanza, i produttori, gli enotecari, gli importatori, i giornalisti esperti di marketing, manca solo la stradale con l’etilometro. A riportarci sul terreno della concretezza è il messaggio di Bazzini, chiaro e diretto: i produttori italiani pensano solo a produrre e sono troppo frazionati. Farebbero bene ad accompagnarsi alle banche sfruttandone le competenze, ad esempio per andare all’estero, e a occuparsi anche della vendita, del marketing, della massa critica. L’insistenza sul frazionamento produttivo e sulla necessità d’aggregazione delle aziende vinicole italiane è un mantra che sentiamo da anni, ma qualcuno dovrà pur dirci perché queste si ostinano a restare piccole e numerose. E’ una domanda cui i produttori intervenuti non hanno risposto: né gli esponenti di aziende medio grandi (Gancia, Carpenè Malvolti, Mastroberardino, Lungarotti), né quelli di realtà più piccole (Felsina).
Persino il ministro Galan, all’interno di un discorso prevedibile, insiste sulle dimensioni delle aziende, prima di lanciarsi in una prolusione su PAC, contributi e regole, col tono paterno di un democristiano di razza. Impegni inderogabili gli hanno purtroppo impedito di ascoltare le pacate parole di Mr Sen Liu, importatore cinese che ha chiamato in causa le politiche di sostegno al vino italiano in Cina. Nelle slide del serafico Sen Liu, di fronte a quanto messo in atto da altri paesi, Francia in testa, l’Italia brillava per un beffardo punto interrogativo. Speriamo che qualcuno lo dica al ministro, almeno prima del prossimo forum, per sostituire quel punto interrogativo con qualcosa di più confortante.
Torniamo al dottor Bazzini, che spiega una cruda verità: la morte degli istituti specializzati in credito agrario (1993-1994) ha lasciato un vuoto, che è necessario colmare, viste le dimensioni del segmento. Bazzini non dice che le fusioni e i pensionamenti hanno peggiorato la situazione, ma resta il fatto che un intervento teso verso la modernizzazione del sistema bancario ha finito per cancellare professionalità specialistiche, privando di importanti competenze un settore strategico dell’economia nazionale. Va detto che oggi, nel triste panorama odierno, il credito agrario mostra una dinamica positiva, da cui l’interesse di MPS e di altre grandi banche1.
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Fra i tanti interventi, per sentir parlare di consumatori dobbiamo aspettare un enotecario, Francesco Bonfio, presidente dell’associazione Vinarius2, il quale, partendo da una decisa rivendicazione del ruolo delle enoteche, ha affrontato il tema della selezione dei vini. Negli ultimi anni, in sostanza, la categoria si è appiattita sui dettami delle guide e sulle proposte delle aziende, abdicando alla funzione di ricerca di nuovi prodotti e nuovi stimoli, non diversamente da quei medici che delegano l’informazione alle case farmaceutiche. Sarebbe bastato ascoltare il consumatore, riflette il presidente, per capire che certi vini non andavano più, che un’epoca era finita. Riflessione tardiva, si dirà, ma Bonfio si tuffa prontamente nell’attualità per mettere in guardia dal nuovo pericolo all’orizzonte, la moda dei vini bioqualcosa. Ci vuole grande attenzione, sottolinea, perché il vino deve essere buono e costare il giusto. Sul mercato ci sono “vini improponibili, mediocri, quando non palesemente difettati, che si fanno forti solo del requisito della naturalità”. Il rischio di questa situazione? Semplice, passata la moda il consumatore resterà sospettoso, e tanti saluti anche al naturale.
Tocchiamo per ultimo (o quasi) uno dei punti più importanti del forum, lo studio sul vino condotto dall’Area Research di MPS e illustrata tecnicamente da Lucia Lorenzoni. La ricerca (che trovate qui e qui) è talmente densa d’informazioni e di spunti da meritare un articolo a sé, ma in questa sede, tralasciando spigolature come “il vino italiano… leader nella Repubblica Ceca”, mi limito all’indice di competitività e alla bottiglia virtuale.
Al di là dei meri dati volumetrici, lo stato delle nostre esportazioni è quanto mai frammentato e difficile da interpretare. Al fine di “raccordare prezzi, qualità e quantità” e ottenere un parametro che rappresentasse le “pressioni competitive” incontrate dal vino italiano all’estero, i ricercatori di MPS hanno creato un indice di competitività, basato sui prezzi di 94 vini, che descrive l’andamento di prezzo di una bottiglia virtuale. In pratica, è un modo per rappresentare vini di qualità diversa, ponderati per le quantità esportate.
La Lorenzoni spiega che dentro l’indice non ci sono etichette ma 94 denominazioni, mentre i prezzi sono quelli all’origine (fonte Ismea): “La bottiglia virtuale non è altro che una bottiglia di vino italiano. Questo vino non è riconducibile ad una denominazione specifica, è un melange tra vini comuni e vini a denominazione che entrano all’interno della bottiglia con il peso che queste categorie hanno all’interno delle esportazioni italiane. Quindi la nostra bottiglia rappresenta in piccolo le nostre esportazioni”.
Creato lo strumento, si passa a confrontarlo con altri, in questo caso il Liv-Ex, l’indice londinese basato per più del 90% sui vini di Bordeaux. Il dato interessante – e inatteso – è che i due indici hanno andamenti comparabili. Affiancare il Liv-ex con l’indice MPS è forse un azzardo teorico, viste le differenze di base dati, tuttavia il sovrapporsi delle due curve spinge ad interrogarsi se sia solo una coincidenza o qualcosa di più. Ecco cosa dice la dottoressa Lorenzoni: “Partendo dal presupposto che i livelli di prezzo sono molto diversi, le tendenze (come emerge dal grafico) sono assolutamente correlate. Sembra quasi che in un mondo globalizzato anche l’Italia, per quanto sia uno dei principali esportatori, sia un price taker non tanto un price maker e che in una crisi internazionale, con il crollo delle esportazioni e della domanda, anche le quotazioni di Bordeaux (per quello che ci dice il future) hanno subito un rallentamento/flessione su base tendenziale nel corso del 2009. La tendenza si è poi invertita, così come sembra essere successo per i nostri vini italiani. Non tutte le fasce hanno reagito allo stesso modo, ma sia i prezzi dei vini a denominazione in fascia medio alta che i vini comuni hanno registrato incrementi di prezzo su base tendenziale”.
Staremo a vedere se gli addetti del settore ricorreranno anche a questo strumento per confrontare analisi ed elaborare strategie, oppure se finirà tutto nel solito cassetto dei buoni propositi.
Dimenticavo. Il forum ha visto anche la presentazione ufficiale di 1472, il nuovo vino che Tenimenti MPS realizza nelle aziende agricole Poggio Bonelli e Villa Chigi, con la consulenza ormai decennale di Carlo Ferrini. A parte qualche sguardo annoiato durante il roboante intermezzo di Carlo Cambi, dedicato appunto al “progetto 1472”, nessuno dei produttori presenti ha battuto ciglio di fronte al ruolo della banca, che contemporaneamente sostiene i produttori e ne è concorrente. Certo, non saranno poche migliaia di bottiglie a turbare il mercato mondiale, ma il palese conflitto d’interessi – su Porthos ne abbiamo già parlato ampiamente – sembra non turbare nessuno. Men che meno il “fattore del presidente Mussari”, cioè Roberto Vivarelli, l’incontenibile amministratore di Tenimenti MPS, che sfugge alla questione con uno slalom da esperto. In fondo, non è un problema suo.

 


1. Ad esempio Intesa Sanpaolo Spa.
2. Associazione che raggruppa più di un centinaio di enoteche.