03 Giu Riesling “on tour”
Alle 15.00, davanti alla fontana degli Orsini di Palazzo Taverna, siamo già in tanti. Il Tour del Riesling di “Der Feinschmecker” sta per cominciare. Nello sguardo di tutti si avverte la tensione dell’attesa, mista a quella specie di lussuria tipica di ogni evento di ‘degustazione seriale’. Avanziamo. Sulle scale che conducono ai piani superiori si snoda una fila che arriva in giardino. Salgo lentamente. Arrivato in cima, attraverso una pesante porta di legno, vengo proiettato in un mondo barocco e pesante (l’aggettivo usato dai pubblicitari è stato “esclusivo”). Prendo il bicchiere e una copia della guida omaggio. Sfoglio rapidamente. C’è l’elenco dei vini presentati, le zone, una breve descrizione delle aziende e una foto di tre quarti dei produttori con tanto di telefono e indirizzo. Sembra il catalogo di un bordello. Mi viene in mente proprio questo, Dio mi perdoni: un bordello d’alto bordo.
Anche la location scelta è perfetta: una vera e propria MaisonClose del vino. Enormi scene di caccia racchiuse in pesanti cornici dorate riempiono le pareti di broccato. E poi lampadari di cristallo, divani di raso, marmi, vasi cinesi, mobili d’epoca. Sembra di essere nella Parigi di fine Ottocento, manca solo il Conte Taverna. I produttori sono lì, a fare da contorno, etichettati con dei numeri dietro i loro banchi. In attesa che qualcuno li scelga. Sanno bene che soltanto pochissimi clienti cercano l’amore dei loro vini. Gli altri vogliono usare corpi fluidi che non potrebbero mai avere in altro modo. Avidamente.
Mi perdo nelle mie fantasie dimenticando il motivo della mia presenza: il Riesling. Cazzo, mi ero prenotato per la conferenza di Gian Luca Mazzella! Corro alla ricerca della stanza giusta, ma al mio arrivo la Madam che gestisce l’evento mi comunica che non c’è più posto, nonostante la prenotazione.
Troppi dieci minuti di ritardo per l’estasi suprema.
Me ne faccio una ragione e torno all’inizio del percorso. Nel frattempo le sale si sono riempite di enoerotomani urlanti: blogger romani, distributori, sommelier eccitati o seriosi, appassionati, esperti del piccolo schermo, donne del vino in guanti e tailleur o chiuse in eleganti trasparenze, vincitori di premi “al miglior qualcosa”. Ho come l’impressione che la maggior parte di loro non sia venuta fin qui per incontrare i vini avvolti in quelle splendide pelli renane di vetro scuro, ma per farsi scoprire, per affermare la propria presenza, per fare pubbliche relazioni, o semplicemente per timbrare il cartellino dorato della mondanità. Sui Riesling sanno già tutto, o quasi (se fossero sociologi direbbero di poter identificare individualmente tutti gli esseri umani). Saluto cortesemente. Ne conosco parecchi, altri li riconosco. Frequentiamo gli stessi bordelli. Questa immagine mi perseguita, dovrei cancellarla ma non ci riesco. Apro l’elenco. Devo scegliere la mia prima amante. Il compito è arduo, ma mi rendo subito conto che la fila snervante e il tempo a disposizione bastano al massimo per una ‘sveltina’. Mi innervosisco. Il formicolio delle persone aumenta, diventando opprimente, e a poco servono le finestre aperte: il caldo dei corpi scalda un’aria già pesante di umidità. Si soffoca. Penso che anche i vini non debbano passarsela benissimo. Alcuni si rifugiano in terrazzo mentre io mi faccio largo verso l’ultima sala. Quella in cui ci sono le primedonne, note a tutti per fama: Dr. Loosen e J.J. Prüm.
La calca mi spinge in un angolo dove mi trovo di fronte al tavolo 38: Geltz-Zilliken. Assaggio i tre vini. I due Rausch Riesling Auslese mi sembrano interessanti (soprattutto il 2010 “Goldkapsel”), ma non ho modo di soffermarmi sulla cosa. La marea mi porta via. Sarà così per tutto il pomeriggio, un’ondata dopo l’altra, un bicchiere dopo l’altro. Sulla spiaggia della mia memoria rimangono solo dei rapidi lampi: il Goldtröpfchen Auslese 2006 di Sankt Urbans-Hof, gli idrocarburi nei vini di J.J. Prüm (alla fine cedo anch’io al fascino della diva), la richiesta di comprensione del Clüsserath Apotheke Spatlese 2013 di Wittmann (l’unico che mi ha sussurrato di fermarmi un po’ di più), la bella introversione dello Schloßböckelheimer Felsenberg Riesling “Großes Gewächs” 2013 di Schäfer-Fröhlich, gli agrumi delicati del Kirchspiel Riesling “Großes Gewächs” 2010 di Klaus Peter Keller, la spigolosa dolcezza dell’Escherndorfrer Lump Riesling Trockenbeerenauslese di Horst Sauer e il complesso equilibrio dell’Apotheke Riesling Auslese Goldkapsel “VDP Großes Lage” 2011 di Grans-Fassian.
Alla fine del naufragio, i poveri produttori tedeschi, sudati e necessariamente sorridenti, mi sembrano stravolti. Le mie papille gustative stanno peggio di loro. L’ultimo assaggio lo lascio a Werner Knipste, il suo Riesling feinherb 2012 non mi emoziona (anche perché in bocca ho la carta vetrata) ma la sua figura severa, gettata su una sedia, stravolta, con un braccio cadente su un fianco, rispecchia il mio stato d’animo più di molti dei vini bevuti. E tanto basta.
Osservandolo, nella mia testa risuona la voce di Giovanni Lindo Ferretti che canta “Per me lo so” nel disco “A Cuor Contento”. Sorrido e vado via.