Sagrantino Wine Festival 2008

Resoconto della manifestazione, che si è svolta tra il 18 e il 21 settembre 2008 nell’’ambito della XXIX settimana enologica.

Alla fine di settembre, in coincidenza di una brusca diminuzione della temperatura (che agli enofili ha inconsapevolmente spostato l’attenzione dai “freschi” vini bianchi ai più accoglienti rossi), sono tornato a Montefalco per la presentazione dell’annata 2005 del Sagrantino.
La manifestazione, che si è svolta tra il 18 e il 21 settembre 2008 nell’ambito della XXIX settimana enologica, ha accolto i vini delle cantine aderenti al Consorzio Tutela Vini di Montefalco,  attiva fin dal 1981 e rappresentativa di circa l’80% della produzione certificata. All’interno dello storico complesso di Sant’Agostino è stata poi allestita la Mostra Mercato aperta al pubblico.
Il programma prevedeva sia degustazioni alla cieca di vini Sagrantino 2005 e 2004 confrontati con quelli di una vendemmia importante, quale è stata la 1998, sia visite guidate e degustazioni verticali presso le aziende. Ho poi ritenuto opportuno corredare l’approfondimento conoscitivo mediante assaggi in cantina di vini ancora in fieri e visite in vigna, anche da taluni produttori al di fuori del Consorzio.
Va subito detto che il 2005 per il Sagrantino è stata un’annata importante, caratterizzata da due fasi climatiche ben distinte: la prima, precedente all’invaiatura, da maggio a fine luglio, con temperature elevate e precipitazioni ridotte; la seconda, fino alla vendemmia, segnata da temperature minori della media e notevoli precipitazioni. Un tale andamento metereologico ha comportato dapprima uno stress idrico della pianta (con conseguente anticipo delle fasi fenologiche, riduzione volumetrica degli acini ed incremento dei polifenoli), quindi una maturazione caratterizzata da una considerevole espressività aromatica per effetto delle basse temperature.
L’annata 2004 si può considerare buona, sia pur all’insegna di un’abbondante piovosità; la precipua caratteristica ampellografica del vitigno, caratterizzato da un grappolo sufficientemente piccolo e semi-spargolo, ha permesso di mantere la sanità dell’uva non ostante l’elevato tenore di umidità, mentre una tardiva raccolta delle uve, più o meno generalizzata all’interno del territorio, ha comunque consentito una maturazione regolare.
Gli assaggi, che appaiono dimostrare una globale aderenza dei vini all’andamento climatico degli anni di coltura, rivelano ancora una volta la profonda diversità interpretativa in ordine alle tecniche di vinificazione, sia pur accompagnata da un disomogeneo livello qualitativo. Da diversi anni nel Sagrantino risultano generalmente più difficili da trovare l’irruenza, la schiettezza e quella garbata rusticità che sono propri del vitigno, caratterizzato anche da sentori fruttati di more di rovo e da tannini graffianti; più spesso (con maggiore evidenza in una produzione più morbida, caratteristica delle annate calde) ci si è imbattuti in vini “pompati” e muscolari, di notevole gradazione alcolica, spesso superiore ai 14°-14.5° (ricordiamo che il disciplinare di produzione prevede un titolo alcolometrico minimo del 13%), con tannini addolciti e rotondi, pervasi da sentori di legno e dai colori imbarazzanti.
In ogni caso, mi sembra di percepire una crescita culturale dei produttori; in particolare ritengo che siamo di fronte ad una generale maggiore consapevolezza sull’uso del legno, che risulta, nell’annata 2005, meno invadente non solo per la indiscussa bontà delle uve, ma anche per effetto di tostature più leggere, ovvero per l’uso di barriques più vecchie.

A seguire si riportano alcune note riguardanti i vini che mi hanno colpito, degustati se possibile in più annate, accompagnati da qualche notizia sulle aziende che li producono.

Colleallodole – Eredi Milziade Antano

Sagrantino 2005. Il cru aziendale ha un colore rubino vivo, con naso intenso e speziato, connotato da una bella mora; in bocca si rivela di notevole struttura, autorevole trama tannica, dotato di progressione e lunghezza.

Sagrantino 2003. Colore granato intenso, unghia aranciata, offre un’olfazione pronta di confettura di mora e di marasca sotto spirito; la bocca presenta una buona corrispondenza gusto olfattiva e, a dispetto dell’annata calda, corpo e tannini ruspanti.

Sagrantino 2002. Figlio di un’annata così debole da causare un declassamento (e, talvolta, una mancata uscita) della maggior parte dei vini di Montefalco. Di colore profondo, all’olfatto si presenta speziato e fruttato di mora, con importanti ritorni di china presenti anche in bocca; il gusto ha un’incredibile vigore e lunghezza.

Sagrantino 1988. Colore rubino granato; olfatto fresco, di muschio e ginepro, poi funghi, terra e tartufo; la bocca, corrispondente al naso, ha buona trama, acidità giovanile e lunghezza, con tannini rustici e graffianti.

La Fattoria Colleallodole, appartenuta a Milziade Antano e ora degli eredi dello storico produttore, ha un’estensione di circa 12 ettari vitati. La filosofia aziendale è improntata sulle basse rese, la grande attenzione al rispetto della natura in ogni momento del processo di allevamento dell’uva, la totale mancanza di interventi nella vinificazione, fino anche all’assenza di filtrazione.

Tenuta Alzatura

Uno Sagrantino 2005. Colore rubino intenso, con riflessi granati. Olfatto di discreta complessità, di more, prugne e caffè. Bocca intrigante, con trama vellutata e tannica. Gli assaggi di annate precedenti hanno consegnato un 2004 più distante e diluito ed un ’01 con una bocca complessa, varietale e sapida. La bottiglia del 1998, sul crinale, con sentori di prugne e yogurt, presentava tannini polverosi.

La Tenuta Alzatura ha 18 ettari di vigneto su due aree distinte e conduce gli impianti secondo la tecnica della lotta integrata (vale a dire controllando i patogeni della vite seguendone lo sviluppo attraverso il monitoraggio delle piogge, dell’umidità, delle temperature parallelamente allo sviluppo e allo stadio vegetativo della vite), in modo da limitare al minimo l’impatto ambientale.

Antonelli

Sagrantino 2005. Colore rubino, brillante e vivo. Olfatto ricco e caratterizzato da toni fruttati di piccoli frutti neri, muschio e sentori di legno. Al gusto è caldo e tannico, con note di frutta rossa e ritorni di rovere.

Sagrantino 2003 Chiusa di Pannone. Il cru, che assorbe circa il 15% della produzione di uva sagrantino dell’azienda, è di colore rubino compatto, con un bel naso ampio e floreale e bocca alcolica, ricca di frutti neri.

Sagrantino 2001. Colore rubino profondo, di grande giovinezza. Olfatto inizialmente sommesso, poi con sentori di more, gelso e china. La beva è scorrevole e sapida, corroborata da una buona acidità. Sagrantino 1995, prima annata di introduzione del rovere in affinamento. Colore granato/rubino vivo; naso speziato, balsamico e floreale; in bocca si mostra ampio, alcolico con tannini presenti ma rotondi.

Sagrantino 1988. Colore granato compatto e impenetrabile; la prima olfazione è da distillato, poi il naso si diversifica svelando sentori di brodo e funghi alternati a tratti più fini e balsamici; la bocca, che si è evoluta col trascorrere degli anni, ha comunque discreta vena acida e lunghezza.

Sagrantino 1985. Granato compatto, è profondo, con naso di funghi e tartufo; il gusto è di una terrosità quasi eterea, accompagnata ancora da aspetti di tartufo e funghi, e presenta tannini polverosi.

Storica azienda, con 40 ettari di vigna, che imbottiglia i propri vini sin dal 1979 con una grande cura della qualità dei prodotti.

La mia conoscenza de le goû de terroir mi ha poi condotto ad assaggiare, fuori del Consorzio, i vini di Paolo Bea, produttore che ritiene che per fare buoni vini, ogni anno sani e migliori, “…la natura va osservata, va ascoltata, compresa, non dominata”, ricercando il miglior equilibrio tra la natura stessa e l’azione dell’uomo. Il suo Sagrantino 2005, di colore rubino vivo con screziature granate, ha un naso ancora in movimento: un punto di volatile, poi aspetti floreali e speziati, infine svela la mora, l’humus, il muschio; la bocca, sorretta da buona vena acida, offre corrispondenza varietale e al territorio, è lunga, ben equilibrata ed ha tannini in evidenza.

All’interno della Mostra Mercato erano anche presenti altri vini, cioè il Sagrantino passito (una volta l’unica vinificazione dell’uva, forse per attenuare con la dolcezza la poderosa carica tannica), il Montefalco Rosso DOC (prodotto con uve Sangiovese al 60/70%, Sagrantino per il 10/15% ed altre a bacca rossa), il Montefalco Bianco e il Trebbiano Spoletino; quest’ultimo vino, dall’omonimo vitigno caratterizzato da discreta acidità e mineralità, era assai diffuso nell’800 e apprezzato anche da Carducci che lo descriveva come di «color d’ambra dorata e fresco e frizzante», da bere con «le grasse, saporite trote del Clitunno». Degni di nota i vini Trebbiano della cantina Novelli, che ha condotto con successo una ricerca pluriennale sull’uva, di Antonelli e di Bea, purtroppo di difficile reperibilità.

Intorno al Sagrantino di Montefalco si muove un giro d’affari di oltre 60 milioni di € l’anno, in continua crescita; tale quantità di denaro ha determinato da un lato lo sfruttamento commerciale del nome di Montefalco per sponsorizzare la vendita di vini troppo spesso squilibrati, duri e di difficile godibilità, e dall’altro un grande sviluppo territoriale del vigneto di Sagrantino iscritto a DOCG, che è passato dai 100 ettari (dati relativi all’anno 2000) ai 660 attuali: nel 2010 sarà in commercio la vendemmia 2007 con un potenziale di oltre 2.5 milioni di bottiglie, mentre appena nel 1998 le bottiglie prodotte erano poco più di 500 mila. Tale espansione ha determinato, a cavallo dell’anno 2000, una riconversione di vigneti dapprima coltivati a sangiovese (tra l’altro in zona generalmente di buona qualità) con il più redditizio sagrantino; poi nuovi impianti su terreni meno vocati (con altitudini più basse e di natura diversa da quella necessaria per una buona espressione del vitigno, elettivamente allevato su suoli pleistocenici, alluvionali, argillosi e ricchi di calcare, oppure marnoso – arenacei, ricchi di scheletro) in spregio al disciplinare che prevede un’idoneità dei terreni collinari di buona esposizione con esclusione dei fondovalle.

Appaiono pertanto più che condivisibili gli obiettivi del Consorzio di tutela Vini Montefalco (Governare la crescita e migliorare la qualità) che ha richiesto di modificare il disciplinare di produzione del Sagrantino di Montefalco prevedendo, fra l’altro, il numero minimo di ceppi/ettaro, per almeno 4 mila ceppi, un valore prima non specificato; l’obbligo di imbottigliamento in zona; l’obbligo di invecchiamento in legno per il Sagrantino Passito; infine la rivisitazione di alcuni parametri fisico-chimici, come l’acidità minima, per apportare miglioramenti qualitativi ad un prodotto che, in relazione ai notevoli investimenti, si dimostra un volano eccezionale per la crescita dell’economia locale.