11 Apr Dialogo tra due enofili impenitenti
ATTO II
Carmelo – C’è un tema che mi sta molto a cuore.
Sandro – Quale?
C – Il binomio vino e salute.
S – Io l’ho sempre considerato una fuorviante forzatura.
C – Ricordi il Paradosso Francese?
S – Era la fine degli anni ottanta. La tesi – peraltro suggestiva – era, in sintesi, la seguente: la mortalità per malattie cardiovascolari dei francesi in linea con la media europea, nonostante l’elevato consumo di materia grassa (formaggi e latticini), era da attribuirsi al regolare accompagnamento dei pasti con il vino, in particolare quello rosso.
C – E si giunse a questa conclusione quando studi successivi portarono alla scoperta del famigerato resveratrolo, uno dei componenti polifenolici del vino rosso, quale fonte di queste (ipotetiche) virtù salutistiche. Questa tesi è stata poi nel tempo corroborata da altri studi provenienti da vari paesi, tra cui gli USA. Con il tempo, però, la verità viene sempre a galla, e infatti, proprio all’inizio del 2011 esce fuori che proprio un illustre luminare della Connecticut University, Dipak Das, negli ultimi 15 anni aveva falsificato i dati delle sue ricerche sul resveratrolo, inventato sperimentazioni e piegato i risultati alle conclusioni che evidentemente gli facevano più comodo.
S – Ma gli studi su vino e salute non si limitano certo al resveratrolo. Tanto per fare degli esempi, ma è come cavar gocce da un oceano, nel 2009 un’altra scoperta arrivò dalla Norvegia, con un titolo emblematico: “Ansia e depressione tra astemi e deboli consumatori di alcol”. In sintesi, uno studio dell’Università di Bergen condotto su 38.000 persone arrivò a stabilire che chi non beve è più soggetto a depressione o ansia rispetto a chi invece alza un calice in compagnia. Nel 2010 invece, per fare un altro esempio, uno studio a campione pubblicato sulla rivista Alcoholism: Clinical & Experimental Research, stabilì che gli astemi muoiono prima di chi beve con moderazione. In pratica chi non beve vino vivrebbe meno a lungo di chi si concede – al massimo – tre bicchieri al giorno.
C – Più recentemente, nel giugno 2012, uno studio del Dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Padova ha confermato quanto, a grandi linee, era già stato ratificato a suo tempo dalla teoria del paradosso francese: il beneficio del nettare di Bacco risulta particolare quando la dieta è ad alto contenuto di grassi e, se assunto con moderazione, è tra i principali fattori di riduzione dei rischi legati al sistema cardiovascolare.
Nulla poi di così nuovo sotto il sole. E potremmo continuare ad libitum. Se digitiamo “vino e salute” su qualunque motore di ricerca emerge un tale universo di dati che non basterebbe una vita a visionarlo tutto. Poi, qualche mese fa, sulla copertina di un’importante rivista del settore leggo tra i titoli: “Basta con le storie! Il vino fa bene”. Questo modo così categorico, risoluto, di porre la cosa, mi ha destato qualche perplessità. Poi mi è venuta casualmente in aiuto un’intervista a un illustre nutrizionista, oggi purtroppo scomparso, che ho trovato sul web. E che, oltre a rivelarsi un importante elemento chiarificatore, giustificava, in un certo senso, i miei ragionevoli dubbi.
S – Oltre che categorico, anche rischioso.
C – Infatti. In quell’intervista, in modo altrettanto risoluto, l’insigne studioso esordiva con questa con-fortante affermazione: “Il vino è un alimento, e tutte le volte che a un alimento si danno proprietà terapeutiche, si sbaglia. Il cibo non è una medicina!”.
S – Ippocrate diceva: “Che il cibo sia la tua unica medicina”.
C – E questo è un concetto un po’ diverso. È vero che il vino contiene antiossidanti, vitamine, sali minerali e immuno-stimolanti ma ha anche un importante componente che non si può assolutamente sottovalutare e che di certo salutare non è: l’alcool. Affermazioni come quella riportata sulla rivista potrebbero indurre qualche sprovveduto ad abusarne proprio perché spinto dall’infondato monito “il vino fa bene”.