Dialogo tra due enofili impenitenti

C – Mi scuserai, ma ti sarei molto grato se potessi spiegarti meglio, in modo particolare, su quest’ultimo punto.
S – Credo che sia ora di cominciare a generare un altro approccio nei confronti del vino, un approccio che si sposti un po’ di più “sul sentimento” e un po’ meno “sull’ambizione”.
C – Ambizione?
S – Sì, un’ambizione, che è quella di “mettere in fila” i vini che bisogna aver conosciuto per sentirsi in un certo modo, della serie: “Sai, ho bevuto un Monprivato del 1990, un Volnay 1er cru 1999, e uno Champagne millesimato del 2000 di Egly-Ouriet”. Si continua a metterli in fila, all’infinito, e in un approccio di questo tipo c’è una perdita dovuta proprio a questo strano approccio che sa di agonistico. Ci si concentra principalmente su una specie di gara con se stessi e con gli altri, perdendo in tal modo la parte più intima, esoterica, spirituale del liquido odoroso.
C – Analisi interessante. E condivisibile. E quale potrebbe essere l’effetto davvero rilevante di tutto questo?
S – Tutto questo è all’origine della convinzione (errata) che ci siano vini di serie A e vini di serie B soltanto perché magari vengono da zone che non danno, in questo momento, le stesse valutazioni commerciali. Non credo a questo, piuttosto che il vino buono sia proprio per sua natura vario e che quindi possa provenire da determinate zone, come il Barolo che ha valutazioni elevate perché produce degli effetti anche nel tempo.
C – Ti riferisci alla longevità, uno dei caratteri peculiari di vini come il Barolo.
S – Ovviamente, il “fattore tempo” è uno degli elementi che non bisogna mai dimenticare quando si parla di vino. Se le persone cominciano a cambiare il proprio approccio, cominciano a limitare questo desiderio, per certi versi ossessivo, di…
C – Collezionare?
S – Esatto! Intendevo proprio questo. Collezionare. Ecco, ho sempre contestato la “collezione” in un prodotto come il vino, che è un elemento “mobile”, mi spiego?
C – Insomma, ha più senso collezionare bottiglie vuote?
S – Hai afferrato l’idea al volo. Senza ombra di dubbio è senz’altro espressione di un approccio più sano, non ossessivo.
C – Significa coltivare dunque un rapporto emotivo.
S – Con quello che stai bevendo o mangiando. Probabilmente ti rimarrà dentro qualcosa di più, in tal modo non ci sarà più bisogno del Barolo a tutti i costi.
C – O di sentirsi un imbecille solo perché non si è partecipato all’ultima degustazione di Borgogna da 500 euro a bottiglia.
S – Esatto! Invece questa cosa andrebbe misurata, controllata. Il Borgogna da 500 euro a volte è utile proprio a farti capire quanto sono stati spesi male quei 500 euro.
C – Altroché, stiamo parlando di un atteggiamento quasi “onanistico”.
S – Certo! Tu bevi, bevi, bevi e collezioni, collezioni… E mentre sei convinto di “accumulare punti” in realtà finisci per non cogliere il senso del liquido odoroso, la sua luce, la sua anima.
C – Anche se tu, in forza del tuo “incosciente percorso onanistico” finisci per essere convinto del contrario.
S – Proprio così.
C – Quando parliamo di “collezione”, quindi non ci riferiamo soltanto alla mera raccolta in senso fisico, piuttosto all’ossessivo incamerare di sensazioni, riconoscimenti e segnali recepiti dal vino.
S – Che finisce per costituire un percorso fine a se stesso. Insomma, che non diventerà mai parte di quel patrimonio spirituale che invece si crea in chi recepisce, con il tempo, “il senso del vino”. E proprio per questa ragione spesso queste persone finiscono per stancarsi, poiché perdono l’orientamento.
C – Proprio a causa di un approccio al vino che è più “materialistico” che “spirituale”.
S – Esattamente.
C – Allora possiamo ritenerci fortunati, se non addirittura privilegiati.
S – Infatti. E proprio per questa ragione abbiamo il dovere di aiutare gli altri ad avvicinarsi al liquido odoroso in modo sano e costruttivo.
C – E soprattutto far comprendere che tutti i vini, proprio come tutti gli uomini, hanno una propria dignità.

Continua… Atto II