Barbaresco1959n

Nebbiolo Prima e dopo

Ci sono piaciuti, tra tutti:

BARBARESCO
Cortese Giuseppe, Rabajà – Un’acidità luminosa conferisce tensione ai muscoli sostanziosi del Rabajà. Un bel vino di un produttore ormai classico.
Cascina delle Rose, Tre Stelle – Carattere estroverso, in bocca è vibrante e progressivo; chiude con un bella sfumatura di radici.
Rio Sordo – Più lento e macchinoso nella partenza, ma migliora costantemente nel bicchiere; ha l’incedere di un passista che non molla mai. Una prova convincente, con entrambi i cru a disposizione, quella dell’azienda di Giovanna Rizzolio.
Tenute Cisa Asinari, Martinenga – Eleganza e discrezione in una versione ispirata di un cru tra i più felici di Barbaresco; il fascino e la bellezza delle linee semplici e definite, senza orpelli.
Produttori del Barbaresco, Riserva Vigneti in Rio Sordo – Ha un lato floreale molto spiccato, sviluppo sciolto e graduale, in bocca, con un’esemplare pulizia finale.

NEIVE
Barale Fratelli, Serraboella – Ha un’acidità viva e gustosa che evoca una polpa croccante e un ricordo agrumato. In bocca è continuo, incisivo e pulito.

TREISO
Rizzi, Pajorè – Acidità abbondante che non irrigidisce lo sviluppo ma anzi lo amplifica con profumi sottili di fragole di bosco e un lieve tocco fumé che lo conduce all’incontro con tannini finissimi.

Intanto nella comunità del Barolo qualcosa si muove. Cinque ragazzi, Pietro Colla, Marta Rinaldi, Giovanni Viberti, Isabella Boffa e Eleonora Barale, tutti viticoltori almeno di seconda generazione, hanno scelto di presentare insieme i loro vini in un pomeriggio al Castello di Barolo. Non hanno in comune vigne, approccio agronomico, stile produttivo, ma li avvicina il futuro e una visione nuova, più aperta e collaborativa dei rapporti tra vignaioli in Langa. È un piccolo ma significativo passo in una comunità in cui le relazioni tra produttori sono spesso condizionate da antiche ruggini e da gelosie incrociate.
Più complesso e sfaccettato il panorama dell’annata 2009 che, come l’anno scorso per il Barbaresco, si è rivelata una stagione contraddittoria, in cui la sostanza e il calore raramente hanno trovato il giusto contrappunto nella qualità dell’acidità o nell’intelaiatura tannica. Altrettanto stratificato il comportamento delle diverse sottozone. In un’annata mediamente calda le prestazioni migliori le hanno offerte i Barolo di Serralunga, sciolti e dinamici; si sono ben difesi quelli di Barolo e Monforte, mentre i più problematici sono apparsi i vini di La Morra, pesanti e ingolfati, condizionati da surmaturazioni e dalla presenza invadente del legno. Le bottiglie da ricordare:

SERRALUNGA D’ALBA
Brovia, Ca’ Mia – Naso sommesso che lascia solo intuire note ferrose, tessuto teso e unito, austero l’incedere con un gusto lieve e profondo. Uno dei migliori vini, un classico che non si smentisce; proviene dal cru Brea.
Palladino, Serralunga – Produttore dallo stile classico e affidabile, quest’anno ha convinto con il “base” di Serralunga, un vino dalla vigorosa tempra tannica e dall’acidità ficcante.
Guido Porro, Lazzarito – Produttore che dallo stesso cru ha piazzato due ottimi vini, pieni di energia e grinta: il Vigna Lazzairasco, potente e fresco, dai tannini taglienti e il Vigna S. Caterina, dal profilo più maturo e dai tannini aggraziati ma ugualmente deciso e rigoroso. Una piacevole scoperta.
Germano Ettore, Prapò – Naso serrato che lascia intuire una buona energia; palato vigoroso e sodo, quasi duro, che si stempera in un bel finale sapido con rimandi alla radice di liquirizia.