Chianti, armonia e invenzione

Gli argomenti e i quesiti di cui sopra hanno strutturato la lezione “Alberese e Galestro – Il Chianti storico, primo viaggio” svolta presso la sede di Porthos il 18 aprile e dedicata alle zone storiche del Chianti Classico.
Di seguito le note di degustazione la cui sequenza è strettamente funzionale al “viaggio” compiuto all’interno della denominazione e non a struttura e statura dei vini.

Chianti Classico Riserva (sangiovese, canaiolo e colorino) 2008 Castello di Monsanto (Barberino Val d’Elsa)

Non è il Poggio, e si sente, tuttavia era lecito nutrire qualche speranza, visto che la scelta di “dichiarare” una Riserva è sempre una responsabilità, anche in un’annata poco fortunata; invece il vino si avvolge su se stesso con le ricorrenti note di burro e vaniglia, rinunciando a un minimo slancio gustativo.

Chianti Classico (sangiovese e colorino) 2010 Villa Pomona (Castellina in Chianti)

È tra i più felici, non si ferma a regalare la giovinezza di un’annata ben riuscita e offre un trasporto odoroso elegante e stratificato; il colore vivo e intenso non ha quella superficie “lucida” così frequente nei rossi manipolati, rimane così una percezione di compiuta serenità, primo elemento determinante nella sintonia col cibo, e una fragrante schiettezza.



Chianti Classico (sangiovese e cabernet sauvignon) 2009 Villa di Geggiano (Castelnuovo Berardenga)
L’aspetto cromatico tradisce la purezza del Sangiovese, è un rubino chiaro, esattamente come sono i profumi, rarefatti e pungenti, toccano e fuggono, lasciando intendere di non fermarsi mai; il sapore è ferroso, asciutto e di apprezzabile lunghezza, subisce l’esuberanza del precedente nel confronto dell’impatto gustativo, ma alla fine la sua sottigliezza trapela nella qualità delle sensazioni finali.

Chianti Classico Le Trame (sangiovese, colorino, mammolo e foglia tonda) 2009 Podere Le Boncie (Loc. San Felice – Castelnuovo Berardenga)
Cupo nel colore e nell’odore, Le Trame 2009 è in questa fase una montagna da scalare: Fabrizio Niccolaini avrebbe detto «se lo annusa il mio cane gli abbaia “a fermo”» a sottolineare l’animalità organica dell’impatto olfattivo; “purtroppo” è difficile resistere al richiamo di questo rosso sanguigno e inconfondibile, ormai la suggestione si nutre della trasformazione nel bicchiere e sa regalare un’idea di grande generosità, dura e pura.

Salvino (sangiovese, canaiolo, malvasia, trebbiano, colorino) 2005 Podere Erbolo (Gaiole in Chianti)

Sorprende la tensione gustativa a fronte di una stagione che ha riservato molte preoccupazioni ai produttori chiantigiani; non è solo più giovane della sua età, ha una pulizia odorosa e gustativa dalla quale si comprende la proficua collaborazione tra i vitigni del Chianti; il senso di questo rosso è nella sapidità, raccolta e sinuosa, tanto da cogliere un finale in levare quasi entusiasmante.

Montevertine (sangioveto, canaiolo, colorino) 2009 Montevertine (Radda in Chianti)

Era diverso tempo che il Montevertine non viveva una serata così “tranquilla”, visto che di rado negli anni 2000 ho avuto la fortuna di coglierlo in una fase espressiva propizia; qualche degustatore ha sentito una lieve anidride carbonica e ha ipotizzato la coda di una fermentazione malolattica svolta in bottiglia, un aspetto che ha reso il liquido più disponibile e ha permesso di preconizzare un futuro importante; rimane il dubbio di un modo di porsi appena più prevedibile rispetto ai migliori.

Chianti Classico (sangiovese e canaiolo) 2010 Vallone di Cecione della famiglia Anichini (Panzano in Chianti)
Rosso di statura; sebbene abbia in sé una facilità di beva da poterlo considerare “piacione”, non si specchia e sa coinvolgere sia con l’anima morbida e carnosa sia con la vena energica dell’acidità; la tenerezza dei tannini non è un limite e si appaia alla dolcezza del frutto, evocando quella varietà espressiva frammentaria e scoordinata che fa bello e imprevedibile il Chianti.



Chianti Classico Lamole (sangiovese) 2010 I Fabbri (Lamole)
È il più scarno della batteria eppure non si fa intimidire dalla densità dei precedenti; gli basta un momento per recuperare quella soglia di percezione, ampia e voluminosa, sotto la quale rischiava di sparire, e superarla con un’asprezza saporosa, segno di una grinta difficile da domare; non è Chianti dall’effluvio accattivante, anzi bisogna andarlo a cercare, in compenso restituisce nella corrispondenza in bocca ciò che poteva sfuggire al naso.